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untitledIn questi ultimi giorni abbiamo più volte tentato di raccontare le oggettive difficoltà incontrate dal nuovo governo Tsipras nel corso dei recenti negoziati intercorsi con il famigerato Eurogruppo guidato dal pessimo olandese Dijsselbloem. Senza nascondere i limiti, le ambiguità e l’eccesso di pavidità dimostrato fin da subito dal nuovo governo greco, è giusto non dimenticare mai i veri rapporti di forza. La Grecia è un nano politico ed economico che, in mancanza di sponde esterne di ben altra consistenza, non potrà mai riuscire da sola a tirarsi fuori dai guai. Alla prova dei fatti Hollande e Renzi si sono schierati a sostegno di Mario Draghi e Angela Merkel, lasciando al solo Varoufakis il compito di mostrare dati alla mano i disastri causati dalle politiche di austerità. In Europa quindi Tsipras è sostanzialmente isolato, messo ai margini da un sistema consociativo che non ha alcuna intenzione di “cambiare verso”. Era forse lecito attendersi qualcosa di più e di meglio da parte di Barack Obama, scialbo presidente americano che non perde mai occasione per dimostrarsi inadeguato e mediocre. Perché gli Stati Uniti non hanno chiaramente invitato gli aguzzini europei a smetterla di accanirsi contro la povera Grecia? Perché l’amministrazione Obama, anziché limitarsi a sussurrare qualche vago monito di chiara ascendenza pilatesca, non si è schierata dalla parte della verità e della giustizia? Probabilmente perché Barack Obama non è un uomo libero. Sul piano esterno Tsipras e soci hanno quindi pochissimi margini di manovra. Nell’attesa però che cambino almeno in parte gli equilibri di potere che indirizzano tuttora in senso oligarchico e tecnocratico il processo di globalizzazione in atto, il governo greco può certamente “rifarsi” sul piano interno. Come? Avviando per esempio una seria inchiesta parlamentare per capire meglio il ruolo giocato in questi ultimi anni da alcuni collaborazionisti indigeni perfettamente calatisi nel meschino ruolo di avamposti della Troika. Già si sa che l’ex premier greco Papandreou, quello che prima promise e poi si rimangiò la promessa di indire un referendum per permettere ai suoi concittadini di esprimersi sul “piano di salvataggio” proposto dall’Europa, era ricattato da tipi alla Sarkozy per via di alcuni conti milionari aperti in Svizzera a nome della madre (clicca per leggere). E’ plausibile immaginare che anche altri importanti politici ellenici, in primis Samaras e Venizelos, abbiano svenduto il proprio popolo per ragioni ancora sconosciute? Io credo di sì. Dopo la caduta del regime dei Colonnelli avvenuta nel 1974, Papadopoulos e soci vennero giustamente processati ed imprigionati. Se Syriza rappresentasse per davvero il ripristino di una legalità democratica tradita da una classe dirigente corrotta ed etero-diretta dall’esterno, dovrebbe oggi ripetersi lo stesso copione di allora. Gli incauti autori di comportamenti fraudolenti, così gravi da dare il via ad una vera e propria emergenza umanitaria, dovrebbero quindi essere presto chiamati a rispondere in tribunale delle loro infami condotte. Nessuno Schaeuble potrebbe in tal caso mettere il becco in questioni riguardanti gli affari interni di un Paese formalmente ancora sovrano. Trascinare poi i vecchi politici al soldo della Troika di fronte ad un Tribunale di Atene rappresenterebbe un degno precedente, certamente in grado di favorire future emulazioni e turbare i sonni di troppi masnadieri in giro per l’Europa. Gente come Rajoy o Coeleho, per esempio, fatti della stessa pasta dei vari Samaras e Papademos, comincerebbero a dormire sonni meno in tranquilli in vista delle imminenti elezioni spagnole e portoghesi. In conclusione: se l’umiliante accordo sottoscritto dal governo Tsipras con le “Istituzioni”  internazionali può essere spiegato brandendo lo spauracchio della “realpolitik”, nessuna scusante può invece valere su un piano meramente interno. Per capire basta attendere.

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