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Il Tribunale di Reggio Emilia ha disapplicato il DPCM del lockdown. No all' Italia degli sceriffi, la Costituzione è la linea che non bisogna varcare.

di Monica Soldano

loi 4a53e

Con una sentenza necessaria e attesa da molti giuristi e cittadini, il Tribunale di Reggio Emilia ha dichiarato che non si dà luogo a procedere nei confronti di una coppia che aveva mentito nell'autocertificazione, pur di uscire di casa, durante il lockdown generale un anno fa.

Il giudice, Dario De Luca, ha respinto l'accusa del Pubblico ministero che contestava ad una coppia di aver attestato falsamente nell'autocertificazione di essere uscita per recarsi a sottoporsi ad esami clinici. L'obbligo dell'autocertificazione necessaria per motivare l' allontanamento dalla propria abitazione era contenuto in via generale nel DPCM dell'8 marzo del 2020. Quelle norme, di rango amministrativo, avrebbero configurato così, secondo l'interpretazione corrente, assunta dalle forze dell'ordine, un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare. Una limitazione grave per il nostro ordinamento giuridico prevista però solo se si riscontrano ben precisi reati e dopo la condanna emessa al termine di un processo penale. Inoltre, in base alla nostra Costituzione, perfino la custodia cautelare deve essere valutata e disposta dal giudice in base a norme scritte e ben precise e dopo un procedimento che deve seguire delle regole, dunque, tutto è definito e nulla può essere fatto in modo generale o generico.

Insomma, con la libertà personale non si scherza, ci ricorda la sentenza di Reggio Emilia, perchè la nostra Costituzione l'ha blindata nell'articolo 13.  La sentenza di Reggio Emilia lo scrive nero su bianco: un Decreto del Presidente del Consiglio (DPCM) non può disporre alcuna limitazione della libertà personale perchè non ha la forza di una legge ordinaria del Parlamento (atto avente forza di legge), ma è un atto secondario. Non solo, ma la sentenza specifica che neppure una legge (o un decreto legge, che ha la forza di una legge) potrebbe prevedere un obbligo di permanenza a casa in modo generale o generico, verso una intera città o una pluralità generica di cittadini, poichè ogni restrizione può essere solo motivata verso un ben preciso cittadino con motivazioni ben precise per quella persona, con tanto di nome e cognome e motivazione che devono essere indicate e prevista da una legge.

Allora cosa può fare un giudice ordinario contro un DPCM, che è un atto amministrativo, non politico parlamentare? Non può impugnarlo davanti alla Corte Costituzionale, ma lo può disapplicare. Anche, qualora le restrizioni durante il lockdown (di non poter uscire di casa, se non in pochi casi autocertificati) fossero basate non sulla limitazione della propria libertà personale, ma sulla libertà di circolazione (art. 16 Cost), come l'accusa avrebbe tentato di argomentare, ciò non spiegherebbe l'obbligo di permanenza a casa e poi non potrebbe essere invocato, poichè il limite non è entrare in un luogo specifico o passarvi (libertà di circolazione), bensì, qui si configura una vera e propria limitazione alla libertà della persona che si muove. A questo punto, ne consegue che la richiesta stessa della autocertificazione è illegittima, poichè ordinata da un atto che non ne ha il potere. Pertanto, non è punibile l'aver dichiarato il falso, poichè il fatto non sussiste giuridicamente, pertanto l'atto è innocuo e non si può riscontrare il reato di "falso ideologico", contestato in questo caso specifico.

 

Una sentenza, questa di Reggio Emilia del 27 gennaio scorso, destinata a far riflettere su tutta la costruzione infondata dei divieti richiesti per far fronte alla pandemia. Poichè una cosa è consigliare per gestire meglio o presumendo di gestire meglio la diffusione del contagio, altro è sanzionare i cittadini e comminare pene contro i valori del patto sociale e costituzionale. Nel nome del popolo sovrano, questo davvero non si può fare, anche se è già stato fatto, ma è illegittimo.

 

 

Commenti   

0 # RE: Lockdown e libertà: violare il DPCM non è reato. Articolo di Monica Soldanomarco_marco 2021-03-13 10:03
Il giudice di pace di Frosinone, l'anno scorso, fece cosa simile
(annullò multa) con similari motivazioni:

sentenza n. 516/20; depositata il 29 luglio 2020

http://www.dirittoegiustizia.it/news/16/0000099700/Illegittimita_della_dichiarazione_di_emergenza_e_dei_DPCM_che_limitavano_la_liberta_di_spostamento_annullata_la_sanzione_COVID_19.html

sono cose che un bravo studente di diritto, un neolaureato in
giurisprudenza, ha ben presente.

intanto però le forze dell'ordine fanno finta di niente, e non
rispediscono al mittente i dpcm e analoghe bufale, analoghi attentati ai
diritti costituzionali di ogni italiano, di ogni persona in territorio
italiano.

si guarda al passato, e si dice "eh, ma erano altri tempi, la gente non
poteva essere informata"; invece assurdità e atrocità come quelle
accadute nella prima metà del secolo scorso - per evidenza di
illecito - accadono anche oggi.

Chissà se Magaldi ha tempo di mandare una PEC all'attuale Presidente del
Consiglio (e ministri Salute/Interno/Giustizia), per rivelargli quanto
in questo articolo, e quanto correlato, e diffidarlo dall'emanare altri
DPCM o similari contenenti anaoghi illeciti, attentati ai diritti
costituzionali; invece di tante chiacchere su compagni muratori e
massoneria progressita: una PEC, una semplice e utile PEC (in copia
anche a me - grazie.)

Basta zona rossa, gialla, arancio.. amenità varie, mascherina e
coprifuoco.. tutto nel cesso.

LIBERTA'!
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0 # Libreidee.orgAndrea996 2021-03-15 15:02
...e intanto è (molto probabilmente) stato oscurato il blog Libreidee.org,di Gioele magaldi...ho chiesto informazioni in questo sito ma non ho ricevuto risposta.
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0 # data center OVH andato a fuocomarco_marco 2021-03-16 15:42
Da ricerca con WHOIS sembra che il dominio Libreidee.org (che scade il 28 marzo) fosse ospitato nel data center Hauts-de-france - Roubaix - Ovh
Sas; Ovh ha perso un data center di recente - andato a fuoco - e mi pare proprio da quel giorno libreidee sia offline.

Un articolo in tema de "Il Messaggero" del 10 marzo riportava che chi aveva domini li ospitati doveva «attivare il Disaster Recovery Plan»
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