La parola tradotta con "grazia" nel Nuovo Testamento deriva dal greco charis, che significa "favore, benedizione o gentilezza." Siamo tutti in grado di estendere grazia al prossimo. Tuttavia, quando la parola grazia viene usata nei confronti di Dio, essa assume un significato più intenso. "Grazia" è Dio che sceglie di benedirci piuttosto che maledirci come meritiamo, per via del nostro peccato. È la Sua benevolenza verso gli indegni.
Nella Lettera agli Efesini 2:8 leggiamo: "Voi infatti siete stati salvati per grazia, mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il dono di Dio." L'unico modo in cui possiamo stabilire una relazione con Dio è per mezzo della Sua grazia nei nostri confronti. In San Paolo, quindi, la grazia assume il senso preciso di un atto di misericordia di Dio verso l'uomo. La Shekhinah invece, nel nuovo testamento, viene accostata alla Gloria del Signore e alla Presenza Divina scesa tra gli uomini quindi allo Spirito Santo, il "ruah" dell'Antico Testamento: è il terzo membro della divinità.
Ma nell'ebraismo Shekhinah è la dimora di Dio, che si manifesta nel tabernacolo e nel tempio di Gerusalemme. Ma nella Kabbalah diventa la manifestazione femminile di Dio, il peccato originale di Adamo, quello spirituale, che provocò la scissione a causa dello scambiare la decima sefirah per la manifestazione totale di Dio, scissione dolorosa che tutto il genere umano erediterà. Il rapporto quindi è duale, non triplice.
A cura di Gioele Magaldi, con Gianfranco Pecoraro (Carpeoro) e Sergio Magaldi. Conduce Roberto Hechich
Appuntamento del 17 novembre 2022 alle 12.30 sul Canale Web MRTV Italia: https://youtu.be/vwFL9gCh4jk