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img nave Aquarius migranti dbf2bPresentiamo un sagace intervento di poche ora fa, a firma Pino Cabras, deputato sardo della Repubblica italiana eletto nelle fila del M5S, amico da tempo del Movimento Roosevelt.
In effetti, Pino Cabras ebbe già modo di presentare il libro di Gioele Magaldi (con la collaborazione di Laura Maragnani) "Massoni. Società a responsabilità illimitata. La scoperta delle Ur-Lodges" a Cagliari, nel gennaio 2015. Su ciò, vedi: Presentazione a Cagliari del libro MASSONI presso l’EXMA di Via San Lucifero 71, sabato 17 gennaio 2015.
E si distinse, Cabras, per una analisi di questo saggio davvero puntuale, sapiente e approfondita.
Di recente, Pino Cabras è stato ufficialmente appoggiato dal metapartitico Movimento Roosevelt nella sua candidatura a parlamentare italiano (in quota M5S) per la XVIII legislatura, dialogando pubblicamente con Marco Moiso (Coordinatore Generale MR e Curatore di TV London MR) in questo video: In Sardegna, il Movimento Roosevelt supporta Pino Cabras (M5S)poi rilanciato e integrato da ulteriori considerazioni in:
D'altra parte, Pino Cabras e Giulietto Chiesa avevano avuto modo entrambi di partecipare molto costruttivamente ad importanti riunioni politiche rooseveltiane a Londra e a Roma, sulle quali vedi:
Ebbene, da pochissimo Pino Cabras ha diramato via facebook un penetrante contributo, ricco di arguzia nel titolo, ma serissimo nel mettere a fuoco le vere questioni in ballo e l'autentico volto di coloro che oggi, sulla questione "migranti" in generale e in particolare sulla vicenda della nave "Aquarius", fanno solamente propaganda mistificatrice e pretestuosa.
Pino Cabras è un uomo libero, un autentico progressista, e non fa sconti alle retoriche strumentali di alcuno, da una parte all'altra dello scontro sul problema migrazioni e sui mezzi per gestirlo al meglio.
Consigliamo perciò la lettura del suo recentissimo intervento, perfettamente in sintonia con le posizioni maggioritarie (anche se non esclusive) di area MR sul punto.

"L'ERA DELL’AQUARIUS
È già evidente come la vicenda dell'Aquarius, la nave attrezzata con 629 migranti soccorsi in mare e in attesa di un approdo certo, rappresenti il primo episodio di una nuova importante fase politica in materia di gestione dei flussi migratori. Il caso Aquarius sta spingendo tutti a posizionarsi e a dipingere lo scenario con toni molto forti, accuse durissime, appelli perentori su fronti opposti.
Per parte mia so che dietro al caso Aquarius ci sono sì quelle 629 vite in viaggio e in ansia, ma c'è anche una questione enorme, complessa, di fronte alla quale non ci sono soluzioni semplici. Non si mettono le brache al mondo, neanche in questa materia. Però si possono costruire punti di riferimento molto laici e ridurre i decibel delle grida, guardando avanti e calcolando il tempo che abbiamo per fare qualcosa.
Partiamo ad esempio dalla cosa più urgente, la vita delle persone coinvolte in questo specifico caso. Se ne parla con i toni del pericolo imminente, come se si trattasse di una carretta del mare pronta a rovesciarsi dopo un S.O.S., mentre invece si tratta di un mezzo sicuro, con viveri e medicinali, in costante contatto con le autorità e con gli operatori sanitari per urgenti rifornimenti. Non è sicuramente un posto invidiabile dove trascorrere l'esistenza, ma non è peggiore di un centro di prima accoglienza sulla terraferma. Quel che è in atto è "solo" un braccio di ferro politico sulla destinazione di questo segmento del viaggio. Come ogni questione politica, la decisione è da ritenersi un argomento controverso, ma quel che è certo è che non sussiste una minaccia diretta e grave all'esistenza delle persone che stanno dentro l'Aquarius. Chi definisce la decisione del governo (che nega l'approdo in porti italiani della nave proveniente dalle acque libiche) come un'operazione spietata di gente "senza cuore", e invita nel frattempo a guardare in faccia "gli occhi dei bambini", punta a un importante lato emotivo che tuttavia è fuorviante se si considera che non è affatto in questione il loro salvataggio, bensì la forma che assumerà la loro accoglienza e le decisioni su chi abbia diritto a restare.
Le forze politiche che hanno composto la maggioranza parlamentare e firmato il "Contratto di governo" condividono questi elementi essenziali in materia di migrazioni: il sistema di accoglienza deve essere autenticamente europeo, non nazionale; chi richiede asilo deve farlo direttamente dai Paesi di provenienza o transito e chi ne ha diritto, direttamente da lì, deve essere già ripartito obbligatoriamente presso i 27 Stati membri dell'Unione europea e quindi integrato negli stessi.
Un problema gigantesco come le migrazioni contemporanee, in particolare nelle sue forme irregolari e illegali, non deve essere gestito solo dalla Repubblica Italiana intanto che gli altri membri della UE blindano da decenni le frontiere e i porti, inclusi quelli retti da governi sedicenti "progressisti" (Barriere alte 6 metri e lacrimogeni Così la Spagna scongiura la crisi).
Veltroni in questi giorni ha paventato un ritorno agli anni trenta, ma ha dimenticato cosa faceva il suo governo negli anni novanta. Proprio mentre dal centrosinistra si urla alla disumanità del caso Aquarius, possiamo compulsare pagine ancora non sbiadite delle azioni di governo di quella parte, come il blocco navale anti immigrazione deciso dal governo Prodi, con "disposizioni rigide sul respingimento" in mare degli albanesi (Blocco navale per fermare gli albanesi). Nell'album di famiglia della sinistra italiana c'è un'iniziativa molto più drastica di quel che accade oggi.
Certo, non lo ricorda il solito Roberto Saviano, quando intima al ministro dei trasporti di aprire i porti e twitta: «#umanitàperta #Aquarius #Aquarius». È lo stesso Saviano che non fa una piega su come Israele gestisce le questioni di #umanitàaperta alle sue frontiere e su come bombarda i porticcioli dei pescatori palestinesi. Omissioni umanitarie.
In questo quadro mi colpisce un'osservazione del giornalista Sebastiano Caputo, che chiama in causa una delle critiche rivolte alla chiusura dei porti, ossia il fatto che si concentri sui soggetti più deboli. Dice Caputo che chiudere i porti «è un atto politico, non razzista, che mira a fermare questa orrenda tratta di esseri umani. Ora però aspettiamo da Matteo Salvini, e dai suoi colleghi al governo, un gesto altrettanto forte quando i vertici della NATO ci chiederanno di utilizzare le nostre basi militari per bombardare Paesi sovrani e appoggiare guerre "umanitarie" che alimentano quella stessa orrenda tratta di essere umani. Forti coi forti, senza doppi standard».
Le risposte sono scritte nel futuro, e dovranno contrastare le pressioni di quelle stesse parti politiche che oggi ci accusano di razzismo ma si sono schierate con tutte le guerre imperialistiche che hanno devastato Africa e Asia negli ultimi venticinque anni.
Non mi è congeniale la postura mediatica di Salvini su questa materia, troppo attenta al possibile risvolto elettorale, come d'altro canto, sul fronte opposto, lo è quella del sindaco di Napoli De Magistris. Tuttavia, le cose vanno viste nell'insieme, senza pregiudizi, e senza sconti per i signori delle pagliuzze e delle travi. Faccio un esempio che sconcerterà qualche lettore. Ricordo di aver assistito a un dibattito in TV del 2011, quando si stava per fare la guerra alla Libia. Sino a quel giorno Salvini lo conoscevo solo di viso, non lo avevo mai seguito in un confronto. Praticamente vinse a mani basse su esponenti della sinistra che si spendevano per la guerra a Gheddafi, ai quali diceva in sostanza: "ma vi rendete conto che devastando questo paese, oltre a fare decine di migliaia di morti, causerete una catastrofe migratoria dai costi umani esagerati?" E concluse con "Povera sinistra, come si è ridotta, povera sinistra". Mi colpì moltissimo perché aveva ragionato e concluso con lucidità prevedendo gli esiti di quel disastro criminale, al quale la sinistra si consegnò totalmente, in parte complicemente e in parte stupidamente. Ricordo l'odio sparso dagli organi di informazione vicini alla sinistra: una totale demonizzazione di Gheddafi, una campagna isterica e guerrafondaia, un delirio che accompagnava le stragi, lo sterminio dei dirigenti dello stato libico, la distruzione dei potabilizzatori e delle infrastrutture, e infine l'espulsione di due milioni di africani che lavoravano in Libia. Non mi piace il frasario del Salvini di oggi, lo ribadisco, ma la sinistra è ancora incapace di un'autocritica sulle sue grandi colpe storiche di anni recenti, non imputabili a Salvini.
Le classi dirigenti francesi e britanniche negli ultimi sette anni hanno scatenato guerre che oltre ai lutti e oltre alla distruzione di interi Stati con cui noi avevamo relazioni convenienti, hanno provocato un drastico peggioramento nella gestione dei flussi migratori, e ora dicono che gestirli non è affar loro ma solo affar nostro. Non siamo di fronte a casuale o banale egoismo. Stanno invece ridisegnando la gerarchia europea, trasformando il fianco sud dell'Europa in un mondo troppo debole per farsi valere, troppo ripiegato sui suoi problemi per esigere che più a nord si paghi il prezzo delle spietate politiche di potenza.
Le classi dirigenti di Parigi e Londra hanno scelto cosa voler fare dell'Italia: il paraurti per le tragedie della globalizzazione; così come a Francoforte, Bruxelles e Berlino avevano deciso cosa fare della Grecia: il laboratorio dove sperimentare la futura 'mezzogiornificazione' di mezza Europa. È l'autodemolizione del sogno europeo in vista di un ordine che toglie già, ancora una volta, il velo che nascondeva ciò che non è mai venuto meno: i soliti brutali rapporti di forza guidati dalle grandi capitali dei grandi capitali.
In questa particolare congiuntura è giusto richiamare l'Europa ai suoi doveri, in tempi rapidi. L'estate è lunga". (PINO CABRAS)


REDAZIONE MOVIMENTO ROOSEVELT (www.movimentoroosevelt.com)



(Articolo dell'11 giugno 2018)