News dal Dipartimento Beni Culturali

IL LINGUAGGIO DEL FUMETTO
Il Dipartimento Cultura del Movimento Roosevelt vuole con il post che segue rendere omaggio ad un’arte considerata “minore” nel panorama culturale contemporaneo. Come sottolinea l’autore, si tratta per ora di un’introduzione al Genere – per quanto bene articolata e ricca di suggestioni – nell’intento di stimolare il dibattito e nella prospettiva di ulteriori riflessioni e approfondimenti.



Sergio Magaldi

 

 

 

INTRODUZIONE AL FUMETTO  

di    Mirko Bonini




Non bisogna dare al lettore ciò che vuole,

ma ciò che gli serve.

Alan Moore






· IL FUMETTO COME ARTE POPOLARE

Del fumetto si parla molto, ma da non troppo tempo.

Se in tempi recenti possiamo dire si sia riaffermato nell'immaginario collettivo grazie soprattutto ai suoi lucrosi adattamenti cinematografici, oltre che per merito di una nuova generazione di autori e artisti divenuti popolari anche al di fuori della stretta cerchia degli appassionati, dobbiamo invece rilevare che per lungo tempo questo medium è stato ignorato o guardato con superiorità e a volte con un certo disprezzo da parte dei fautori e dei fruitori delle altre arti, con la lodevole eccezione di pochi seppur ragguardevoli intellettuali come Umberto Eco e Stefano Barbieri che in tempi non sospetti avevano già iniziato ad analizzarlo nelle sue componenti comunicative e semiotiche.

Il suo status di 'nona arte' o 'arte sequenziale' è stato accettato non senza difficoltà in ambito letterario/pittorico e a livello popolare quasi più come fenomeno di moda che comprendendone realmente le caratteristiche e potenzialità.

L'uso corrente di definirlo come 'graphic novel' risulta pertanto a volte più come un giustificativo radical chic per sdoganarlo nei salotti buoni che non una presa di coscienza del valore comunicativo e di sintesi artistica che questo significava nelle intenzioni di Will Eisner, l'autore che coniò questo termine.

In questo articolo non mi preme quindi analizzare il fenomeno nella sua componente di successo mediatico, ma cercare di aiutare a comprendere un po' meglio cosa lo abbia portato a questo successo anzitutto analizzandone le modalità espressive, per arrivare a suggerire magari a chi tuttora vede questi prodotti come 'storie per bambini' o si ferma solo alle saghe supereroistiche quali siano le reali potenzialità artistiche ed espressive del mezzo, nonché il lavoro e la ricerca che stanno dietro al prodotto finito, per poi suggerire infine alcune possibili direzioni di lavoro volte a supportare appunto questo più alto tipo di produzione.

Innanzitutto, lungi dall'essere un limite, il fumetto è sin dalla sua nascita e per le sue caratteristiche intrinseche una forma di arte popolare nel senso più genuino e positivo del termine.

E' arte popolare a livello di pubblico, per estensione della propria platea di lettori, con tirature delle testate più conosciute che battono molto spesso quelle dei libri di successo e si avvicinano in questo piuttosto alle vendite delle testate giornalistiche a maggior distribuzione più che alla produzione letteraria, con una composizione di lettori tendenzialmente trasversale per classe sociale ed età, seppure talvolta con precise nicchie di riferimento. Ed è popolare a livello di appetibilità economica, in quanto nonostante il prezzo di copertina di determinate produzioni da fumetteria sia effettivamente elevato, normalmente si tratta di un medium artistico dai prezzi accessibili a chiunque e sin da una giovanissima età. Ma si tratta di un'arte che è insieme anche popolare a livello di mezzi di produzione, in quanto, a livello teorico, tutti possono virtualmente fare fumetto. Bastano foglio e matita.

Come vedremo, in realtà un sistema editoriale e una competenza tecnica sono in realtà necessari e per raggiungere un pubblico occorrono abilità e intermediari come in altre forme artistiche, ma è sicuramente vero che lo sforzo produttivo in questi casi è minore che non in altre forme espressive (musica, cinema) e che virtualmente ognuno può -sentita l'esigenza- creare una storia (anche senza saper disegnare bene) nonché stamparla (è il caso delle fanzine e delle produzioni di fumetto amatoriale autoprodotto, con cui molti autori poi affermati si sono cimentati per comprendere dinamiche di produzione e sperimentare il proprio stile nei primi anni della propria carriera).

Queste caratteristiche produttive si accompagnano all'immediatezza della lettura, caratterizzata da minime regole grammaticali condivise dal proprio gruppo sociale (lettura da sinistra a destra in occidente, da destra a sinistra in oriente, convenzione dell'uso grafico dei balloon e di pochi segni grafici), e da un'esperienza di fruizione simile a quella cinematografica nel suo essere una miscela di letteratura e arti visive, che rende il mezzo massimamente leggibile e comprensibile, favorendone la divulgazione, nonché estremamente creativo e genuino, in quanto l'autore completo ha la possibilità di usare al massimo grado ogni aspetto espressivo del fumetto stesso, potendo essere contemporaneamente scrittore, sceneggiatore, disegnatore, colorista e talvolta editore. Questo abbatte virtualmente l'uso di diverse intermediazioni sia artistiche che produttive e fa del fumetto un'arte tendenzialmente diretta, in cui il prodotto finale è se non uguale, quantomeno spesso molto simile all'intenzione originaria, in un rapporto diretto tra autore e fruitore mediato dalla sola opera e non da interessi economici e sensibilità contrastanti come accade invece in altre grandi produzioni su vasta scala.

· CENNI STORICI

L'arte grafico-pittorica ha avuto sin dalla sua nascita un importantissimo valore espressivo e talvolta rituale all'interno della propria cultura di riferimento. Andando agli albori dell'umanità possiamo spingerci a constatare che i primi fumetti (così come i primi quadri) siano state le pitture rupestri, nella loro funzione di affabulazione sociale del momento della caccia, assieme ritualità, propiziazione e narrazione per i nostri lontani antenati.

Allo stesso modo le narrazioni grafiche dei miti dipinte sui vasi dalla civiltà Minoica e Micenea così come la stessa simbologia alla base dei geroglifici dell'Antico Egitto trovano la loro ragione nella necessità espressiva storica e religiosa delle antiche civiltà attraverso l'uso di forme ibride di letteratura e grafica in qualche modo sequenziali.

Nel medioevo buona parte della produzione sacra a scopo divulgativo rivolta al popolo si esprimeva attraverso artifici grafici, talvolta in composizioni e sequenze che si avvicinavano al concetto di vignette, o strisce (ne sono un bell'esempio vetrate e bassorilievi delle Chiese Romaniche e Gotiche come quelli del Duomo di Modena, ma ne troviamo un uso simile in culture a noi anche molto distanti, ad esempio nei templi Indiani e Thailandesi). Ciò che accomunava queste forme d'arte era al tempo la volontà da parte dell'artista o del committente di rendere fruibile al volgo spesso illetterato i contenuti delle letture a cui altrimenti non avrebbe avuto accesso, dandovi una rappresentazione semplice, efficace ed immediatamente fruibile. Anche gli stessi metodi mnemonici classici ripreso nel medioevo si basavano su allegorie e figure spesso antropomorfizzate riprese con cura di dettagli e in pose specifiche che rimandassero a chi ne conosceva la simbologia in un solo colpo d'occhio a concetti e pensieri elaborati, spesso accompagnati da brevi note didascaliche all'interno del disegno stesso. Studi psicologici decisamente più recenti hanno spiegato questo fenomeno come uno dei tre più efficaci sistemi di memorizzazione (memoria letteraria, prossemica e grafica, in cui quest'ultima è forse la più comune e rappresentativa, utilizzata ad esempio nella creazione degli schemi mentali, nel metodo dei loci di Ciceroniana memoria o dei ganci mnemonici).

C'è poi un'altra esigenza artistico-espressiva che concorre da tempi antichi a gettare le basi di un certo tipo di espressione fumettistica: il commento satirico storico-sociale. Ne troviamo esempi dalle pitture grottesche fino alle prime stampe satiriche (ad esempio, riprendendo gli studi di Frances Yates, le stampe a commento satirico sulla fallita impresa dell'elettore Palatino ai tempi della corte di Heidelberg) per arrivare ad esempi più recenti come la celebre sequenza di trasformazione di re Luigi Filippo in Pera.

La nascita del fumetto vero e proprio si fa tuttavia risalire storicamente alla creazione del personaggio di Mickey Dugan (Yellow Kid) di Richard Outcault, protagonista di una serie di strisce pubblicate sul New York World dal 1895 al 1898. In quest'opera il linguaggio e la grammatica del fumetto iniziano ad assumere le caratteristiche che a tutt'oggi le attribuiamo, come l'uso del dialogo diretto o didascalia (al tempo scritti sulla maglia del personaggio anziché nei balloon come avvenne in seguito), ed è a mio avviso significativo sia che questo avvenga in America, rappresentando così assieme al musical una delle invenzioni culturali più significative del nuovo continente, sia che tale lavoro, poi insignito del Premio Pulitzer, utilizzasse questo interessante mix di disegno e dialogo per porre l'accento sul carattere morale e didattico del personaggio nei suoi aspetti caricaturali e in particolare sul commento sociale delle tensioni di classe e di razza tipiche della società metropolitana moderna.

Le potenzialità divulgative, popolari e sociali del fumetto vengono ben comprese dai sistemi di propaganda ai tempi della seconda guerra mondiale, in particolare proprio in America. A parte la creazione di personaggi iconici come Capitan America, in quegli stessi anni persino testate storiche come il Flash Gordon di Alex Raymond (vero antesignano dei moderni supereroi) vengono utilizzate a fini propagandistici (con il personaggio che abbandona la classica ambientazione del pianeta Ming per tornare temporaneamente sulla terra a combattere i nazisti). E mentre si sprecano le incursioni, talvolta anche con pesanti sottotesti involontariamente razzisti e grotteschi, di personaggi dei cartoon classici impegnati in guerra, da Braccio di Ferro (You're a Sap, Mr Jap e Scrap the Jap) ai personaggi Disney ('Der Fuehrer's Face, The Ducktators, Frying Pan into the Firing Lane), spiccano anche piccole opere di satira autoironica e antimilitare come 'Donald Gets Drafted' di Carl Barks. Anche sul lato dell'Asse si intuisce il potere della propaganda attraverso il fumetto, e così non solo i personaggi americani iconici vengono adattati in perfetto stile fascista alla sensibilità italiana (con la trasformazione di Superman in Nembo Kid) ma al pari della propria controparte statunitense vengono creati piccoli cartoon satirici indirizzati ad esempio contro il nemico inglese (il 'Dottor Churkill' di Luigi Pensuti).

In seguito, questo uso un po' ingenuo e spregiudicato del fumetto e dei suoi eroi a fini propagandistici sarà sottilmente ripreso da vari autori in forma più ragionata e critica. Esempi massimi in questo senso saranno il 'Maus' di Art Spiegelman e 'Watchmen' di Alan Moore che ci traghetteranno nel fumetto contemporaneo.

In epoca più recente, accanto allo sconfinato flusso della produzione mainstream e leggera, il fumetto continua nella sua componente più autoriale a farsi espressione della sua anima civile e impegnata, anche se in forme meno vistose e più intime, con interessanti fusioni con il new Journalism ('Il fotografo' di Lefevre-Guibert, sul reportage della guerra in Afghanistan) o in forme postmoderne solo apparentemente più leggere come in 'Kobane Calling' del nostro Michele Rech (Zerocalcare) che ci immerge nella narrazione della resistenza Curda all'avanzata dell'Isis, o in opere più autobiografiche come 'Persepolis' di Marjane Satrapi, 'L'arabo del futuro' di Riad Sattouf o 'Walzer con Bashir' di Ari Folman i quali portano al lettore occidentale una testimonianza di culture e momenti storici spesso poco conosciuti, dalla rivoluzione di Khomeini, alla difficile integrazione islamica e occidentale fino alla conseguenze delle stragi di Sabra e Chatila.

La lezione statunitense è per così dire stata metabolizzata e fatta propria dagli autori Europei e Asiatici (penso alla 'Storia dei Tre Adolf' di Osamu Tezuka, inventore del Manga moderno) che hanno coniugato l'antica vocazione sociale del mezzo con una sensibilità più matura, intima e personale, mentre in America l'uso del fumetto alterna un ritorno alla vecchia ingenuità propagandistica di vocazione nazionalista ('Uomo Ragno 11 settembre') ad una sensibilità più autoriale, in particolare nelle strisce legate ai syndicates, tra tutte l'epopea di Doonesbury (da noi pubblicata su 'Linus').

· EVOLUZIONE DI UN LINGUAGGIO

Abbiamo visto fino a qui come il medium si sia inserito all'interno del contesto storico, seguendone lo zeitgeist culturale e divenendo espressione di questo in forme popolari. Ora vorrei tuttavia passare a trattare della specifica evoluzione del linguaggio fumettistico vero e proprio, dato che quest'arte, oltre a seguire la Storia esterna ha anche una storia propria, scandita da alcuni autori e momenti in particolare che hanno contribuito alla sua evoluzione fino a farlo divenire ciò che è ora. Chiaramente non posso trattarli tutti ma solamente accennarli qui di seguito in relazione alle relative innovazioni apportate al mezzo.

Come abbiamo visto, il fumetto moderno nasce convenzionalmente con Yellow kid. La creazione di Outcault, primo fumetto a colori, i cui diritti saranno oggetto di una vera e propria battaglia nientemeno che tra Joseph Pulitzer e W. R. Hearst, è come la maggior parte dei fumetti degli albori pubblicato a puntate su giornale, in formato a striscia. A quest'opera dobbiamo tra le altre cose anche l'introduzione della convenzione del balloon. Dopo aver sperimentato infatti i dialoghi sul camice del protagonista e sui cartelli tenuti da vari altri personaggi, nel 1895 comparirà il primo fumetto vero e proprio mentre un anno dopo anche Mickey Dugan inizierà a dialogare attraverso di essi.

Sempre sul giornale di Hearst nel 1905 compare per la prima volta anche 'Little Nemo in Slumberland', ad opera di Windsor McCay, una delle prime produzioni seriali di grande successo, che inizia a lavorare oltre che sul classico formato a strip anche su più grandi tavole Domenicali, con uno stile grafico debitore delle elaborate decorazioni Liberty e con l'introduzione di una maggior serialità nell'uso di personaggi comprimari (Flip Flap, Imps), nonché nel susseguirsi nei temi trattati degli eventi e festività relative del mondo reale.

Dal lato grafico più realistico, in particolare per comprendere quello che poi diventerà uno dei filoni più amati della produzione americana -quello supereroistico- non possiamo che ritenerci debitori delle opere di alcuni artisti in particolare: il Milton Caniff di Terry e i Pirati, l'Alex Raymond del già citato Flash Gordon, che ridurrà in forma grafica e fumettistica l'approccio pittorico con l'uso di modelli dal vivo e il ricorso a composizioni tipiche degli artisti rinascimentali, generando un'enorme influenza su Kirby, Kane e persino il Lucas regista, e infine il Joe Kubert, creatore della riduzione a fumetti di Tarzan, creatore tra le altre cose del primo fumetto in 3d, ma che ebbe in particolare l'intuizione di utilizzare gli studi anatomici del nostro Leonardo da Vinci per innovare e rendere dinamica la figura umana al centro dei suoi lavori, oltre ad essere forse tra i primi artisti a creare una scuola di fumetto alla quale si formeranno diverse generazioni di futuri autori.

Nel frattempo la striscia o strip a fumetti, formato classico delle prime opere statunitensi (basti solo pensare che i primi fumetti Disney e persino Dick Tracy o l'Uomo Ragno assunsero nel tempo questo formato, in particolare per la pubblicazione sui quotidiani), divenne via via una caratteristica peculiare di opere dai contorni più autoriali, che spaziavano dal filosofico (i 'Peanuts' di Schultz, 'Calvin e Hobbes' di Bill Watterson) al comico d'autore ('Dilbert' di Scott Adams) fino al commento satirico ('Doonesbury' di Garry Trudeau), caratteristica che mantengono a tutt'oggi, appoggiate in particolare dal più grosso distributore statunitense King Feature Syndication. La principale peculiarità di questo formato è in particolare l'uso di personaggi che propongono punti di vista inusuali -molto spesso bambini e animali di vario genere- attraverso i quali la realtà di tutti i giorni viene filtrata per offrire al lettore una prospettiva esterna attraverso cui reinterpretare creativamente il mondo circostante.

Le realtà fumettistiche più conosciute e popolari al mondo rimangono tuttavia fondamentalmente due, entrambe di origine americana: i già citati fumetti supereroistici e quelli disneyani. I primi (e la figura del supereroe tout court), videro come capostipite il Superman di Jerry Siegel e Joe Shuster, icona positiva e aggregante dello spirito nazionale, che utilizzava il contesto avventuroso per impartire spesso al giovane lettore una prospettiva morale positiva nella quale identificarsi (caratteristica poi evolutasi in mille varianti dal Batman di Bob Kane, debitore delle crime stories investigative degli anni precedenti fino ai più recenti e problematici personaggi Marvel creati da Stan Lee).

I secondi, sempre diretti ad un pubblico di lettori di giovane età, hanno visto avvicendarsi alle storie molteplici autori (da Gottfredson a Barks fino ai nostri Bottaro, Scarpa, Martina) e il tratto più interessante che li caratterizza, oltre a quello di aver costituito un universo parallelo di archetipi umani (attraverso l'uso degli animali antropomorfizzati) è forse la divulgazione attraverso riduzioni e adattamenti dei grandi classici della letteratura mondiale, sulle cui basi diverse generazioni di piccoli lettori hanno potuto avere un primo contatto mediato con queste opere.

Decisivo nel traghettare invece il mezzo verso un pubblico più maturo e nel dare centralità alle caratteristiche sia registiche che narrative del mezzo fumettistico è stato un altro autore newyorkese di origini ebraiche, Will Eisner, che con le sue opere sia popolari ('The Spirit') che autoriali ('Contratto con Dio', 'Vita su un altro pianeta') teorizzò e diede dignità alla grammatica del mezzo in modo non troppo dissimile da quanto Ejsentejn fece per il cinema, con opere poetiche e profonde, intime e sofferte, sempre narrate attraverso una tecnica precisa e insieme innovativa, piena di trovate grafico-narrative assolutamente peculiari e irriproducibili su media differenti.

Negli anni '60-'70 il fumetto, anche grazie alla nascita del fenomeno delle autoproduzioni e delle riviste contenitore, oltre che in consonanza con la cultura hippie, passerà attraverso un'interessante fase di destrutturazione del proprio linguaggio e di ragionamento metatestuale che lo porterà a mettere in discussione le proprie regole, creando opere spesso avanguardiste e seminali. Mi riferisco in particolare al lavoro di Jean Giraud/Moebius del 'Garage Hermetique' poi fatto proprio da un autore nostrano come Andrea Pazienza (in particolare ne 'Le straordinarie avventure di Pentothal' e in 'Pompeo'), un esperimento continuo di narrazione improvvisata e autogerminante che rompeva gli schemi narrativi lineari e canonici e anche dal punto di vista grafico continuava a mutar forma ad ogni pagina, passando in modo disinvolto da uno stile realistico ad un altro comico, fino alla pura trovata grafica.

Tra gli anni '70 e '80 anche nella corrente più popolare dell'arte fumettistica si sperimentò largamente da parte di diversi autori nostrani, in particolare con Milo Manara attraverso il suo lavoro certosino e raffinato di citazione cinematografica e pittorica, e successivamente sempre in questa direzione anche con Alfredo Castelli e Tiziano Sclavi (creatori di due tra le testate di maggior successo dell'editore Bonelli, 'Martin Mystere' e 'Dylan Dog'). Guido Crepax sperimenterà artifici grafico-narrativi assolutamente peculiari (tra tutti, le storie di Valentina) e Guido Buzzelli introdurrà nelle sue storie apocalittiche e pessimiste dalla grafica classica elementi di analisi psicologica e destrutturazioni registiche molto interessanti.

Nel 1985 infine si giunse a quello che è considerato lo spartiacque con il mondo del fumetto moderno attraverso la simultanea pubblicazione di tre opere quali 'Maus' di Art Spiegelman, 'll ritorno del Cavaliere Oscuro' di Frank Miller e 'Watchmen' di Moore-Gibbons. Con queste il fumetto si è infine riappropriato delle proprie radici storiche e di una narrazione più lineare comprendendo però ed elaborando la complessità e la profondità del periodo avanguardistico degli anni precedenti e portando così al grande pubblico mondiale storie popolari quanto si conviene al mezzo e al contempo mature e solidissime da un punto di vista artistico e letterario, sintetiche e allo stesso tempo infinite nei propri rimandi e livelli di lettura. Se Miller riprende e stravolge il personaggio di Batman sia nell'approccio che nell'ambientazione oltre che nella regia, fermandosi tuttavia alla creazione di una versione adulta dell'epica supereroistica, Spiegelmann utilizza il cliché dell'uso di animali antropomorfi di Disneyana memoria per narrare una durissima vicenda biografica intrecciata con gli orrori dell'Olocausto mentre Moore -sempre rielaborando il mito del Supereroe- crea non solo il mood dark, violento e politicamente impegnato (poi da lui in primis criticato in seguito quando diventerà una moda) del supereroe moderno, ma in particolare un uso della narrazione e della regia simmetrico e stilisticamente perfetto, in cui ogni particolare, citazione o scena divengono l'eco di mondi infiniti, in una vera e propria mitopoiesi moderna.

· IL CROGIOLO DELLE ARTI

Come in tutte le arti, nel tempo anche il fumetto ha sviluppato una propria grammatica registica. Ciò che rende il mezzo particolarmente degno di nota e che lo contraddistingue è il peculiare mix di testo scritto e disegno grafico, che lo rende per molti versi simile all'arte cinematografica, con tuttavia alcune peculiarità proprie della forma sequenziale.

In questo paragrafo in particolare ci soffermeremo sulle caratteristiche di questa e poi passeremo a citare alcuni autori che hanno operato una fusione tra la nona arte e le sue sorelle, finendo poi con un aspetto tipicamente contemporaneo quale la riduzione cinematografica delle opere a fumetti e la riduzione a fumetti delle opere letterarie.

Sul lato registico, più che addentrarmi sul versante tecnico delle forme mutuate da cinema e pittura che pertengono maggiormente al lato pratico di chi fa fumetto vorrei solamente accennare ad alcuni aspetti tipici del mezzo. Anzitutto la mancanza di sonoro, una delle due carenze percettive di un medium del resto abbastanza completo (si pensi che ci fu un periodo in cui assieme al cinema uscirono persino fumetti in 'odorama' in cui bisognava grattare le pagine per sentire determinati odori) ha creato l'esigenza di sintesi grafiche del tutto peculiari come le onomatopee e la convenzione del balloon. L'onomatopea è la riproduzione grafica del suono tipicamente attraverso il verbo inglese che la descrive ('Snort', 'Gasp', 'chuckle') o il rumore prodotto dall'azione stessa ('zzz', 'grrr'). Essa viene a volte inserita nei normali balloon sottoforma di testo. Altre volte diventa scritta grafica a sé stante (ne sono magnifici esempi italiani quelli del fumetto comico in particolare emiliano, uno su tutti i lavori di Massimo Bonfatti), altre volte rumore addirittura metatestuale come in Eisner, che fa comporre l'onomatopea dalla forma delle vignette stesse, rendendola tematica alla scena nel suo complesso.

La forma del balloon riporta poi a sua volta attraverso un artificio grafico metatestuale le proprietà per così dire cinestesiche della forma parlata e quindi suggerisce al lettore, attraverso convenzioni simboliche, come il dialogo debba leggersi (sottovoce, esclamato, pensato, in contrappunto comico, voce narrata attraverso l'uso di didascalie).

Altra convenzione grafica tipica del mezzo, anche qui derivante originariamente da una carenza dello stesso (quella dell'animazione), è l'uso di linee cinetiche per suggerire il movimento, da quelle ondulate comunemente utilizzate per suggerire il brivido o tremolio di oggetti e cose fino all'uso in particolare fatto dal manga Giapponese delle linee cinetiche per indicare la retta o curva di azione di un oggetto o di un personaggio o sue parti, tipicamente in scene di combattimento (in occidente si preferisce adottare la convenzione invece di riprodurre l'azione all'inizio o alla fine della stessa), o un focus di attenzione (linee cinetiche sullo sfondo a indicare uno pseudo movimento di macchina o uno zoom).

Sempre alla mancanza di animazione del mezzo si deve poi anche la creazione di quella particolare forma di scansione del tempo che è la sequenzialità delle immagini e delle azioni, il cui spartito è la vignetta. Se infatti le basi registiche del fumetto sono simili a quelle cinematografiche anche per ciò che riguarda le inquadrature (con la lodevole peculiarità però di poter espandere o restringere lo 'schermo' a seconda dell'importanza della scena, dalla piccola vignetta di raccordo alla grande splash page a due pagine), è in particolare nella scansione del tempo che il fumetto crea la sua grammatica, passando dalla singola inquadratura, alla sequenza di strisce o di intere pagine (maestro in questo è a livello contemporaneo Brian Bendis) per ridurre o dilatare il tempo percepito attraverso la lettura. Sono possibili poi analessi e flashback tipicamente concentrati ad esempio con l'uso di ristampe di vignette o illustrazioni precedentemente già pubblicate e magari riunite in un'unica tavola di ricordo, come anche la creazione di cornici temporali o tematiche su più livelli, a volte suggerite attraverso l'uso simbolico di un cambio cromatico nella vignetta stessa o nello spazio tra le vignette che passa da bianco a nero.

Mezzi così peculiari rimandano immediatamente al medium fumettistico e sono pertanto stati utilizzati a volte anche un po' ingenuamente nelle riduzioni televisive o su pellicola per richiamare all'origine fumettistica delle opere, ad esempio nella serie televisiva camp di Batman e più tardi in opere più iconoclaste come 'Scott Pilgrim contro il mondo', ma anche in modo più maturo e postmoderno come nel caso ad esempio degli split screen utilizzati a mimesi della vignetta per suddividere il tempo narrato o raddoppiare la messa in scena ad esempio nell'Hulk di Ang Lee o in alcune scene di Tarantino, su tutte in Kill Bill, che del resto non disdegna anche il passaggio dal mezzo cinematografico puro a quello cartoonistico in 'Volume 1'.

Passando poi alle contaminazioni con il mezzo pittorico, a parte il più noto uso del fumetto in particolare nella Pop-art (Liechtenstein, che si sofferma su particolari del fumetto anni '50) e nella grafica della street art, più spesso è il fumetto in primis a omaggiare la storia dell'Arte o a copiarne le tecniche. Succede con autori talvolta -solo apparentemente- insospettabili come Milo Manara, che non solo ha pubblicato un intero volume sul rapporto tra il pittore e la sua Modella nella storia dell'Arte, ma ha creato anche vere e proprie biografie romanzate di eminenti artisti (come nel caso del Caravaggio) o realizzato sceneggiature di grandi registi visivi come Fellini e Jodorowsky (lo stesso Pazienza disegnò del resto per Fellini la locandina de 'La città delle Donne').

Sul versante tecnico della fusione tra queste arti non possiamo non citare grandi illustratori come Lorenzo Mattotti, Richard Corben, Sergio Toppi e Philippe Druillet, e in particolare quei grandi innovatori che sono passati attraverso una molteplicità di mezzi e stili inventando per così dire la grafica postmoderna di fusione delle arti come Alex Ross, J. H. Williams III e Dave Mc Kean, i quali hanno inserito oltre all'uso dell'olio, dell'acquerello e delle tempere spesso anche elementi fotografici e nel caso di McKean digitali e scultorei ('Cages', 'Celluloid' e le varie copertine di 'Sandman').

Autori eclettici come questi hanno dimostrato attraverso il proprio lavoro quanto i confini del mezzo siano labili e le varie arti comunicanti tra loro, in un flusso creativo che semplicemente si è reso conscio del fatto che il fumetto è in primo luogo un sistema di narrazione che può appoggiarsi ad altre grammatiche e forme divenendone un recipiente peculiare, tutt'altro che sminuente e anzi capace di attivare alcune potenzialità (in particolare letterarie e sequenziali) altrimenti mancanti nella pura arte pittorica.

Tornando agli adattamenti tra un mezzo e l'altro, a parte il discorso di fusione tra le varie tecniche e i linguaggi, vi sono due tipi di trasposizione in particolare molto comuni per affinità artistiche e necessità commerciali.

Il primo è la riduzione di opere letterarie in opere a fumetti. Il fenomeno, presente sin dalla creazione del mezzo fumettistico (in diretta prosecuzione delle vecchie illustrazioni nei romanzi), ha visto in particolare una certa fioritura nelle opere destinate ai più piccoli e ai ragazzi, dalle già citate parodie/adattamenti disneyani alle riduzioni di grandi classici come 'Le mille e una Notte' o i racconti di Jack London ad opera di Sergio Toppi. Ma vi sono anche sperimentazioni decisamente più interessanti come la riduzione di 'Città di Vetro' di Mazzuchelli dal racconto di Paul Auster, in cui la dimensione fumettistica permette una visualizzazione non comune dei percorsi psicologici e metafisici del Romanzo. Esperimenti liminari in questo senso sono anche gli adattamenti di saggi storici ('Storia d'Italia a fumetti' di Biagi), di libri religiosi ('Il Buddhismo a fumetti' di Tsai Chih Chung) o addirittura di testi musicali ('Liriche di Sangue' Moore, Ryp, Johnston). Questo tipo di operazione di solito mira ad una divulgazione dei testi su nicchie altrimenti non raggiunte dalle opere originarie, con il vantaggio di risultare spesso più appetibili mediamente al lettore occasionale grazie alla componente grafica.

Di contro, è altrettanto diffuso, anche se in questo caso parliamo di un fenomeno ben più recente, la trasposizione in opera cinematografica o televisiva di opere a fumetti. In questo caso, pur essendovi precedenti illustri (Flash Gordon, i vari Superman con Christopher Reeves), l'operazione è stata resa possibile in buona parte grazie ai più recenti mezzi e tecnologie digitali che hanno permesso di portare su pellicola mondi e poteri fantasiosi, in particolare quelli legati all'ambito dei supereroi americani, che fino a qualche decennio fa risultavano più difficili da realizzare.

Anche in questo caso, nonostante la prevalenza almeno a livello di grande distribuzione di opere legate a grandi case editrici americane o francesi dal contenuto artistico altalenante (in particolare spesso conseguenza della scelta di autori e registi che ne hanno curato la trasposizione, si vedano ad esempio gli interessanti casi del 'Tin Tin' di Spielberg o di autori come i fratelli Russo, i Wachowski o James Gunn che sono arrivati al mezzo conoscendo e sceneggiando anche il medium fumettistico), troviamo anche riduzioni di opere autoriali molto più sottili, come 'Vita di Adele' (da 'Il blu è un colore caldo' di Julie Maroh) o 'Persepolis' e 'Pollo alle prugne' dalle opere di Marjane Satrapi. In questi casi il passaggio tra media è in qualche modo facilitato, essendo di fatto un fumetto già sceneggiato in modo similare ad una pellicola cinematografica.

Quello che può interessare sottolineare invece è il fatto che questo tipo di riduzioni, in particolare quelle legate ai supereroi (ma non solo, si veda il caso di 'The Walking Dead') come anche la peculiare produzione di anime tratti da manga, hanno contribuito a portare sia le serie televisive da queste ispirate sia le stesse pellicole destinate alle grandi sale su un terreno di serialità e continuity fino a poco tempo fa sconosciuto. Ciò è dovuto ovviamente alla struttura delle opere fumettistiche originarie e alla presenza di anni di pubblicazioni alle spalle e dunque ad un fertile background di storie e personaggi già scritti a cui attingere. Tutto ciò, unito al peculiare effetto nostalgia generazionale da parte dello spettatore e all'effetto sicurezza da parte dei produttori nel puntare su opere già conosciute e per così dire predigerite dal grande pubblico ha portato il fenomeno a espandersi in modo evidente, spesso a scapito di opere minori ma non meno valide.

Un discorso a parte poi sarebbe da fare su un autore come Alan Moore, che da vero cultore del medium originale e discepolo -tra gli altri- di Eisner, nonostante i numerosi adattamenti presi dalle sue opere ('Watchmen' e 'V for Vendetta' tra le più conosciute) ha sempre rifiutato di essere citato nei titoli di coda rifiutando alla base questo tipo di operazione e asserendo che una specifica opera pensata per un medium ha una sua particolare peculiarità che la rende inadattabile con fedeltà ad altri media, salvo perdere alcuni tratti specifici e parte del senso originario. Una considerazione che fino ad ora non ha tuttavia fermato la macchina produttiva cinematografica né chi deteneva i diritti delle sue opere dal continuare in questo tipo di operazioni.

· IL FUMETTO DEL FUTURO

In conclusione possiamo dire di aver forse compreso un po' meglio alcune delle caratteristiche del fumetto che, come le sue arti sorelle, risponde all'impellenza comunicativa e creativa umana sin dagli albori della sua cultura e che ha trovato un veicolo del tutto peculiare a mezzo stampa alla fine dell'ottocento per poi evolversi in una propria specifica grammatica nell'arco dell'ultimo secolo. Abbiamo visto come l’arte del fumetto abbia seguito la storia contemporanea tanto dall'interno -attraverso il mezzo biografico- quanto dall'esterno -attraverso un linguaggio come quello del new journalism o della storia romanzata-, e come abbia anche fatto propria e utilizzato la storia dell'arte, o delle arti, contribuendo a divulgare presso un pubblico popolare adattamenti di celebri opere letterarie, storiche, religiose o pittoriche.

Si è visto inoltre come pur sviluppando un linguaggio del tutto proprio, il medium fumettistico sia contiguo a letteratura, arte, fotografia e soprattutto cinema, con frequenti incursioni e invasioni di campo sia a livello di autori che di tecniche. La sua struttura seriale e la grande popolarità ne hanno fatto più di recente una fonte inesauribile di storie in particolare per il mercato televisivo e cinematografico, ma la sua forza sta soprattutto nell'essere un mezzo fondamentalmente accessibile a tutti sia a livello produttivo che di fruizione, una forma artistica immediata eppure completa, capace di echeggiarne altre ampliandone talvolta le potenzialità comunicative. Questo fa del mezzo utilizzato dal fumetto una sorta di prodromo analogico della multimedialità, oltre che una delle forme artistiche postmoderne che hanno contribuito alla fusione delle arti.

Il medium fumettistico, se non banalizzato da una parte da una produzione seriale omologante e dall'altra da una nicchia di fruizione iperesclusiva e autoreferenziale con caratteri a volte asociali, può dunque a mio avviso esprimere il massimo delle sue potenzialità proprio nel dialogo aperto con altri mezzi e strumenti, fungendo da eco mediatico particolarmente efficace per idee e concetti alti sia intellettuali che artistici.

Per fare questo è importante riprendere un metodo didattico e operativo che si riallacci alla vecchia 'formazione di bottega' da parte dei nuovi artisti e fumettisti -creando le premesse per vere e proprie scuole per il passaggio delle tecniche da maestri ad allievi e un continuo confronto tra di essi- ma in particolare occorre favorire la creazione e il sostegno anche pubblico a luoghi, eventi e produzioni che vedano un'aggregazione tra arti di diversa natura, poiché solo attraverso il contatto tra di esse può esprimersi la potenzialità massima di un mezzo che per sua natura è votato alla fusione di linguaggi diversi.

Parimenti importante è la possibilità, anche qui relativamente recente, di poter stampare e distribuire forme di autoproduzione non solo per permettere ai giovanissimi autori una palestra importante e un riscontro immediato di pubblico, ma anche per garantire loro, proprio nel momento formativo, una libertà espressiva e di ricerca che la grande produzione di per sé non permette. Del resto, anche i più interessanti successi commerciali degli ultimi decenni originano propriamente da un percorso di autoproduzione originale (da quella cartacea di Rat-Man di Leo Ortolani a quella digitale di Michele Rech-Zerocalcare) che ha permesso ai loro autori un totale controllo del mezzo e lo sviluppo di uno stile sia grafico che comunicativo personale particolarmente efficace.

Senza necessariamente rifarsi a politiche pubbliche come quelle francesi, che fino a poco tempo fa consideravano il fumettista e in generale gli artisti talmente importanti per il proprio tessuto socioculturale da garantir loro una casa di proprietà, un'accorta politica culturale del territorio dovrebbe in ogni caso incoraggiare l'aggregazione e la produzione, mettendo a disposizione dei gruppi artistici e fumettistici luoghi pubblici di ritrovo, percorsi di formazione, forme di sgravio fiscale almeno nei primi anni per chi intraprenda questo tipo di percorso lavorativo purtroppo spesso non adeguatamente tutelato e una più articolata presenza di reti sindacali (come il Silf, confluito di recente in Slc).

Solo un corretto riconoscimento del contributo degli autori (spesso sminuiti rispetto ad altre figure artistiche) e la possibilità di sentirsi sicuri nell'avviare e perseguire il proprio percorso -liberi dal timore di non essere tutelati per malattia e pensione- potranno costituire le basi per una libera espressione degli stessi autori in un mercato che continua a lamentare una crisi endemica nonostante numeri di tiratura più alti rispetto a quelli ottenuti da molti colleghi della carta stampata. Un percorso da avviare non senza una corretta presa di coscienza da parte degli stessi operatori del settore, spesso lasciati a sé stessi e dati in pasto a editori il cui interesse -si veda il caso del nostro Bonvi- non è certo quello di valorizzare l'opera o il suo autore, quanto di realizzare su di esso profitti, con contratti talora decisamente sfavorevoli all'autore. Anche in questo senso, un occhio di riguardo alle politiche francesi potrebbe essere un buon punto di partenza, nella forma del riconoscimento di una percentuale dei diritti dell'opera a partire da un totale di copie vendute, un sistema che incoraggia insieme l'autore a dare il meglio di sé e l'editore a promuoverne l'opera in una massimizzazione nell'interesse di entrambi che è insieme anche garanzia di qualità per il lettore, in un'ottica che permette il diffondersi di opere autoriali non necessariamente legate alla sola produzione seriale delle grandi case editrici.

Anche l'esplosione del fenomeno dei nuovi media e dei social in particolare può essere un'ottima piattaforma di lancio per i nuovi autori rappresentando un'alternativa ancora più economica all'autoproduzione cartacea, almeno nel momento di farsi conoscere. Allo stesso modo, sia in quest'ambito che in quello più tradizionale delle fiere, sarebbe importante valorizzare la figura dell’editor e degli agenti non tanto legati alle case editrici quanto agli artisti stessi, come accade in alcune realtà americane, in modo da permettere al fumettista di concentrarsi nell'ambito più propriamente creativo e all'intermediario di creare un indotto al lavoro artistico, nell'interesse prevalente anche qui non della produzione ma dell'autore e della sua opera.

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