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Il contributo che segue, "Riflessioni e Pensieri Liberi", di Roberto Di Fazio, socio fondatore del MR, si presenta perfetto per una riflessione estiva che non esitiamo a definire, con ironia ma anche con immagine icastica ed efficacissima, "salvagente": perché, come fa capire Roberto nel suo scritto, la gente va salvata dalle convinzioni che derivano dai luoghi comuni, dal benpesare dei benpensanti, che ci sta riducendo ad accettare la progressiva distruzione dei nostri diritti, che sta annullando secolari conquiste di civilità, che ci sta riportando indietro, dallo status di cittadini a quello di sudditi.  L'articolo si manifesta veicolo prezioso per riconoscere le insidie della neolingua (come in 1984, il moderno arcano delle comunicazioni di massa, è il Grande Fratello in "vulgaris effigie", esibito ma mai spiegato dalla televisione), non mancando di sollevare problemi teologici (il fondamento sul lavoro, il concetto di "debito") e politici (la coscienza di classe, il diritto dei popoli all'emancipazione e al ritorno alle "magnifiche umane sorti e progressive").  Questa operazione di riconoscimento, di disvelamento, svolta dall'articolo di Roberto Di Fazio ci porta a capire come la nuova coscienza del nostro tempo vada sorretta, strutturata: e si manifesta come esortazione diretta al Movimento Roosevelt nella sua interezza a concepire una scuola politica che possa restituire questi concetti a una visione integrata e consapevole.

"Riflessioni e Pensieri Liberi"
di Roberto Di Fazio

Vorrei cercare con le parole che seguono di ricostruire una sorta di fotografia di alcuni aspetti della società contemporanea. Cercando anche di riflettere su ciò che forse ci sta impedendo di accelerare una corretta "presa di coscienza", soprattutto nel nostro Paese, ricco di contraddizioni ma che ancora ha le potenzialità di essere tra i protagonisti del panorama mondiale con le qualità che ancora ci contraddistinguono. La creatività, il sapersi adattare in modo costruttivo. Il non ricercare sempre una soluzione preconfezionata ma la voglia di sperimentare. Tutti questi concetti potrebbero sembrare ovvi ma in realtà non lo sono affatto altrove (chi scrive lo dice per l'esperienza professionale diretta, ncr). La società e (questa) globalizzazione ci stanno portando su binari ben precisi e irremovibili su cui costrire la nostra vita. Sarà facile salire su uno dei treni dell’omologazione già preparati e parcheggiati (illusoriamente) solo per noi. Tutto nostro, con tanti amici digitali. Peccato che prima di salire dimentichiamo di portare con noi, qualsiasi sia il treno, valori fondamentali. Dov'è finito ad esempio il rispetto per il prossimo? Dov'è finita l'amicizia? Presto qualcuno sostituirà il nostro interlocutore virtuale con un "web robot" e non ce ne accorgeremo neanche perché avremo tanti "amici" con cui condividere le nostre esperienze preconfezionate in rete.

A tutto questo "spirito" di amicizia virtuale mi sembra corrisponda una quasi sadica volontà di nuocere ai propri simili esseri umani. E questo purtroppo non mi sembra legato alla crisi ma risale a tempi non sospetti. Ci è piaciuta la competitività nel trarre profitto economico (quelli che qualcuno definisce soldini mentre gli brillano gli occhi) da qualsiasi cosa ci venga in mente senza neanche minimanente considerare il risvolto etico, morale, impatto sul prossimo e l'ambiente?

Perché ci devono essere sempre e comunque vincitori e vinti e tra l’altro nessuno si cura dei vinti? Perche dobbiamo alimentare la frustrazione, la competizione e a discapito spesso della collaborazione?

Non possiamo correre tutti ognuno alla ricerca del proprio massimo senza che chi corra di meno sia tacciato come perdente? Siamo subito pronti a deridere e avvilire i perdenti in qualsiasi ambito, ovviamente fino a quando non ci rendiamo conto che i perdenti siamo noi.

Chi ha un buon lavoro non si cura neanche minimamente di chi non ce l'ha. Gli impiegati statali e comunali non fanno niente, i professori lavorano poco: peccato che normalmente queste affermazioni sono fatte da uno schiavo che lavora tutto il giorno per la “macchinetta” e giustifica contento il sistema "bestia" che riduce i diritti di coloro che non fanno niente a loro dire.

Quindi abbiamo: quelli che lavorano lavorano sempre di più, incuranti di perdere i propri diritti che, in più, sarebbero pronti a mandare al rogo i disoccupati anziché riflettere su una redistribuzione del lavoro adducendo come motivazione: “e poi dove sono i soldi per pagare tutti?” Ecco dove sfocia in tutta la sua potenza la cultura della fame che ci hanno inoculato!

L’autoconvincimento di una già inconsciamente acquisita condizione di schiavitù da cui non si puo uscire sta dilagando in maniera esponenziale.

Vorrei sottolineare alcune pericolossissime locuzioni che ormai all’ordine del giorno sentiamo al bar, a lavoro, tra i parenti.

La prima è del tipo: “dobbiamo considerare che c’è chi sta peggio”…oppure “c’è chi sta peggio” ...spesso seguito da una pausa tipica di chi è convinto di aver detto qualcosa di particolarmente intelligente o brillante.

Ma cosa si cela sotto queste frasi? Che vuol dire... allora, visto che sto meglio di altri, dovrei “abbassare” il mio livello di benessere per livellarmi a chi sta peggio? O, piuttosto, non sarebbe meglio che chi “chi se la passa peggio” possa elevare il proprio stato di benessere? Non vuol dire, tutto ciò, che dobbiamo portare la nostra società al levello di quelle dove non esistono diritti e liberta’?

Altra pericolosissima locuzione: “...è stato sempre così!”

Ma che vuol dire? Solo pensarlo è un insulto e un offesa alla memoria di chi si è sacrificato prima di noi perché le cose cambiassero!

Certamente c’è chi in mala fede e con fine manipolatorio adduce le argomentazioni suddette a corredo di una discussione o proposta di legge, o qualsiasi cosa stia portando a una nostra imminente perdita di diritti o libertà.

È interessante osservare come spesso la moltitudine riporti a memoria cose su cui in realtà non ha mai riflettuto.

Ho assistito ad agghiaccianti conversazioni durante le quali madri con figli ormai grandi (quindi, per la serie: “a me ormai non interessa”) criticavano giovani che rivendicavano il diritto di accudire i propri figli piccoli (alias maternità retribuita). Qualcuno sostiene che il cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale voglia creare una nuova religione universale. Allora io dico che il nuovo “Dio” sanguinario c'é da un pezzo e si chiama denaro. Creato da ciò che qualcuno definirebbe pensiero magico o psicologia del frame.

Hanno preconfezionato una mappa del territorio tutta per noi lasciandoci liberi di mettere i fiorellini preferiti nella gabbia così quando (e se) si aprirà non ce ne accorgeremo (cit. Discorso tipico dello schiavo di Silvano Agosti).

Dobbiamo scovare questi processi mentali indotti, per scardinarli. Dobbiamo iniziare a chiederci sempre qual è la strada giusta e se noi la stiamo percorrendo, potremmo scoprire sovente che la strada giusta è quella degli altri e non la nostra. È quella della madre che rivendica il diritto di andare in maternità per accudire il figlio. È quella di chi vuole dare il proprio contributo alla collettività seriamente, all'azienda per cui lavora, ma vuole farlo per un tempo ragionevolmente limitato tale che possa permettergli anche di "vivere". Eh sì, "vivere" è il termine corretto: soprattutto in una società come la nostra, giunta agli antipodi dalla "piena occupazione", fermamente dichiarata in ogni statuto. Agli antipodi dalla situazione ottimale in cui ognuno, secondo le proprie inclinazioni, giunga a fare ciò che lo gratifica e per cui ha passione. Chi lavora è lì perchè “qualcuno ce lo ha messo” o perchè è l'unico "posto" possibile (e gli è andata pure bene, quindi non può lamentarsi di nulla). Ebbene, in situazione del genere durante le ore lavorative noi non stiamo "vivendo" ma prestiamo la nostra vita al datore di lavoro, a chi deve fare "soldi" (fine tra l’altro spesso mascherato con altri argomenti).

Addirittura, ormai vendiamo la vita pure con lo sconto... ci sono i saldi! Firmiamo buste paga part-time lavorando full time.

Perchè? Perchè abbiamo paura di perdere anche la schiavitù che ci hanno concesso. Altro che liberi dalla paura. Ne siamo totalmente dominati in ogni nostra azione quotidiana.

Dove sta andando la societa odierna e soprattutto quali sono gli obiettivi?

Qualsiasi buon padre di famiglia (specie ormai in via di estinzione) potrebbe indicare come obiettivo ad esempio il benessere comune. Qualcun altro, magari richiamando la Costituzione Americana, potrebbe tirare in gioco la cosiddetta felicità (per tutti). Come mai allora questo benessere e questa felicità attualmente si declinano per la maggiore in disoccupati, sfruttati e “fortunati” lavoratori dipendenti per 10 o 12 ore al giorno? Lasciando i cocci giusto in tempo per l'importante telegiornale e il varietà del giorno (e, nel mezzo, la pubblicità che distilla falsi bisogni e instilla il desiderio di comprare), non si sa mai, ci perdiamo la quotidiana pillola di "soma". Negli ambienti di lavoro spesso si osservano lavoratori che vomitano invece di parlare, si dimenano anzichè camminare, sbuffano anzichè respirare.

Cosa pensiamo?

Ho sperimentato su me stesso ultimamente un facile e a mio avviso proficuo esperimento che consiste nello "spegnere" del tutto la televisione per alcuni mesi approfittandone per fare altro, come ad esempio navigare su internet (possibilmente con delle ricerche “attive”), parlare con chi ci sta accanto (possibilmente senza usare what's up). Giocare con i propri figli, con i tempi della vita reale e non della televisione. Vi posso assicurare che quando la riaccenderete, soprattutto beccando il canale "giusto", sarà uno shock. Immaginate dopo mesi di vita e tempi reali di trovarvi davanti al celere presentatore di turno: apri il pacco chiudi il pacco ho vinto ho perso la scossa il balletto, soldi soldi soldi... domande a raffica risposte a raffica … minchiate a raffica... ops... scusate mi sono fatto prendere la mano...

Sarà, nella peggiore delle ipotesi, una presa di coscienza della "finzione" televisiva: noi non parliamo così, non agiamo così, non facciamo domande a raffica e non vogliamo risposte a raffica. Non sarebbe per caso meglio scegliere con cura le domande e riflettere con cura sulle risposte? Perchè il premio arriva se la risposta è più veloce e non se è più “saggia”? Dobbiamo avere già tutto "impiattato" e dobbiamo avere risposte veloci perchè... perchè qualcuno o qualcosa ha "già" introdotto l'informazione in noi... che dobbiamo guardarci bene dall'elaborare una risposta ma dobbiamo solo cercarla, un po' come il campo di ricerca, il "find" di un sistema operativo. Riflettevo sull’espressione, definizione di "libero pensatore" (presa in prestito da Gioele Magaldi). Bellissima definizione e ad effetto, che potrebbe trarre in inganno a una superficiale interpretazione. Qualcuno potrebbe appunto obiettare: “non siamo tutti liberi nel pensare?”

Io invece mi chiedo quanto si è liberi persino nei propri pensieri.

Se i pensieri sgorgano come concatenazioni libere da indottrinamenti subdolamente e subliminalmente indotti o se, oppure, sono già belli e impacchettati per noi che crediamo di averli pensati?

Con un barbatrucco (metafora televisiva a cartoni animati che ben rende quanto siano sciocchi e infantili i meccanismi che più direttamente influiscono sull'inconscio, ncr) hanno cambiato “ciò che è” con “ciò che dovrebbe essere” facendoci tra l'altro credere che “ciò che è” rappresenta l'unica realtà possible. Non la migliore, poichè, se questo fosse, darebbe comunque spazio ad un'alternativa. Non c'è spazio per le alternative: la realtà è questa perchè l'ha portata la cicogna punto e basta (altra citazione da Gioele Magaldi) .

Un primo mattone:

Abbracciando la visione data dal libro Massoni S.R.Ill. e, sperando che le alte sfere progressiste riprendano velocemente il terreno perduto, mi chiedo cosa possiamo fare noi nel quotidiano. Per noi intendo chi ha fiutato il trucco e sente il bisogno di condividere con gli altri la nuova visione, che potrebbe comunque essere sbagliata (come tutte le umane cose, ncr), ma porterà comunque sicuramente a un nuovo livello di consapevolezza. Non bisogna mai arrendersi e con “santa” pazienza provare tutte le strategie dialettiche e logiche di cui dispone affinché l’interlocutore provi almeno un po’ di curiosità.

Certo, scontrarsi con i paladini della giustizia pronti a difendere lo status quo è una battaglia veramente ardua e chi ci ha provato sa bene cosa intendo ma probabilmente è il primo necessario mattone per costruire qualcosa di nuovo assieme ad una moltitudine si spera elevatasi da uno status di suddito (in realta' più mentale che fisico) ad uno status di (libero) pensatore.

Commenti   

+1 # ConsiderazioniRoberto Varrucciu 2015-06-22 12:50
Spunti interessanti e condivisibili. Per risvegliare le coscienze obnubilate da decenni di tecniche raffinate di "marketing pro-consumistico" e non informativo e consapevole è necessario capovolgere le prospettive del cittadino consapevole. Iniziando dalla scuola e dall'informazione. La scuola è stata lentamente ma consapevolmente privata della funzione di insegnamento della capacità di elaborazione critica del pensiero. A ciò si aggiunge la manipolazione esercitata dalla TV(pubblica e privata) negli ultimi 35 anni, che ha sostituito in parte le dinamiche relazionali in famiglia e a scuola. Meno TV, più informazione consapevole.
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0 # Templar orderDomizio Cipriani 2016-07-25 10:10
Buongiorno con l'occasione mi permetto di segnalare il mio libro Templar Order edito da Bastogi,
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