Integrare i due cardini dell'equazione liberale: il mercato e i diritti dei cittadini.

La storia del Novecento ha dimostrato inconfutabilmente come non possa esistere libertà senza mercato. Tutti coloro che si sono illusi del contrario, non hanno fatto che causare catastrofi politiche ed economiche, confermando quanto fosse stata profonda nel secolo precedente l'intuizione di Tocqueville, al quale la simbiosi del capitalismo con la democrazia apparve chiaramente come il fulcro della storia americana. Se è vero che senza libertà di impresa non può esserci efficace produttività dell'economia, negli ultimi decenni il Neo liberismo ha divinizzato il mercato (in particolare il mercato finanziario) quale unico intermediario nell'allocazione dei beni prodotti, calpestando senza scrupoli, per quanto in modo più silenzioso dei totalitarismi novecenteschi, non solo il diritto di milioni di esseri umani a una vita serena e dignitosa, in termini tanto materiali quanto spirituali, ma anche l'idea stessa di un Social liberalismo interessato invece alla coesistenza del mercato con la tutela dei diritti e delle opportunità.

Nessuna democrazia può infatti funzionare in assenza di una rete efficiente di redistribuzione sociale, in grado di bilanciare a favore dei più deboli lo squilibrio di forze che si verifica nell’economia di mercato e nella finanza, così come nessuna democrazia può permettersi una crescita indefinita dei poteri di intervento dello Stato nell’economia e nella società senza che siano messi in serio pericolo la libertà, lo spirito di iniziativa e lo stesso senso civico dei cittadini, che sarebbero deresponsabilizzati da ogni punto di vista dall’idea di uno Stato che si occupi di tutto.

Mettendo abilmente in ombra il bisogno intrinseco alle democrazie di creare benessere diffuso, economisti premi Nobel come Friedrich von Hayek e Milton Friedman, seguiti da schiere di entusiasti corifei del Neo liberismo (di minor levatura, ma strategicamente distribuiti nel mondo accademico e massmediatico), manipolarono il concetto di liberalismo per magnificare le pretese virtù dello Stato minimo, fornendo così, dagli anni Settanta del Novecento a oggi, una solida base teorica alle politiche di molti governi occidentali, agevolate dal fatto che il dogma del Neo liberismo sul ruolo necessariamente negativo dello Stato come possibile regolatore dell’economia, era stato ormai recepito per lo più acriticamente dall’opinione pubblica. Il risultato ottenuto è stato, oltre all’impoverimento e alla perdita di diritti per milioni di cittadini, la programmata rimozione storica e teorica del Social liberalismo che, ben lontano dall’essere un’utopia, attuò la vera essenza del liberalismo grazie all’attenzione alla giustizia sociale che dominò il pensiero e l’opera di un economista come John Maynard Keynes, di un filosofo politico come John Rawls e dei coniugi Roosevelt, Franklin Delano e Eleanor.