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Tony Blair
Primo sorvegliante aggiunto della Ur-Lodge Hathor Pentalpha, l'ex premier inglese Tony Blair è tornato suo malgrado alla ribalta lo scorso luglio, quando John Chilcot, presidente della Commissione d'inchiesta sulla partecipazione del Regno Unito all'intervento militare in Iraq del 2003, ha definito senza mezzi termini precipitosa la decisione presa allora da Blair di appoggiare incondizionatamente gli Stati Uniti d'America (presidenza Bush) nell'attacco a Saddam Hussein. I 12 volumi del Rapporto Chilcot sono stati impietosi nel fotografare l'operato di un premier che basò la sua azione sulla necessità di neutralizzare un pericoloso detentore di armi di distruzione di massa che in realtà non furono mai trovate e che, per raggiungere questo scopo ufficiale, per giunta non si curò dell'impreparazione delle forze armate britanniche, lasciate prive di piani di attacco adeguati.
A distanza di più di un decennio, il Rapporto Chilcot non ha fatto che confermare come Tony Blair sia stato uno dei protagonisti degli anni che, dal 2001 al 2006, segnarono il dominio globale quasi incontrastato della Hathor Pentalpha, nel cui nucleo informale era già stato cooptato nella primavera del 1997, quando non solo aveva fatto da poco la sua apparizione il volume Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale, scritto da Samuel Huntington, futuro Oratore della stessa Ur-Lodge, ma si era anche costituito il think tank paramassonico Pnac, il Project for the New American Century.
Il progetto per l'allora prossimo XXI secolo gravitava sul controllo delle strutture governative e militari statunitensi per realizzare obiettivi che in realtà andavano molto oltre quelli intuibili e dichiarati di impedire il sorgere di possibili potenze rivali degli Stati Uniti, modellando l'assetto della sicurezza internazionale in modo coerente con gli interessi americani e occidentali. Dall'11 settembre 2001 il mondo diventò, al contrario, sempre più insicuro, in quanto il fine reale delle numerose pedine della Hathor Pentalpha era quello di consolidare un potere di fatto indifferente a qualsiasi interesse nazionale, ma teso a incassare i corposi benefici prodotti dal complesso militare industriale alle prese con una provvidenziale situazione globale di instabilità perenne, coinvolgendo nell'impresa preziosi collaboratori in Medio Oriente e in alcuni paesi arabi, che la retorica dello scontro di civiltà presentava invece di volta in volta come sede di un nemico sfuggente da abbattere a ogni costo.
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Recep Tayyip Erdoğan
Da due anni presidente della Turchia, lo storico ponte tra Oriente e Occidente, Recep Tayyip Erdoğan si è trovato al centro dell'attenzione internazionale con il fallito golpe ai suoi danni tentato da una parte dell'esercito lo scorso luglio, che lo ha costretto a una temporanea fuga aerea prima del ritorno a Istanbul. Massone in forza alla Ur-Lodge «Hathor Pentalpha», istituita nell'estate del 2000 come nuovo perno del complesso militare industriale che il 20 gennaio 2001 proiettò George W. Bush alla presidenza degli Stati Uniti e che l'11 settembre dello stesso anno trovò l'evento necessario per inaugurare anni di lucrosa egemonia, Erdoğan è un fiancheggiatore dell'Isis, sigla terroristica che, nelle cronache quotidiane e nello stesso immaginario collettivo, ha raccolto l'eredità di Al Qaeda quale simbolo del nemico pubblico numero uno capace di colpire ovunque e all'improvviso con ferocia inaudita, nell'ambito di un presunto scontro di civiltà tra l'integralismo islamico e i valori laici e liberali dell'Occidente.
Il 24 novembre 2015, con il pretesto di un breve sconfinamento nello spazio aereo turco, fu abbattuto in volo un Su-24 Fencer russo che stava effettuando operazioni di contrasto all'Isis nel nord della Siria, e solo dopo molti mesi le scuse formali presentate da Erdoğan hanno consentito di riattivare i rapporti tra la Turchia e la Russia. Erdoğan sostiene inoltre, senza aver presentato prove al riguardo, che nel tentativo di golpe sia stato implicato il dissidente turco Fethullah Gulen, residente negli Stati Uniti ma con un largo seguito in patria, anche tra le forze armate, del quale ha chiesto invano l'estradizione.
Il destino politico di Erdoğan, inevitabilmente legato al ruolo di cerniera svolto dal suo paese negli assetti geopolitici internazionali (al di là dei persistenti aspetti oscuri di un golpe che forse è stato preventivo, ovvero il tentativo di disinnescarne uno successivo molto più pericoloso per le sue sorti, soprattutto nel caso di un coinvolgimento diretto degli Stati Uniti e di Israele), si chiarirà proprio dopo le imminenti elezioni che, oltreoceano, dovrebbero mettere il bastone tra le ruote a quelle forze che utilizzano disinvoltamente l'Isis, come già utilizzarono Al Qaeda, per realizzare i loro progetti di potere, e che avevano il loro principale referente nel repubblicano Jeb Bush, scalzato nella corsa alla Casa Bianca da Donald Trump, il quale rappresenta un ostacolo per quella Hathor Pentalpha che a Erdoğan ha consentito in ambito interno maggiori margini di manovra rispetto ai suoi avversari politico-militari.
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Europa
L'idea di un'Europa unita è tutt'altro che recente, affondando le sue radici nel pensiero di molti celebri filosofi, letterati e politici sette-ottocenteschi, ma solo nel Novecento, in seguito ai due conflitti mondiali, i suoi tratti si sono delineati più concretamente. Al contrario di quella che fu la lungimirante visione espressa nel Manifesto di Ventotene, redatto nei tragici anni tra il 1941 e il 1944 da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi che, di fronte alle catastrofi degli opposti totalitarismi, auspicavano la creazione di uno Stato europeo internazionale basato su una sovranità popolare effettiva e non solo di principio, già a partire dal 1951, con il Trattato di Parigi del 18 aprile che, su iniziativa dei politici francesi Jean Monnet e Robert Schuman, istituiva la Comunità europea del carbone e dell'acciaio (Ceca), fu subito evidente che la direzione intrapresa era quella di un'integrazione puramente economica, da un lato ritenuta fondamentale per prevenire nuovi conflitti sul suolo europeo, ma dall'altro del tutto inadatta a realizzare istituzioni che garantissero la supremazia della politica e della democrazia sullo strapotere di apparati di indirizzo economico e finanziario di fatto insensibili ai problemi dei cittadini europei.
La stessa istituzione, nel 1979, di un parlamento europeo eletto a suffragio universale, non alterò più di tanto la chiara tendenza alla concentrazione di potere in sistemi sovranazionali che, dalla Comunità economica europea istituita con i Trattati di Roma del 25 marzo 1957, al Trattato sull'Unione europea del 7 febbraio 1992, meglio noto come Trattato di Maastricht, hanno pienamente realizzato nel corso dei decenni il progetto di una apparente integrazione europea, ben simboleggiata dal 2002 in poi dall'adozione di una valuta comune come l'euro, controllata dalla Banca centrale europea, ma priva di qualsiasi correlazione con uno Stato europeo basato su istituzioni democratiche. Una dinamica aggravata dal fatto che un'Europa così concepita e realizzata ha tolto agli Stati, oltre a quello della moneta, il controllo della spesa pubblica, la cui sapiente gestione è un'essenziale ancora di salvataggio dell'economia reale in tempi di recessione.
Nasce da questo scenario l'inderogabilità di un richiamo che non sia di facciata (come accaduto lo scorso agosto nel vertice che proprio a Ventotene ha riunito Matteo Renzi, Angela Merkel e François Hollande), bensì sostanziale e risoluto alle idee che ispirarono l'opera di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, da considerare il migliore viatico all'edificazione secondo princìpi social liberali degli Stati Uniti d'Europa, rappresentativi della sovranità popolare dei cittadini europei e soggetto autenticamente democratico e federalista in grado di affermare il suo primato su burocrazie economico-finanziarie onnipotenti e autoreferenziali. Sul modello degli Stati Uniti d'America, sarebbe così possibile non solo definire una politica interna ed estera omogenea, ma anche disporre in previsione di una Banca centrale europea dotata di strumenti di intervento per alleviare la crisi delle attività industriali e commerciali, contribuendo in tal modo a superare il senso di estraneità alle istituzioni europee oggi inevitabilmente percepito dalla maggior parte dei cittadini continentali.
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Donald Trump
Candidato repubblicano alla Casa Bianca, Donald Trump ha fatto della lotta all'Isis uno dei suoi cavalli di battaglia, arrivando a prevedere anche l'uso di armi nucleari per sradicare lo Stato islamico, e venendo prontamente ripagato dall'Isis, che lo identifica come suo nemico ideale, dal momento che le sue sortite così accesamente ostili all'Islam potrebbero facilmente produrre conseguenze contrarie a quelle desiderate, inducendo ad autonome azioni terroristiche elementi radicalizzati dal clima di ostilità generato dalla propaganda elettorale del magnate newyorkese, detentore di un impero immobiliare, che si è spinto perfino a ipotizzare il divieto di ingresso dei musulmani negli Stati Uniti. Il personaggio, anche per via dei suoi trascorsi televisivi, non disdegna i toni enfatici, ben conoscendone il potere di trascinamento tanto sul pubblico quanto su un certo tipo di elettorato radicato nell'America profonda e conservatrice.
Donald Trump ben rappresenta in realtà quel risveglio della forza (reso celebre dal titolo dell'ultimo film della saga di «Guerre stellari», diretto dal massone progressista newyorkese Jeffrey Jacob Abrams), che ha alimentato le mosse dei circuiti della Massoneria progressista in vista delle elezioni statunitensi del prossimo novembre. Giungere alla candidatura di Donald Trump per i repubblicani è stato determinante per ridimensionare fino ad azzerarle le ambizioni di Jeb Bush, massone della Ur-Lodge Hathor Pentalpha che, come suo fratello, l'ex presidente George W. Bush, si sarebbe molto probabilmente servito della Casa Bianca per mettere in scena secondo lo stesso devastante copione una nuova stagione di guerre e instabilità politica globalizzata, all'insegna di un terrorismo ubiquo e inafferrabile, necessarie a spacciare per difesa della sicurezza americana e occidentale una precisa strategia per generare profitti stratosferici a disposizione dei soliti noti del complesso militare industriale e dei loro referenti politici sparsi in ogni angolo del globo.
Anche per via dei suoi tratti istrionici che, in caso di vittoria elettorale, potrebbero facilmente condurlo a qualche svista, in particolare nell'ambito della politica estera, il compito efficacemente svolto da Trump, negli auspici della Massoneria progressista, terminerà prima di varcare la soglia della Casa Bianca, per la quale è preferita Hillary Clinton, la cui eventuale presidenza correggerebbe la rotta rispetto a quella del marito Bill che, ai tempi ormai tramontati della disastrosa deregulation finanziaria globale, promulgò nel 1999 l'abrogazione del Glass-Steagall Act del 1933, che vietava alle banche commerciali tradizionali le attività speculative e assicurative, aprendo così la strada al rischio, poi diventato rapidamente realtà, che forme di grave insolvenza sui mercati speculativi si riflettessero sulle attività bancarie tradizionali.
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Bilderberg Group
Varato ufficialmente il 29 maggio del 1954, con una denominazione dovuta al fatto che la prima riunione ebbe luogo all'hotel de Bilderberg, situato a Oosterbeek, nei Paesi Bassi (l'ultima in ordine di tempo si è tenuta lo scorso giugno in Germania, a Dresda, presso il più impronunciabile hotel Taschenbergpalais Kempinski, alla presenza del direttore del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde), il Bilderberg Group raduna da allora ogni anno in varie sedi circa 130 esponenti di primo piano del mondo dell'economia, della finanza, della politica e dei mass media di diversi paesi, che discutono rigorosamente a porte chiuse dei più importanti temi che dominano di volta in volta l'attualità nei luoghi chiave del pianeta.
Il fatto che alle riunioni non siano ammessi nemmeno i giornalisti (che tuttavia spesso fanno parte del Gruppo, e non certo per riferirne con dovizia di particolari all'opinione pubblica), ha inevitabilmente fatto del Bilderberg Group uno dei bersagli privilegiati dei complottisti che, dato il rango dei partecipanti, lo immaginano come un luogo di macchinazioni ai danni del resto dell'umanità. In realtà, il Bilderberg Group è solo una delle numerose società paramassoniche sovranazionali che operano come mano parzialmente visibile di più potenti Ur-Lodges massoniche sovranazionali, che ne sono la retrostante matrice e cabina di pilotaggio.
Il Bilderberg Group non è altro che una delle più note cinghie di trasmissione ideate e coordinate da nuclei ristretti di Liberi Muratori (in questo caso delle Ur-Lodges «Compass Star-Rose» e «Pan-Europa») che, grazie alle emanazioni costituite da simili società paramassoniche, possono selezionare e coinvolgere nella realizzazione dei loro progetti anche alcuni dei profani più in vista di ogni paese, in quanto tali impossibilitati a far parte in prima persona di un qualsiasi consesso massonico, tanto meno sovranazionale. Le riunioni del Bilderberg Group affiancano dunque massoni e profani di rilievo che in quella sede non decidono nulla, ma ricevono le linee direttive necessarie a condurre in porto qualche operazione politico-diplomatica, economico-finanziaria o mediatica, che naturalmente comporterà maggiori benefici per quei profani che vi vengano coinvolti con più frequenza.