Inserito per specifica competenza all’interno dello spazio riservato al Dipartimento Istruzione MR

Clio Thalia Erato Euterpe Polyhymnia Calliope Terpsichore UraniaClio, Thalia, Erato, Euterpe, Polyhymnia, Calliope, Terpsichore, Urania e Melpomene, sarcofago in marmo (Parigi, Louvre).



Dopo l’intervento di Marzia Ribecco sul  sistema educativo italiano e la sua evoluzione [LA SCUOLA ITALIANA, post del 26 maggio 2016], con l’articolo che segue continua il dibattito avviato dal dipartimento sul tema dell’istruzione.

Alessandra Bosco, pone qui l’accento su tre questioni fondamentali. Innanzi tutto, l’unicità dell’essere umano e l’indivisibilità della sua educazione che non può limitarsi alla mente o al corpo considerati separatamente. In questo senso, l’introduzione delle arti e in particolare della musica, a pieno campo e a pieno titolo, nel curriculum scolastico, avrebbe il potere di favorire lo sviluppo armonico dell’individuo. Infine, ad una scuola prevalentemente assertoria, la scrivente oppone una istruzione che, ad ogni livello, dall’asilo all’università, sappia ritrovare il senso del dialogo, attraverso il metodo socratico nell’insegnamento, non solo delle discipline umanistiche, ma anche di quelle scientifiche. Come si vede, tre obiettivi sicuramente validi. Tuttavia, se i primi due sembrano dipendere dalla volontà riformatrice di un paese e quindi dalle scelte politiche della classe dirigente, il terzo obiettivo appare di più difficile e complessa realizzazione, in quanto presuppone una vera e propria rivoluzione nella formazione e nel reclutamento dei docenti e non basta: sostituire il metodo tradizionale di insegnamento con un approccio ispirato al modello socratico, presuppone una sensibilità personale da parte dell’educatore che probabilmente nessun corso di formazione è in grado di trasmettere. Certo, può ben essere un obiettivo a lungo termine che una generazione può iniziare a trasmettere alla successiva. Individuata, per così dire, la piattaforma da cui rilanciare una formazione umana più degna, Alessandra Bosco affronta il problema cruciale: è possibile per le grandi potenze economiche rinunciare ad un sistema educativo funzionale al proprio modello di sviluppo, basato sul concetto di progresso inteso come crescita del Prodotto Nazionale Lordo? Insomma, per l’autrice del post che segue l’idea di una educazione capace di recuperare la formazione integrale dell’essere umano passa attraverso una rivoluzione economica in grado di modificare gli attuali parametri di riferimento. Personalmente, ritengo che anche per una società i cui valori siano orientati alla crescita produttiva, sia conveniente ridisegnare il proprio piano educativo, al fine di evitare lo spreco delle risorse umane  di cui disporre in funzione degli obiettivi da raggiungere. 

Il direttore del dipartimento (Sergio Magaldi)

 

            LA PRESENZA DELLE ARTI NEL SISTEMA EDUCATIVO

di ALESSANDRA BOSCO

 

                                                                 -PREMESSA-

 

Il riduzionismo (dalla distinzione della cartesiana res cogitans/res extensa in avanti, per intenderci) è una minaccia allo sviluppo sano e completo dell’individuo umano (in-­diviso, un unicum costituito da corpo-mente-spirito). E’ proprio in questo momento che, secondo Husserl, la scienza perde di vista la propria origine e il proprio oggetto di studio: il mondo e, nello specifico, l’individuo umano. La “cura” di questo male che affligge da qualche secolo l’Occidente, e i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti, è il ritorno a una visione “olistica” della realtà.

 

Per raggiungere tale obiettivo ritengo indispensabile partire dalla scuola e dal concetto di “multidisciplinarità”, insito in una visione totalizzante del vissuto di ognuno. Modelli pedagogici come quello di Tagore, Pestalozzi, Steiner e di altri, recuperando la prospettiva socratica già dalla metà del Settecento, hanno individuato nella pratica delle Arti (Musica in primis) la chiave di un profondo e reale sviluppo dell’Essere Umano. Avendo vissuto in prima persona le differenze tra il modello educativo Italiano – Università degli Studi di Urbino – e quello Americano – Berklee College of Music di Boston –  ho potuto confrontare “dall’interno” i pro e i contro di entrambi i sistemi. Prima di approfondire questo discorso, ecco di seguito una sintesi dell’impianto teoretico sul quale si fonda la mia tesi.

***

I tempi sempre più rapidi e il surplus di informazioni caratterizzanti la società moderna hanno portato necessariamente a un tipo di fruizione culturale diversa da quella precedente.

Per seguire la logica del profitto, i modelli educativi devono imporre una formazione fondamentalmente nozionistica e standardizzata: l’obiettivo è quello di creare individui competitivi e funzionali alla crescita del mercato. Per questo obiettivo, la specificità di ognuno non viene presa in considerazione, l’operazione maieutica viene espulsa dal processo educativo che perde così la sua proprietà fondamentale. E’ di nuovo la mente, ad essere presa in considerazione come oggetto essenziale per la proliferazione economica e la crescita produttiva della nazione. Non sono le capacità del singolo a venire valorizzate, portate alla luce, al fine dell’educazione alla specificità (dunque della consapevolezza di sé) e alla conoscenza della reciproca diversità all’interno della classe: un passo verso la consapevolezza del diverso da sé.

Il progresso, in questi termini, sembra arrestare lo sviluppo delle facoltà umane al di là di quella razionale, a partire dalla creatività.

Uno dei problemi fondamentali della modernità sta nel totale sconvolgimento di un processo essenziale per l’essere umano, un processo il cui mancato compimento porta a una profonda crisi interna all’individuo stesso e nel rapporto con il sociale. L’elemento che entra in crisi è quello che rende un individuo tale, elevandolo rispetto allo statuto di “persona” riconosciutogli dalla società moderna: l’identità. Il concetto di “identità”, all’interno di una prospettiva sociologica, è un processo costituito da due momenti: individuazione e identificazione.

Il processo di individuazione è costituito dalla capacità dell’individuo di osservare

una distinzione tra sé e l’altro da sé; la maieutica è fondamentale per la riuscita di questo primo passaggio, più avanti vedremo perché, e insieme quali possono essere, oggi, gli strumenti con cui realizzarlo.

L’identificazione – cui segue l’individuazione – è la disponibilità da parte dell’individuo ad aderire a un gruppo, sentendosi parte di un’entità più ampia di sé, trascendente.

In entrambe le fasi, l’individuo ha bisogno dell’altro-da-­sé per capire chi è; una volta che questa consapevolezza raggiunge una certa stabilità e solidità, l’individuo non avrà problemi di sorta a mischiarsi e confrontarsi con l’altro e con la comunità. L’identità è il risultato della reciproca interazione tra questi due processi, all’interno del quale viene privilegiato ora l’uno ora l’altro, mantenendo tuttavia un equilibrio senza il quale tale processo verrebbe inevitabilmente danneggiato. Così come accade in una società in cui il senso comunitario sia più forte della dignità dell’individuo – è il caso di integralismi religiosi o politici, ad esempio – e il senso del sé si perde nell’idea del “noi”, spesso contro un “loro”.

Nella società moderna – quella occidentale e occidentalizzata, in modo particolare – avviene l’opposto: la mancanza di luoghi di identificazione porta a un esasperato individualismo e fomenta il mito post-­industriale del “solo contro tutti”.

In precedenza si è accennato al metodo della maieutica socratica.

La centralità di questo tipo di approccio nell’educazione scolastica, caratterizzato

dall’interrogazione critica del mondo – esterno ma anche interiore, aggiungerei – si fa ancora più pressante nella retorica, spesso e volentieri demagogica, imperante nelle democrazie odierne.

L’ideale socratico di interrogazione critica dovrebbe costituire oggi il fondamento non solo dell’educazione umanistica ma anche di quella scientifica al fine di incoraggiare il ragionamento autonomo degli studenti e la loro capacità di pensare creativamente, affrancandosi dal conformismo verso la tradizione e l’autorità. È per questo che Martha Nussbaum ritiene la capacità di interagire con il metodo socratico fondamentale per le democrazie.

L’ideale socratico si trova in forte contrasto con gli obiettivi delle potenze economiche mondiali, indubbiamente basati sulla massimizzazione del profitto e del progresso.

E’ il caso di soffermarsi proprio su che cosa voglia dire “progresso”.

E’ facile trovare questo termine associato alle nuove conquiste tecnologiche, ma è ancora più facile trovarlo in ambito economico, usato non di rado per giustificare scelte dannose per l’ambiente naturale e umano.

Lo standard riconosciuto dagli economisti di tutto il mondo, specialmente da qualche anno a questa parte, è l’equazione secondo la quale il progresso debba corrispondere alla crescita del Prodotto Nazionale Lordo (Pnl). Non vengono presi in considerazione le libertà politiche, gli indici di salute, di informazione, di istruzione, delle sacche di povertà, per riconoscere il benessere di un paese: tra i molti esempi, basti ricordare l’Africa del periodo dell’apartheid che era in cima agli indici di sviluppo o la Cina, il cui successo economico non si può certo coniugare con la libertà politica e sociale.

Il sistema economico, in quanto tale, non può funzionare se non tramite la propria distinzione intrinseca: guadagno/non guadagno, e non è strutturalmente in grado di osservare i danni devastanti che comporta all’ambiente umano e al modello di organizzazione sociale di tipo democratico.

Lo sviluppo di una nazione corrisponde alla sua crescita economica e l’educazione alla capacità di pensiero critico appare una perdita di tempo “se tutto ciò che vogliamo sono risultati di natura quantificabile in termini commerciali”: si tratta di ore di lezione tolte alle materie “concrete”.

Il fatto che il sistema scolastico segua queste scelte di “velocizzazione” è ben visibile anche nell’adozione di test standardizzati, rapidamente valutabili, dove ogni possibilità di espressione personale viene costretta tra confini stabiliti da qualcun altro.

Il metodo socratico porta alla capacità di riflettere criticamente e ad acquisire gli strumenti per partecipare attivamente alla vita della propria comunità e della propria democrazia; il primo rischio nel non sviluppare questo know-­how è quello di non avere chiare le proprie posizioni, le proprie opinioni, i propri obiettivi, cosa che invece il ragionamento socratico permette di avere.

Da qui deriva il rischio di manipolazione – soprattutto in una società altamente mediatizzata come quella odierna – in quanto, laddove manchi la capacità di ragionamento critico, la prima tentazione è quella di affidarsi “agli esperti”, all’opinione dell’istituzione o dei media, specialmente in questo momento storico di grave crisi delle istituzioni, specialmente in Italia, finendo così con l’accettare una verità non sottoposta a esame critico ma, per così dire, preconfezionata.

Il passo successivo più facile da compiere è quello del “lasciare decidere gli altri”, che si tratti di un capo carismatico o di una opinione diffusa tra i propri pari. Il ragionamento socratico, al contrario, è indipendente dall’autorità, in quanto fa padroni del proprio ragionamento mantenendo un atteggiamento umile e di “dotta ignoranza” nei confronti dell’altro da sé.

Bibliografia essenziale:

Martha Nussbaum, Non per profitto, Il Mulino, 2010

Niklas Luhmann – Raffaele De Giorgi, Teoria della società, Milano, Franco Angeli,1991

Giuliano Piazzi, Il Principe di Casador, Urbino, Quattro Venti, 2003

Edmund Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, Milano, Il Saggiatore, 2008

( Articolo del 2 giugno 2016 )

Aggiungi commento


Codice di sicurezza
Aggiorna