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I fatti in Turchia ci richiamano severamente alla comprensione che la libertà di pensiero e di parola non sono affatto doni scontati.  Siamo ottenebrati dalla deriva della nostra borghesia per capire come gira il mondo: e gira male, e la gente non si accorge e non comprende.
Ad Ankara sono morte 95 persone il 10 ottobre, sostenitori pacificsti delle ragioni dei filocurdi del Partito democratico dei popoli (Hdp).
I partiti dell'opposizione chiedono ora che i responsabili politici si dimettano per non aver garantito la sicurezza durante il corteo per la pace, interrotto da due esplosioni, probabilmente innescate da due attentatori suicidi. 
 L'attentato di Ankara è solo l'ultimo attacco contro l'Hdp, delegittimato ed estromesso dal dibattito politico, una sorta di strategia della tensione che intende sgomberare il campo in vista delle elezioni del 1 novembre.
Se in Italia (e in Europa, perché non siamo affatto speciali), la libertà ha oggi il prezzo della mancata carriera o dell'inserimento in tono minore nella società, dobbiamo ancora assistere a tensioni che portano un carico drammatico: e questo deve farci capire che dobbiamo costruire un percorso credibile di formazione e di istruzione, compito rooseveltiano, dobbiamo riconoscere e federare le tenui fiammelle che, disperse in Europa e nel mondo, tengono vivo il fuoco dell'emancipazione.

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