News dal Dipartimento Geopolitica

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In questi giorni si sono svolte due elezioni potenzialmente foriere di molti cambiamenti nello scacchiere europeo: le elezioni amministrative turche e il primo turno di quelle ucraine. Erdogan ha perso il controllo delle più importanti città, compresa la sua Istanbul, Ankara, ma anche Izmir e Antalya, in generale quasi tutta la parte occidentale e quella costiera della Turchia, quella economicamente e culturalmente più avanzata. Molte città in mano al suo partito sono passate all'opposizione, anche se l'AKP rimane il primo partito, grazie al voto delle zone agricole e interne più povere ed arretrate. Soprattutto contro Erdogan ha votato il 62% del PIL turco, cioè la parte più economicamente rilevante del paese, colpita dalle politiche economiche erdoganiane che mirano a tagliare proprio il potere di acquisto e di spesa della classe media in favore di politiche economiche di stampo islamista (vedasi sul blog di MR https://blog.movimentoroosevelt.com/home/1993-la-nuova-guerra-di-troia-per-l-energia.html per approfondimenti).Un risultato degno di nota e che fa ben sperare sulla tenuta democratica e civile di una larga parte della popolazione turca, conseguito nonostante la repressione seguita al tentativo di golpe, l'incarcerazione di molti oppositori ed a una stampa sempre più ingabbiata, nonché il sospetto di brogli elettorali (due osservatrici italiane ai seggi sono state arrestate). Per la prima volta è eletto un sindaco comunista e un sindaco che è stato arrestato in qualità di giornalista dell'opposizione nelle recenti repressioni e liberato dalla Corte Costituzionale. Fa risultare che il potere di Erdogan, nonostante tutto, non sia ancora così pervasivo da aver annichilito la democrazia turca e il pensiero kemalista. Dall'altra parte però, questa erosione di potere potrebbe spingere Erdogan ancora di più sulla strada del nazionalismo e della conflittualità estera per rinsaldare e distrarre il fronte interno, un po' come fecero i militari argentini negli anni 80 con le Malvine, anche se con esiti disastrosi. La paura di perdere il consenso interno e quindi il potere e il sogno di una Grande Turchia, potrebbe fargli fare mosse azzardate. Difficile che alzi il livello di tensione fino al punto di rischiare un conflitto armato tradizionale con alcune nazioni europee, per qualche anno ancora comunque non ne avrebbe le capacità,(ma la cosa potrebbe sfuggire di mano), ma potrebbe accentuare la pressione e le rivendicazioni sui megagiacimenti di gas nel Mediterraneo Orientale dove noi, attraverso l'Eni, abbiamo la quota più alta di concessioni (e ci siamo dimostrati, per nostra incapacità, l'anello più debole) e creare ad arte disordini in territorio cipriota o su alcune isole greche per poi giustificare un proprio intervento a favore di supposte minoranze discriminate, in una sorta di guerra strisciante asimmetrica sul modello teorizzato dal generale russo Gerasimov, ma già attuata nel 1974 durante l'invasione di Cipro.A quel punto potrebbero sfociare violente dimostrazioni in alcune isole greche, Kastelorizos a esempio, che si trova ad appena tre miglia dalla costa turca, o crearsi gruppi separatisti nella Tracia greca o bulgara. In ogni caso l'Italia correrebbe seri rischi di venir coinvolta, soprattutto come nazione nella difesa dei propri legittimi interessi commerciali ed energetici in mezzo all'Egeo, ma anche come membro dell'Unione Europea, se venisse invocato da Cipro e Grecia art 42 del trattato di Lisbona di reciproca difesa. Non dimentichiamo, anche se si fa finta di niente, che, non riconosciuta da nessuna nazione od organismo internazionale, la Turchia occupa con Cipro Nord un territorio dell'Unione.

Il primo turno delle elezioni in Ucraina invece ha visto il ridimensionamento del leader nazionalista Poroshenko che ha ottenuto circa il 17% dei voti contro il 30% del comico Zelensky,(forse finanziato dall'oligarca Kolomoiskiy tutt'ora in esilio e presidente della rete televisiva dove lavorava) che appoggia un'apertura di trattative con la Russia.per porre fine al conflitto strisciante. Curiosamente, o forse sapientemente, l'ex attore ha recitato in un serial ucraino di grande successo la parte di un professore di storia che attraverso filmati casuali trasmessi su youtube diventa presidente dell'Ucraina. C'è, stranamente un film americano molto simile con protagonista Robin Williams, a sua volta intrattenitore di talk show e comico, L'uomo dell'Anno, che sembra profetico in tal senso. (Vista l'uscita del film Benvenuto Presidente con Claudio Bisio, per analogia dovremmo aspettarci che il noto attore comico italiano diventi veramente presidente?😊) Comunque sia, il nazionalismo spinto e la continua pressione in tal senso sembra abbia stufato l'elettorato Ucraino, stanco di questa guerra strisciante ed infinita, che porta solo povertà e incertezza.Con queste percentuali sembra oramai difficile giustificarlo e farlo accettare come se fosse volontà di un popolo intero. Come da cartina la geografia del voto (presa da NMGI-Geopolitica Italiana) Poroshenko e Julia Tymoshenko prendono la maggioranza dei voti nella parte occidentale del paese, mentre Zelensky in verde si prende quella centrale. La parte orientale con il Donetsk e Lugansk va ai filorussi con il 35% (segno che comunque in quelle regioni c'è in ogni caso una forte attrazione filorussa dovute alle minoranze rimaste piuttosto discriminate) Una curiosità. Le aree a maggioranza Zelensky sono in verde e verde in ucraino si dice zelenyj. Se vincesse al ballottaggio Zelensky (che probabilmente si prenderebbe anche i voti dei filorussi) contro Poroshenko (che si prenderebbe quelli della Tymoshenko) forse quindi si aprirebbe uno spiraglio per porre fine alla crisi tra Ucraina e Russia. A quel punto sarebbe difficile continuare a giustificare le sanzioni occidentali alla Russia e si potrebbe fare dell'Ucraina una specie di stato cuscinetto tra l'area russa e quella occidentale e contribuire così alla sua rinascita economica, un po' come la Finlandia ai tempi della guerra fredda. In questo modo potrebbe anche aprirsi la strada a un certo riavvicinamento tra la Russia e l'Occidente stesso e rendere meno stretta l'alleanza de facto della prima con la Cina, ma anche meno stringenti le necessità di un'alleanza con la Turchia stessa, che si sentirebbe così le spalle meno coperte da parte di Putin e sarebbe molto più restia a fare le mosse rischiose e azzardate accennate più sopra con un Erdogan oggettivamente indebolito. Sarebbe l'occasione per definire tutti gli interessi economici ed energetici che vanno appunto dagli Urali al Medio Oriente passando per l'Egeo e la penisola anatolica e disinnescare una possibile, se non probabile, area di crisi che ci vedrebbe necessariamente coinvolti. Anzi, questa sarebbe proprio l'occasione ideale per l'Italia di rientrare da protagonista nei giochi e fare, grazie alla posizione geografica, e ai rapporti con le varie parti in causa da elemento ponte ed equilibratore, pur nel rispetto delle alleanze di appartenenza. Come si vede le elezioni turche e quelle ucraine sono molto più connesse di quello che la geografia possa far sospettare.