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Roosevelt InstituteI giovani, i precari, gli impoveriti e i disadattati, bastonati a sangue dai principali esponenti del nazismo tecnocratico oggi dominante (Mario Draghi e Wolfang Schaeuble su tutti), hanno comprensibilmente maturato un razionale e motivato rifiuto verso l’attuale sistema di potere. Un sistema che premia la rendita finanziaria parassitaria a scapito del lavoro, aumentando a dismisura le diseguaglianze e le sacche di vera indigenza. Alcuni intellettuali engagé, spesso rilanciati dal mainstream, pensano di poter spiegare la gravissima crisi in atto con le sole lenti della macroeconomia, limitandosi cioè a mettere in discussione l’ideologia neoliberista prevalente.  Si tratta di uno sforzo lodevole quanto vano e insufficiente, essendo ben altre le ragioni che spingono Venerabili Maestri del calibro di Draghi e Schaeuble a somministrare ai popoli il veleno dell’austerità. Solo i cittadini più “soavi” possono ancora ritenere credibili quei personaggi che, muniti di notevole faccia di bronzo, spiegano come “il rigore nei conti risulti funzionale al ritorno della crescita”. Tutti sanno che applicare l’austerità ad economie già in recessione significhi di fatto  aggravarne  il quadro. E, allora, perché insistono? Perché la crisi, come non mi stancherò mai di ripetervi, ha radici antropologiche e filosofiche prima che economiche. I massoni reazionari che si ritrovano sotto il “cielo stellato” all’interno di officine latomistiche come la “Der Ring”, non riconoscono a tutti  la stessa dignità di uomo. Draghi e Schaeuble ad esempio, da perfetti contro-iniziati, considerano la maggior parte degli uomini poco più che bestie, da frustare e soggiogare attraverso la costruzione artata di un mondo che costringa i più a sposare una prospettiva fatta solo di rinunce e sopravvivenza. Questa idea dell’uomo, di stampo decisamente filonazista, legittima a monte le scelte di indirizzo politico prese poi a valle. In presenza di uno scenario così grave ed inquietante, intuito da un numero crescente di cittadini, in molti sono alla continua ricerca di soluzioni radicalmente alternative rispetto all’esistente. Crescono non a caso le nostalgie per il nazionalismo autoritario, oggi ben incarnato su un piano geopolitico dal piglio deciso del leader russo Vladimir Putin. Sbaglia chi pensa di poter risolvere i problemi dell’Europa guardando ad est. Non ha senso credere di poter barattare le libertà civili e politiche per ottenere in cambio un supposto miglioramento in termini di sicurezza sociale. La soluzione, oggi come ieri, viene semmai dagli Stati Uniti d’America, nazione dove è in corso un interessantissimo dibattito destinato a cambiare in profondità gli equilibri di potere esistenti. Da almeno trent’anni a questa parte le principali forze progressiste del pianeta, a partire dal Democratic Party a stelle e strisce, hanno recitato perlopiù un ruolo ancillare e di completamento rispetto alle forze più autenticamente oligarchiche e schiaviste. La Terza Via di Giddens, che tantissimi danni ha prodotto in ogni angolo del globo terracqueo, non ha fatto altro che certificare su un piano ideologico la subalternità del pensiero progressista rispetto a quello reazionario. La rimozione dolosa di geni del pensiero novecentesco come Keynes e F.D. Roosevelt ha permesso e favorito il sedimentarsi ad ogni latitudine di un modello di globalizzazione tecnocratico e affamante. La stagione dei politici reazionari infiltrati nel campo dei progressisti, penso ai vari Bill Clinton, Tony Blair, Gerard Schroder, Francois Hollande e Matteo Renzi, volge per fortuna rapidamente al termine. Un nuovo vento di libertà e giustizia sociale soffia finalmente da oltreoceano, per merito di politici autenticamente votati al perseguimento dell’interesse generale come la senatrice Elizabeth Warren e il sindaco di New York Bill De Blasio. I Democratici americani, in vista delle elezioni presidenziali previste per il prossimo anno, stanno elaborando una piattaforma programmatica che segnala una netta e benvenuta discontinuità rispetto  alle nefaste scelte effettuate nel recente passato. Grazie anche all’impegno del premio nobel Joseph Stiglitz, tra i maggiori esperti al mondo in tema di diseguaglianze, il partito oggi rappresentato dallo scialbo Presidente Obama potrà presto tornare ad essere faro e guida per tutti quelli che credono di poter coniugare libertà d’impresa e giustizia sociale. Vi invito perciò  a leggere attentamente il report “Rewriting the rules(clicca per leggere), pubblicato dal Roosevelt Institute, punto di partenza di nuova stagione politica che finirà con l’influenzare in meglio anche l’asfittico e ipocrita dibattito europeo. Noi, fondatori e protagonisti del Movimento Roosevelt (clicca per leggere), faremo come sempre la nostra parte. Vi aspetto tutti venerdì 29 maggio a Gioia Tauro (clicca per leggere).

P.s. Chi volesse tradurre a beneficio del pubblico italiano il report sopracitato farebbe cosa utile e gradita

Commenti   

0 # RE: Il Roosevelt Institute, avamposto di ideali autenticamente progressistiRoberto 2015-05-21 10:54
La percezione di un deciso peggioramento della situazione socio-economica, in particolare, si è avuta a partire dal 2007. Ma già dal 2001 i tassi di crescita nel nostro Paese segnavano una media inferiore dell' 1,1 rispetto al valore dei principali paesi europei (Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna). Le scelte di politica economica demandate ad organismi di natura tecnocratica e non democraticamente eletti lasciano a gruppi oligarchici la decisione di scelte privatistiche a beneficio di pochi e a danno di molti. A ciò si aggiunga la mancanza di informazione completa e corretta da parte dei principali massmedia e lo scopo di disinformare,creando una situazione permanente di incertezza nei popoli. Il tutto condito da un uso sosfisticato e programmato di tecniche comunicative di distrazione di massa.
I progressisti hanno dormito sugli allori delle conquiste raggiunte dal dopoguerra fino agli anni settanta. Bisogna ripartire dal trattato di Maastricht firmato da politici insipienti e cialtroni.
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0 # Riscrivere le regole dell'economiaCarmela Pace 2015-05-21 16:23
Ringrazio Francesco Toscano per l'importantissimo documento segnalato e raccolgo l'invito a contribuire alla sua traduzione in italiano. "Nel corso degli ultimi trentacinque anni, le scelte politiche americane sono state fondate su presupposti falsi, e il risultato è un’economia indebolita in cui la maggior parte degli americani lotta per raggiungere o mantenere uno stile di vita da classe media, mentre una piccola percentuale per avere una quota sempre maggiore della ricchezza della nazione. Anche se queste esperienze vissute e le sfide personali sono importanti, sono solo la punta dell'iceberg che è la crisi determinata dal basso tasso di crescita del reddito e dalla crescente disuguaglianza. Per comprendere appieno la portata del problema, dobbiamo anche esaminare la serie di leggi e politiche che si trovano sotto la superficie - le regole che determinano l'equilibrio di potere tra pubblico e privato, datori di lavoro e lavoratori, l'innovazione e lo sviluppo, e tutti gli altri interessi che compongono l'economia moderna." La riflessione di Stiglitz su ciò che non ha funzionato nell'economia americana e le proposte di riscrittura delle regole fatte proprie dal Roosevelt Institute sono assolutamente da divulgare.
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