La scena mondiale e il Movimento Roosevelt (prefazione di Nino Galloni) Almeno tre sono le grandi questioni presenti sul tappeto della scena mondiale, europea e nazionale.
La prima è che dopo gli anni Sessanta - quando l’umanità aveva conseguito il superamento dei vincoli tecnici e materiali della scarsità - il livello di consapevolezza degli Stati, delle imprese, delle banche, dei sindacati e dei Partiti non si è evoluto al passo delle grandi potenzialità produttive e tecnologiche che l’umanità stessa aveva raggiunto.
Ciò ha determinato la chiusura della grande finestra che già negli anni Settanta si era aperta verso il superamento dell’economia capitalistica (cioè prioritariamente orientata al profitto ed alla valorizzazione del denaro); conseguentemente, le forze della conservazione ripreso vigore in nome del ritorno al liberismo ed alla onnipotenza del mercato, hanno distrutto le basi della solidarietà civile nazionale ed internazionale inaugurando un trentacinquennio da incubo, comprendente una lunghissima crisi: solo in seconda battuta - come conseguenze - definita economica e finanziaria. In realtà, più politica (quando la politica stessa ha lasciato il posto primario alla dittatura di un’ economia tanto insostenibile quanto contraddittoria) e, appunto dei livelli di consapevolezza: gli Stati hanno abbandonato la loro funzione di tutela delle fasce più deboli della popolazione per ergersi nuovamente ad arbitri della regolamentazione delle ragioni della forza; le banche non hanno più esercitato una funzione di creazione del credito a favore dei soggetti che detenevano sufficiente progettualità economica; le imprese hanno ottenuto la continua riduzione del costo assoluto del lavoro che ha frenato un’adeguata crescita della domanda interna (premessa allo sviluppo delle economie di scala e della riduzione dei costi per unità di prodotto); i sindacati hanno abbandonato - con le buone o con le cattive - la via maestra della difesa dei salari per accettare il devastante scambio tra occupazione e flessibilità che ha trasformato quest’ultima da vincolo da rispettare ad obiettivo da massimizzare e, quindi, in precarizzazione sempre più selvaggia; la politica ha accettato che le presunte necessità dell’ economia dovessero prevalere sopra gli interessi generali di tutta la popolazione.
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