Una nuva come sempre acuta analisi geopolitica di Emilio Ciardiello, vice segretario del Dipartimento Geopolitica & Difesa sui rapporti tra Italia e Russia
Cos’è la Russia per noi?
Amica, nemica, avversaria?
Minaccia o opportunità?(o tutt’è due?)
Questa semplice domanda non è di cosi immediata risposta e vale la pena cercare di rispondervi osservando la questione da diverse angolazioni. Innanzitutto cosa si intende esattamente, amica o nemica di chi? Dell’Italia? Degli USA? Dell’Unione Europea? Ed in che termini amica o nemica: strategico-militari, sistemici, culturali, economici?
Tra l’Italia e la Russia si può affermare che non vi sono connaturati motivi di contrasto. Anzi la Russia si presenta come fornitore strategico in campo energetico ed un interessante partner commerciale. I rapporti politico-diplomatici tra i due paesi sono stati storicamente positivi anche durante la guerra fredda e non vi sono dunque particolari ragioni di avvertire, in quanto Italia, la Russia come ostile. Tuttavia in quanto alleato statunitense in seno alla Nato, l’Italia si ritrova di riflesso a rapportarsi con la conflittualità Usa- Russia e con una recente espansione del peso politico della Russia nel Mediterraneo e in Africa del Nord, non privo di potenziali antitesi e contrasti, in un momento storico in cui il paese sembra attraversare un periodo di particolare assenza di una visione globale del suo agire sulla scena internazionale. Presente in varie missioni di pace con gli alleati, l’Italia sembra però non perseguire un suo proprio disegno, corrispondente alla definizione di un interesse nazionale cosi come è stato in altri periodi anche della sua storia repubblicana. Cioè un proprio fine strategico.
L’Unione Europea viene a costituire un aggregato economico, che una volta unito politicamente e dotato di un suo esercito autonomo, potrebbe essere un interlocutore adeguatamente grande da competere con la Russia e la Cina nel continente euroasiatico. Potrebbe. Perché ad oggi l’Unione Europea non è in grado di esprimere interessi geopolitici unitari, rimanendo in balia dei contrastanti interessi dei vari paesi forti al suo interno, e, rimandando la sua difesa alla Nato, finisce per essere un soggetto assente nella definizione in corso degli equilibri mondiali.
Alla necessaria presenza di un’autorevole posizione europea, si sostituiscono le politiche estere della Germania e della Francia, che riflettono i rispettivi interessi nazionali e non quello continentale dell’intera Unione, e finiscono spesso per essere poco stringenti nella soluzione delle varie questioni internazionali incluse quelle attinenti ad aree limitrofe al territorio dell’Unione.
L’assenza di visione unitaria dei paesi europei, costituisce un elemento di debolezza complessiva rispetto alla Russia, confinante territorialmente, con cui, pur nella consapevolezza delle rilevanti differenze che ci connotano, occorre pur rapportarsi. Debolezza che diviene tanto più grave quanto più la Russia riesce ad affermare la sua presenza come credibile potenza sullo scenario internazionale, anche a seguito di erronee valutazioni delle politiche del blocco occidentale nei suoi riguardi e in Medio Oriente.
Si sostiene da parte di alcuni che la Russia non abbia a cuore il costituirsi di un’effettiva ed efficiente Unione Europa. Può darsi. Forse però sarebbe più pragmaticamente conveniente preoccuparsi di quanto i singoli paesi europei siano insufficienti a garantire un’equilibrata interlocuzione con la Russia. Ciascun paese europeo si rapporta con la Russia a seconda dei suoi specifici interessi economici nella totale mancanza di un’ottimizzazione degli stessi a livello unitario, a partire dalla questione energetica. Un’Europa disunita diviene per sua stessa volontà debole e di conseguenza più facile preda di eventuali piani o ambizioni dei russi. Inoltre non va dimenticato il back office del potere, per cui i capi politici di certi paesi sono sotterraneamente collegati (vedi ad esempio Merkel e Putin appartenenti alla stessa Ur Lodge).
L’assenza di una visione nazionale italiana e la vuotezza dell’Unione Europea si iscrive in un contesto globale di alta conflittualità. Il nuovo secolo si è aperto con una crescente ostilità tra USA e Russia, che si è manifestata apertamente con il cambio di regime in Ucraina e l’annessione della Crimea alla Federazione Russa.
In un periodo di totale riconfigurazione degli equilibri globali, la contrapposizione tra Russia e USA, e di riflesso dell’intera Nato, non riflette genetiche differenze ideologiche o sistemiche, come durante la Guerra Fredda, ma è mossa da logiche di puro dominio globale, dove, al mono-polarismo statunitense degli anni novanta del secolo scorso e del primo decennio del presente, viene a contrapporsi una visione multipolare dell’ordine mondiale, con Cina e Russia ed altri paesi emergenti quali agenti attivi delle decisioni a livello mondiale e regionale. La nuova conflittualità russo-statunitense si inquadra nel più generale scontro a livello globale dove la nuova potenza economica cinese insidia l’egemonia occidentale. È nella triade Usa-Russia-Cina che si giocano i futuri assetti planetari.
Il raggruppamento di Cina e Russia viene a costituire un blocco economico, territoriale e militare in grado idealmente di controllare l’Eurasia e di minacciare di respingere nei confini dell’anglo-sfera il dominio anglo-americano. Lo scontro che ne scaturisce coinvolge tutti i paesi del continente europeo e del mediterraneo. Consapevoli degli elementi di diversità e di inconciliabilità esistenti tra i Russi e i Cinesi, gli Usa si muoveranno per disinnescare questa pericolosa alleanza. Ad oggi però al di là di mosse e contromosse a cui si assiste e su cui si possono immaginare delle prefigurazioni nel prossimo futuro, non si vedono segnali che indichino un nuovo equilibrio duraturo. La disputa per il controllo del mondo è in corso ed ancora tutta da giocare. Il dominio americano, rappresentante di un occidente scarsamente dinamico, appiattito da logiche neoliberiste e conservatrici, si trova a doversi confrontare con la Cina, dove si è concentrata la crescita economica degli anni recenti, vera nuova realtà antagonista, forte a partire dalla presenza fisica della sua popolazione che da sola rappresenta un quarto di quella globale (sebbene con una ridotta dinamica crescente).
In questo contesto, la Russia è amica o nemica? Certamente antagonista del dominio statunitense, la Russia per il suo potenziale bellico e le sue capacità politico-diplomatiche è in grado di contrastare la politica americana come si è visto nel caso della Siria. Storicamente non guerrafondaia, la Russia post sovietica si propone come garante del diritto internazionale e tesa alla creazione di condizioni di equilibrio e stabilità. Cosi facendo la Russia ha guadagnato credito sullo scacchiere internazionale.
La divisione interna agli USA, che si riflette sull’intero occidente, unita alla perdita del loro peso economico rispetto al passato, nonché la resistenza della Russia e della Cina al dominio USA, contribuisce all’emersione delle velleità e delle ambizioni di dominio regionale di diverse medie potenze emergenti come India, Turchia, Egitto, Arabia Saudita Emirati, ed Iran, che completano il quadro di una conflittualità potenziale crescente che mina la tenuta dell’ordine mondiale. L’evoluzione degli equilibri mondiali e il formarsi di un nuovo assetto planetario rischia di accompagnarsi ad instabilità e decadimento civile e democratico a livello globale.
L’UE, incapace di formulare ed esprimere una propria visione, come tale non viene a definirsi come una valida ed autorevole polarità geopolitica né per la Russia né per la Cina, nella definizione dei rapporti di forza che andranno a regolare le sorti del mondo nei prossimi decenni ed in Eurasia in particolare.
Il rischio per i paesi del vecchio continente, e quindi anche per l’Italia, è di ritrovarsi, impreparati e deboli a doversi confrontare con dinamiche di dominio geopolitico, dove nostro malgrado, potremo essere costretti a firmare cambiali in bianco sul futuro assetto geopolitico mondiale e del Mediterraneo in particolare. Collocata militarmente nella NATO, l’intera regione europea centro occidentale si trova oggi a dover riconfigurare la sua posizione rispetto al mediterraneo, all’Africa e al resto del continente Euroasiatico, in un contesto dove il principale alleato non intende accettare che giocoforza un puro america-centrismo non sia più possibile. È altamente probabile che negli anni a venire un grado di multipolarismo verrà ad attuarsi, ma nel pieno di una trasformazione epocale degli equilibri, non si può demandare tout court il proprio destino rinunciando ad essere un attore attivo del cambiamento, per incidervi e, compatibilmente con la situazione in campo, indirizzarlo.
Dai tratti emblematici sembra essere quanto è in corso in Libia, dove in assenza di un forte posizionamento degli USA, la definizione dei futuri assetti del paese sembrano sempre meno determinati dai paesi europei, Italia in primis, e sempre più dagli interessi russi, turchi, sauditi o egiziani. Tra l’inconsistenza dei piani della Francia, che più di ogni altro paese europeo volle intervenire per far cadere il regime di Gheddafi a causa di opachi interessi, e l’inesistenza di un progetto italiano, a nove anni dalla morte di Gheddafi, la Libia è in pieno empasse governativo, divisa in due blocchi sostenuti ciascuno da diverse fazioni interne e nazioni estere. Un simile fallimento merita una seria riflessione e ci riporta inesorabilmente alla domanda iniziale. La Russia è amica o nemica?
Perché oggi troviamo la Russia quale mediatore e garante di accordi in Libia? Perché sembra non preoccupare più di tanto nessun europeo che la Turchia si propone come primo sponsor del governo legittimato dall’ONU ed è disposta ad inviare truppe a sostegno di Sarraj? E noi italiani? Che meglio di altri conosciamo quel paese, dove siamo? Perché, nel vuoto delle proposte occidentali, non abbiamo nessuna valida proposta, né la forza per spenderla e promuoverla?
Che la Russia fosse interessata ad incrementare la sua presenza sul Mediterraneo non è una novità. Altra cosa è che cosi facilmente abbia potuto assurgere a potenza garante di accordi di stabilità regionale. Dovrebbe far riflettere sulla strategia seguita negli ultimi venti anni dagli anglo-americani in Medio Oriente e nell’Africa del Nord. A partire dall’intervento in Afghanistan ed in Iraq, si sono visti un susseguirsi di guerre e di cambi di regime che più che mirare alla costruzione di nuovi equilibri sembrano al contrario interessati alla creazione del caos permanente nell’intera regione. Gli anni della piena supremazia statunitense rischiano di passare alla storia come gli anni in cui la politica estera della superpotenza attuata per garantire la continuità della sua egemonia, finisce per erodere la fiducia verso di essa come garante di equilibri durevoli e condivisi e soprattutto pacifici e di benessere diffuso. La guerra in Siria, ha dato un’occasione perfetta alla Russia e alla Turchia di acquisire un ruolo nuovo sulla scena mondiale e della regione in particolare. Di cosa ci si può adesso lamentare se si è assistito senza porsi domanda alcuna quando quelle politiche venivano attuate?
La politica del caos lascia spazi liberi e la conseguenza certa è che nel Nord Africa, in Libia attualmente, le decisioni per un nuovo assestamento del territorio vengono sempre più prese primariamente a Mosca, Il Cairo, o Ankara piuttosto che Londra, Parigi o Berlino, per non dire Roma o Bruxelles.
In mancanza di un’effettiva Unione Europea in politica estera che attui una visione strategica europea, e in presenza, al contrario, di velleità dei singoli paesi del vecchio continente, l’Italia non può che contare su se stessa per elaborare e portare avanti una sua agenda geopolitica, certamente nell’ambito delle attuali alleanze, che punti però a realizzare l’interesse italiano nel Mediterraneo, in Medio Oriente e in Africa. Una ben definita politica nazionale deve supplire alle mancanze europee e deve mirare a tessere un equilibrio geopolitico nel Mediterraneo e in Medio Oriente. Equilibrio, che sia in grado di rispondere alle esigenze di stabilità regionale, di progresso e incremento (concordato) del benessere e di diritti civili, e al tempo stesso garantisca il necessario approvvigionamento energetico del paese e ridia un peso autorevole alla voce italiana nel Mediterraneo.
Ed in quest’ambito, la Russia può essere un interlocutore? Non essendo in discussione l’Alleanza Atlantica, l’Italia che atteggiamento dovrebbe avere con la Russia in questa fase di riassestamento degli equilibri nel Mediterraneo? E la Russia come si pone rispetto all’Italia? E le altre potenze europee quanto appoggiano e quanto anche loro subiscono una maggiore presenza nel Mediterraneo ed in Nord Africa della Russia? E l’Italia a quale tipo di relazioni politiche e commerciali deve essere interessata a realizzare con la Russia?
La Russia non è di per se stessa ne amica ne nemica, ma una realtà guidata dal perseguimento di quanto viene ravvisato come suo interesse strategico e nazionale. Una realtà con cui confrontarsi, che può sì rappresentare una presenza competitiva rispetto alle risorse in Africa o in Medio Oriente, ma che può anche essere un utile contrappeso alle velleità neo ottomane della Turchia e in generale per gli equilibri del Mediterraneo. In un momento in cui Germania e Francia si muovono autonomamente rispetto all’Europa seguendo i loro interessi, l’Italia può e deve interessarsi a sviluppare i suoi rapporti con la Russia in senso favorevole alle proprie esigenze. Sostenere gli interessi russi (quando non contrastano apertamente con i nostri o non sono aggressivamente ostili alla NATO), piuttosto che contrastarli e limitarli non può che essere dettato da una visione complessiva del proprio ruolo nel Mediterraneo e nel mondo.
La Repubblica Italiana negli ultimi decenni ha visto progressivamente ridurre il suo peso nel Mediterraneo, che pur costituisce la sua area vitale, venendosi a sgretolare man mano quanto sapientemente costruito dalle classi dirigenti dal dopoguerra sino agli anni ’80. Preliminare sarebbe dunque ridefinire nel nuovo scenario il ruolo italiano, ri-acquisire un riconoscimento di potenza locale, in particolare da parte degli alleati americani e inglesi. Pur nella convinzione che lo sviluppo di energia da fonti alternative debba essere oggetto di investimenti che mirino a ridurre progressivamente il peso degli idrocarburi, rimane tuttavia ad oggi fondamentale per lo sviluppo del paese un approvvigionamento di gas quanto più sicuro possibile con un mix di aree di fornitura, tra cui figurano più aree del mediterraneo e la stessa Russia. Ciò detto rimane evidente che il paese non può non essere interessato a mantenere rapporti fruttuosi con paesi come l’Egitto o l’Algeria, ne rinunciare ad avere un ruolo di primo piano nelle vicende libiche. Nel perseguimento di questi interessi ci si ritrova a scontrarsi da un lato che le esigenze sovrapposte della Turchia da un lato, di alcuni paesi dell’Unione Europea come la Francia, e con le stesse visioni degli anglo-americani. I tentativi di destabilizzazione dei rapporti con l’Egitto (casi Reggeni e Zaki) sono una dimostrazione di come anche potenze “amiche” cercano di limitare il ruolo dell’Italia.
In questo contesto, la nuova politica di affermazione della propria presenza nel mediterraneo della Russia viene a costituire un elemento nuovo dagli aspetti ambigui rispetto agli interessi italiani. Convinti che, sia l’attuale alleanza Russia-Cina che i rapporti Russia-Turchia abbiano entrambe molti elementi di contraddizione che non potranno non evidenziarsi nel tempo, e premesso che nelle attuali circostanze nessun paese europeo e non europeo sia da considerare “amico” o “nemico”, ma tutti “competitors”, un’Italia che voglia riprendere il proprio ruolo nel Mediterraneo, dovrebbe favorire una politica che limiti le ambizioni francesi (unica potenza nucleare dell’Unione Europea con velleità neo imperiali mai assopite) da un lato, e turche dall’altro, ma che sia anche in grado di far accettare agli Usa e al Regno Unito una maggiore e rilevante presenza italiana quale elemento di garanzia per equilibri che favoriscano o almeno non sfavoriscano anche i loro interessi. Uscire dalle conseguenze della seconda guerra mondiale, sebbene siano passati ormai 75 anni dalla sua fine, è affare più complesso di quanti molti vogliono riconoscere a partire dalla classe politica attuale italiana.
In queste circostanze occorre una classe politica in grado di essere un ottimo giocatore di scacchi, un po’ come lo sono i russi. Solo con una lungimirante pianificazione a medio termine e con azioni che diano attuazione a un programma ben definito e coerente, il nostro paese, ormai ridotto a un ruolo sempre più marginale, può risalire la china e riaffermarsi per creatività e approccio costruttivo nelle relazioni internazionali. Lo scenario internazionale è notevolmente mutato negli ultimi decenni e le trasformazioni richiedono una grande capacità di muoversi in un contesto fluido. Pur, come già affermato, all’interno delle attuali alleanze cui l’Italia partecipa, e tornando alla questione centrale di questo articolo, considerando la Russia ne come “amica” ne come “nemica”, l’Italia deve vedere in questo paese un’opportunità in tutte quelle circostanze dove sia possibile adoperare le relazioni Italia-Russia per perseguire obiettivi strategici a partire dal Mediterraneo. Al tempo stesso la stessa Russia non può che essere avvertita come minaccia degli interessi strategici nazionali li dove questi vengono a sovrapporsi senza possibilità di mediazione.