A poche ore dalla tragedia del crollo del viadotto Morandi a Genova, la prima riflessione di molti cittadini italiani sta andando alla questione tutt'altro che secondaria della privatizzazione dei beni e dei servizi pubblici. I numerosi crolli di viadotti, strade, scuole, infrastrutture del Paese, da sempre giustificata con i vincoli di bilancio, con il debito pubblico, con le richieste di
austerity da parte dell'Europa, ci sta mostrando due fatti evidenti: che se non si spende in infrastrutture e manutenzione si mette in pericolo la vita delle persone, il turismo e l'economia di intere zone; e poi che la semplice privatizzazione di infrastrutture lucrose come le autostrade non porta con sé i meravigliosi benefici promessi dalla propaganda neoliberista degli anni '80 e '90, con la sua retorica del "privato è bello", della maggiore efficienza del privato rispetto al pubblico, dei vantaggi per gli utenti.
La verità è che con le privatizzazioni si sono spesso creati monopoli, posizioni di rendita di tipo feudale e ingiustificati guadagni per poche famiglie ricche e strettamente legate con i vertici della politica nazionale e internazionale, a danno dei cittadini, che pagano pedaggi assurdamente costosi, a fronte di un servizio tutt'altro che ineccepibile. In Italia i principali gruppi privati concessionari delle autostrade sono il Gruppo Gavio (che è il quarto operatore al mondo nella gestione di autostrade a pedaggio con un network di circa 4.156 km di rete e che in Italia, attraverso la società SIAS, gestisce circa 1.423 km di rete, fra i quali l'autostrada Genova-Ventimiglia), e il gruppo Atlantia, di proprietà dei Benetton. Un
articolo de Il Fatto Quotidiano di qualche mese fa, a firma di Fabio Pavesi, metteva in evidenza gli enormi profitti del gruppo Atlantia (le autostrade italiane fino al 1999 furono di proprietà pubblica, del gruppo IRI, con il nome di Società Autostrade, diventata poi nel 2003
Autostrade per l’Italia S.p.A, 100% di proprietà del gruppo Atlantia, che gestisce autostrade a pedaggio anche in altri Paesi). Per essere precisi, 1,9 miliardi di utile operativo solo nel 2017 e solo per Autostrade per l’Italia S.p.A e un utile netto di 972 milioni in crescita del 19% sul 2016. Quale vantaggio ne viene ai cittadini italiani? Ovviamente nessuno. La autostrade a pedaggio sono una gallina dalle uova d'oro ad esclusivo appannaggio di potenti gruppi industriali, in assenza di qualsivoglia criterio di efficienza (come periodicamente si legge nelle riflessioni degli economisti più attenti, per esempio in
questo articolo de Il Sole 24 ore). Molti ormai cominciano a rimpiangere i tempi dell'IRI, quando era lo Stato a gestire l'immenso patrimonio delle grandi infrastrutture del Paese. E molti si chiedono per quale ragione si dovrebbe continuare così.