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Alcuni soci rooseveltiani ‘adulti’ si uniscono alla Giovanile MR nel chiedere un dialogo politico intenso con DiEM25 di Gianīs Varoufakīs e con Lorenzo Marsili, cofondatore italiano del Democracy in Europe Movement
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- Postato da Redazione Movimento Roosevelt
Come Redazione del sito ufficiale del Movimento Roosevelt, rendiamo noto che, a seguito della pubblicazione di
“Proposta (da parte della Giovanile MR) di collaborazione tra il Movimento Roosevelt e DiEM25 di Gianīs Varoufakīs”, articolo pubblicato il 19 marzo 2016 sul sito MR,
anche alcuni soci rooseveltiani fondatori e ordinari ‘adulti’ si uniscono alla dirigenza della Giovanile MR nel chiedere lo stabilirsi di relazioni ‘diplomatiche” e di un dialogo politico intenso con i responsabili di vertice di DiEM25.
In particolare, questi soci raccomandano di contattare uno dei cofondatori italiani del Democracy in Europe Movement, cioè LORENZO MARSILI, di cui, da
“Nasce a Roma il movimento di Varoufakis: ‘Vogliamo un’Europa unita e democratica’”, articolo-intervista di Francesco Cancellato pubblicato il 16 marzo 2016 su Linkiesta ,
riportiamo alcune intelligenti riflessioni sul presente e il futuro dell’Europa:
A volte le cose le vedi meglio quando sei lontano. Così è successo a Lorenzo Marsili, che oggi ha trentun anni e che dieci anni fa ha fondato European Alternatives, una delle organizzazioni non governative più impegnate per rendere l’Europa più democratica e trasparente. In una parola: politica: «Ero in Cina, a Pechino - racconta - ed erano in giorni in cui si discuteva del fallimento dei referendum sulla costituzione europea. Da lì, migliaia di chilometri lontano, mi sono reso di quanto fosse ombelicale lo spettacolo. Che gli stati europei non avevano più alcun senso. E che la stessa Europa non avesse più alcun senso se non fosse stata realmente unita e sovrana. Così ho deciso di darmi da fare ed è iniziato tutto».
Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, anche sotto quelli immaginari disegnati sulle banconote stampate dalla Banca Centrale Europea. E la prossima settimana - mercoledì 23 marzo, per la precisione - nascerà a Roma un movimento politico figlio di quell’intuizione, «un movimento trasversale, un movimento europeo, che non vuole limitarsi allo spazio della sinistra ne, soprattutto e assolutamente, essere un partito». Si chiamerà DiEM25, dove DiEM sta per Democracy in Europe Movement, mentre il 25 indica «l’anno in cui vogliamo che il nostro sogno di un’Europa unita e democratica diventi realtà».
Alla guida di questo neonato movimento ci saranno il volto e le idee di Yanis Varoufakis, ministro delle finanze del primo governo Tsipras, icona della lunga ed estenuante trattativa tra la Grecia e le Istituzioni un tempo chiamate Troika: «In quel contesto Varoufakis ha capito che prendere il potere a livello nazionale è inutile - spiega ancora Marsili -, perché ci si scontra con strutture espressione di interessi transanzionali. A quel punto aveva due strade: scegliere di sposare una causa nazionalista, puntando all’uscita dall’Euro. Oppure lottare per riformare radicalmente il Continente. Buon per noi, ha scelto la seconda strada».
Insieme a Varoufakis, all’evento del 23 marzo, ci saranno anche, in collegamento video personalità come Bernie Sanders, Julian Assange, Saskia Sassen, Cecilia Strada, ma tra le 17mila persone che hanno posto la loro firma in calce al manifesto di Diem25 hanno aderito anche il filosofo Noam Chomsky, il regista Ken Loach e il musicista Brian Eno.
Lorenzo, all’inizio del manifesto si legge che «Per l’UE si tratta di democratizzarsi o di disintegrarsi». Cosa vuol dire?
Vuol dire che l’Europa si sta distruggendo da sola. Quello che è successo domenica scorsa (13 marzo, ndr) in Germania con la forte crescita di Alternative fur Deutschland è la stessa cosa che è accaduta qualche anno fa in Grecia e Spagna.
Alt! Berlino non è in crisi come lo erano Atene e Madrid…
Non per lo stesso motivo, ma lo è.
In che senso?
Nel senso che la Germania non riesce a dare una risposta nazionale a una crisi migratoria globale, così come Spagna e Grecia non sono riuscite a gestire a livello nazionale una crisi economica globale. Non abbiamo strutture politiche in grado di rispondere alle sfide del ventunesimo secolo, quando bussano alla porta.
La Germania però ha provato a dare una risposta continentale. La scelta di forzare la mano sull'accoglienza ha portato alla sospensione del Trattato di Dublino e a una strategia continentale di cui l’accordo con la Turchia è figlio…
Io ho grande stima per come la Merkel ha gestito la crisi rifugiati. La sua è l'unica posizione radicalmente umana, del tutto priva di calcoli opportunistici ed elettorali. Però mi viene da dire anche che il governo tedesco si è svegliato solo oggi, quando la crisi gli entrata in casa. Non mi pare di aver mai sentito parlare di condivisione del rischio, quando Spagna, Portogallo e Grecia affondavano sotto i colpi della speculazione finanziaria. Peraltro, la crisi dei profughi in Germania dimostra anche un’altra cosa.
Quale?
Che la Germania ha molto meno potere di quanto pensavamo. Tutti i suoi alleati storici si sono sfilati, dall’Austria alla Danimarca. In altre parole, al primo problema, le alleanze continentali si sfaldano e tutti giocano la loro partita per presidiare il loro piccolo spazio di potere locale nel Consiglio Europeo. Da Orban che vuole ergere muri, a Renzi che mendica gli zero virgola.
È il Consiglio Europeo che detiene il potere in Europa, non la Commissione, né tantomeno il
Parlamento. Ventotto capi di Stato o di governo che si incontrano a porte chiuse, decidono, poi escono e danno la colpa all'Europa
Parliamone, del Consiglio Europeo…
È il cuore dell’Europa che non va, il simbolo dello status quo che DiEM25 vuole cambiare. È il Consiglio Europeo che detiene il potere in Europa, non la Commissione, né tantomeno il Parlamento. Ventotto capi di Stato o di governo che si incontrano a porte chiuse, decidono, poi escono e danno la colpa all'Europa.
In effetti, qualche esempio viene in mente…
Questa prassi di mettersi sotto l’ombrello di un organismo comunitario per poi pensare solo al proprio orticello elettorale è la costituzione materiale dell’Europa attuale. Pensiamo ai partiti-ombrello come il Partito Popolare Europeo e il Partito Socialista Europeo. Esistono solo sulla carta. Basta fare finta di avere partiti contenitore: servono partiti realmente europei e sindacati realmente europei. Se non riusciamo a darci una rappresentanza transazionale, come possiamo pensare di far nascere uno Stato europeo?
Giro la domanda: voi di DiEM25 che idee avete a proposito?
Già esserci è un passo fondamentale. Dall'alto non arriverà nessuna trasformazione in senso democratico. Bisogna costruirla dal basso con nuovi partiti e nuovi movimenti transnazionali…
D'accordo, ma avrete dei progetti, un’agenda…
Certo, però non abbiamo ricette calata dall'alto. Dobbiamo dare prova di partecipazione e trasparenza. Assemblee come quella di Roma sono importanti per costruire proposte, da ripetere in tutti i paesi. Qualunque road map va condivisa. Però abbiamo delle priorità.
Ad esempio?
La trasparenza. Vogliamo lo streaming per le riunioni del Consiglio Europeo, ad esempio, e la desecretazione di tutti i documenti sul Ttip, il trattato di libero scambio con gli Stati Uniti d’America.
Poi?
La trasparenza serve per aumentare il grado di consapevolezza, qui e ora. Però i meccanismi decisionali vanno cambiati.
E come?
L’opzione più semplice, ma anche la più ambiziosa, è quella di eleggere un’assemblea costituente europea per scrivere finalmente la Carta fondamentale dell’Europa politica di domani.
«In Europa, tutti giocano la loro partita per presidiare il loro piccolo spazio di potere locale nel Consiglio Europeo. Da Orban che vuole ergere muri, a Renzi che mendica gli zero virgola» Lorenzo Marsili
Per cominciare, non basterebbe un ministro dell’economia europeo, come chiede la Germania?
Io vorrei una politica economica europea, prima. Altrimenti hai un revisore dei conti che tiene tra le mani i cordoni della borsa, in funzione di parametri e trattati ormai fuori dalla Storia. Oggi un ministro economico europeo dovrebbe occuparsi di altro.
Di cosa?
Ad esempio, che 62 uomini che controllano il 50% della ricchezza mondiale, che le povertà sono in aumento anche in Europa, che la questione dello sviluppo economico ambientale ci riguarda come Continente visto che siamo importatori netti di energia. E di investimenti: mi fa ridere chi pensa che basti il piano Juncker per risolvere i problemi…
Sono temi che altrove stanno entrando nel dibattito politico. Basta pensare a Bernie Sanders, candidato presidente alle primarie democratiche americane...
Bernie Sanders ha un grandissimo ruolo nel rendere mainstream i temi legati all'uguaglianza, nel far capire quali siano le sfide del nuovo secolo. Parla di welfar e di giustizia fiscale, che sono temi che ci riguardano come europei. Il nostro problema non sono 5 miliardi di sconto fiscale per racimolare qualche voto prima delle elezioni. Il problema è imbrigliare chi non paga le tasse, che in Europa sono soprattutto le multinazionali.
E in Europa nessuno o quasi ne parla...
Non sono d’accordo. Anche in Europa sta emergendo una nuova attenzione a questi temi. Penso a quel che dice Jeremy Corbyn, il nuovo leader laburista inglese. O a Podemos. Sono movimenti che parlano a un pubblico trasversale. Podemos pesca anche a destra e Corbyn riesce a raccogliere i voti di chi votava Ukip.
E il Movimento Cinque Stelle?
Non so che dire, su di loro. Non li ho mai visti in nessun forum politico europeo. Sono stelle che brillano per la loro assenza.
Diem25 si definisce un movimento di sinistra. Non è limitante definirsi come espressione di una parte sola, nel contesto della battaglia che portate avanti?
L'obiettivo di DiEM25 è di lavorare molto oltre lo spazio tradizionale della sinistra. Salvare l'Europa da se stessa - o, se vuoi, anche salvare il capitalismo da se stesso - è qualcosa che deve trovare consensi in un ampio spettro che abbraccia liberali, verdi, conservatori democratici oltre che ovviamente la sinistra. Questo è lo stesso approccio che portiamo avanti da tempo con European Alternatives. La scommessa è se tutta questa molteplicità di persone riuscirà a trasformare l'Europa o meno. Quel che è certo è che lo status quo non regge più e che non esiste un opzione di staticità. La partita ce la giochiamo noi e chi vuole tornare agli Stati nazionali.
In quest’ottica la Germania da che parte sta? Amica o nemica?
Per me la retorica economica della Germania non è del tutto sbagliata.
In che senso?
La risposta alla crisi dell’Europa non può essere solo finanziaria. Io non credo che se ne possa uscire fuori a colpi di Quantitative Easing. La Germania è l’unica tra le grandi nazioni europee a rimarcare questo tema con forza. Loro lo rimarcano, giustamente.
Amici, quindi?
Il problema è che alle retoriche che arrivano da Berlino non sono mai seguiti i fatti. Fino ad ora, perlomeno. Speriamo che la crisi dei rifugiati scrolli loro di dosso la paura di costruire davvero uno spazio europeo. Per la Merkel, questa è l'ultima chiamata.
E Renzi?
Renzi dovrebbe giocare di sponda con la Merkel, per spingerla in quella direzione. A quanto pare, però, non ne ha troppa voglia. Preferisce gli zero virgola.
LA REDAZIONE DEL MOVIMENTO ROOSEVELT (www.movimentoroosevelt.com)
(Articolo del 20 marzo 2016)