Inserito per specifica competenza all’interno dello spazio riservato al Dipartimento Istruzione MR

Scuola Atene 5507eLa Scuola di Atene [Raffaello Sanzio, 1509-1510. Affresco 770×500 cm] Stanza della Segnatura- Musei Vaticani

Con l’articolo che segue ha inizio il dibattito sul tema della scuola italiana che il Dipartimento Cultura del Movimento Roosevelt intende affrontare nella prospettiva di individuare una piattaforma programmatica da sottoporre all’approvazione di una delle prossime assemblee generali del movimento. Non si tratta tanto di proporre l’ennesima riforma della scuola, quanto piuttosto di individuare gli obiettivi comuni dei rooseveltiani per rilanciare all’esterno significativi correttivi dell’attuale prassi scolastica.

Marzia Ribecco [Dipartimento Cultura MR] espone di seguito e in rapida sintesi la tormentata vicenda delle riforme scolastiche per soffermarsi, dal suo punto di vista, sui limiti denunciati dalla cosiddetta “buona scuola” nel suo primo anno di attuazione. Nel sollecitare gli interventi degli iscritti del movimento su questo aspetto cruciale che mette a confronto teoria e prassi della riforma, mi limito ad osservare che la critica mi sembra valida su alcuni punti, esageratamente polemica su altri, come per esempio allorché si lamenta “la centralità del preside nella selezione dei docenti” e il rischio di un “conflitto di interessi nelle assunzioni e la possibile conseguente deriva legata alla corruzione” da parte del capo di istituto. Non tanto perché ciò non possa accadere [anche se il preside sceglie i docenti sulla base di graduatorie, come sin qui hanno sempre fatto i provveditorati scolastici],quanto perché quelli paventati sono purtroppo i possibili “incidenti di percorso” di qualsiasi manager, pubblico e privato. Il problema è semmai un altro: quello di un’adeguata formazione del preside-manager, la cui conoscenza si limita spesso alle materie di cui in precedenza è stato docente, senza alcuna cognizione di pratiche manageriali e solo con qualche nozione – appresa all’ultimo momento per presentarsi al concorso – di psicologia, di sociologia e di diritto pubblico, privato e amministrativo. Infine, pur apprezzando questo primo intervento, è auspicabile anche un confronto circa i contenuti e i metodi di insegnamento sui quali questa ennesima riforma della scuola resta volutamente generica.

Il direttore del dipartimento (Sergio Magaldi)

 

 

 



IL SISTEMA EDUCATIVO ITALIANO E LA SUA EVOLUZIONE

ATTRAVERSO LE RIFORME DEI GOVERNI

DAL 1859 SINO ALL’ATTUALE RIFORMA


di MARZIA RIBECCO

La scuola italiana, sin dai suoi albori e per un lungo arco di circa 150 anni, è stata attraversata da iniziative riformistiche che ne hanno spesso cambiato radicalmente l’assetto, mirando prevalentemente al raggiungimento di obiettivi sociali ed economici, dettati sempre dalle strategie e dalle finalità politiche dei governi che le hanno attuate.

E’ in tal senso esplicativo il fatto che la prima riforma nota col nome di Legge Casati (13 novembre 1859), rappresentasse il punto culminante dello sforzo organizzativo, profuso dal Regno, nell’amministrazione dell’insegnamento pubblico e soprattutto divenne il primo concreto tentativo di onorare il celebre aforisma del marchese Massimo D’Azeglio: “L’Italia è fatta, facciamo gli italiani”.

Gli obiettivi da raggiungere erano essenzialmente due: garantire da un lato una semplice alfabetizzazione elementare dei ceti popolari, dall’altro puntare sulle Università e sui Licei classici per la formazione della classe dirigente.

Nella medesima direzione proseguirono le successive Leggi Coppino (15 Luglio 1877) e la riforma Gentile (1923), che prese nome dal suo ispiratore, il filosofo neoidealista e Ministro della Pubblica Istruzione del governo Mussolini, Giovanni Gentile.

“La più fascista” delle riforme, come la definì Mussolini, rimase sostanzialmente in vigore e inalterata anche dopo l'avvento della Repubblica, fino a quando il parlamento italiano, con la legge del 31 dicembre 1962, n. 1859, abolendo la scuola di avviamento, creò la cosiddetta scuola media unificata.

Così si pronunciava Giuseppe Bottari, ministro dell’Educazione Nazionale Fascista, in merito alla riforma Gentile:”Il fine della presente riforma è quello di trasformare la scuola, che è stata finora possesso di una società borghese, in scuola del popolo fascista e dello Stato fascista: del popolo che possa frequentarla, dello Stato che possa servirsene per i suoi quadri e per i suoi fini”.

Dunque la riforma promossa da Gentile intendeva negare i nessi con la psicologia e con l'etica: nel pensiero idealista del filosofo l'educazione doveva essere intesa come un divenire dello spirito stesso, il quale realizzava così la propria autonomia. Alla base di questa impostazione c'era una concezione aristocratica della cultura e dell'educazione, che dovevano puntare, infatti, su una scuola superiore riservata a pochi, considerati i migliori, e vista come strumento di selezione della futura classe dirigente.

Come già accennato di sopra, a parte poche varianti, la struttura della scuola rimase quella formulata dal filosofo Gentile fino agli anni Sessanta del secolo scorso. L’ipotesi di un cambiamento venne affermandosi solo con lo sviluppo della tecnologia che allargava la sua influenza nelle fabbriche e con l’esigenza di poter disporre di nuovi diplomati e di nuovi tecnici nella vita di ogni giorno. Infatti, alla vigilia della stagione del centro-sinistra, l’Italia del boom economico, del decollo televisivo e dell’incipiente consumismo opulento si ritrovava con una scuola “invecchiata” e incapace di entrare in reale sintonia con un Paese che cambiava e voleva mantenersi al passo con i tempi.

Pertanto, per far fronte alle esigenze imposte dalla rinnovata realtà economico-sociale dell’Italia, il 31 dicembre del 1962 con la legge n.1859, si istituì la nuova Scuola media unificata. Qualcuno l'ha definita la più importante riforma scolastica del dopoguerra e, dopo sessant'anni, è una definizione che tutto sommato le calza ancora a pennello. Va detto subito che essa trovava i suoi presupposti in alcuni articoli mai attuati della Costituzione Repubblicana: nello specifico si diede finalmente seguito all'articolo 34 (istruzione obbligatoria per almeno otto anni), con la fascia dell'obbligo, elevata fino all'età di 14 anni e completamente gratuita.

Proprio a seguito della riforma del 1962, la scuola più che una mera funzione propedeutica, iniziò a svolgere una funzione formativa, orientata nell’offrire occasioni di sviluppo della personalità in tutte le direzioni e in relazione ai successivi gradi scolastici.

Con l’avvento dei Decreti Delegati – frutto delle manifestazioni studentesche del ’68 – emanati tra gli anni Settanta e Ottanta, si aprì una nuova fase sperimentale in grado di introdurre modifiche nei percorsi di studio, nei contenuti e nei metodi di tutte le tipologie scolastiche, ma soprattutto furono istituzionalizzati:

1) i rapporti scuola-famiglia;

2) fu valorizzata la funzione educativa di entrambe

3) si fece per la prima volta strada una nuova concezione della scuola, intesa come istituzione da ricomprendere in una più vasta comunità sociale in continua evoluzione.

Ma è negli anni Novanta che iniziò una vera e propria “frenesia riformatrice”, in coincidenza con gli accordi di Maastrischt (1992) e con la nascita dell’UE: l’istruzione e la formazione furono definite dagli Stati Membri, Italia compresa, materie da trattare con sistemi diversi, ma sempre per il conseguimento di obiettivi comuni.

Nell’incontro di Lisbona (2000) il Consiglio europeo riconobbe che l’Unione si trovava dinanzi ad una svolta epocale risultante dalla globalizzazione e dall’economia fondata sulla conoscenza.

Su questa base la Commissione europea elaborò un progetto sui traguardi comuni per i diversi sistemi U.E. di istruzione e formazione: tali traguardi si tradussero nei tre obiettivi strategici fissati durante i successivi incontri a Stoccolma (2001) e a Barcellona (novembre 2002):

1.   Migliorare la qualità e l’efficacia dei sistemi di istruzione e formazione;

2.   Facilitare a tutti l’accesso ai suddetti sistemi;

3.   Aprire i sistemi di formazione e istruzione al resto del mondo.

Per raggiungere questi fini divenne indispensabile puntare su:

1) Conoscenza più qualificata;

2) Innovazione;                                                                       

3) Formazione di “Capitale umano”;

4) Apprendimento e aggiornamento delle competenze lungo tutto l’arco della vita.

Nel nuovo contesto europeo delineato dagli obiettivi di Lisbona, Stoccolma e Barcellona, si impose anche in Italia l’esigenza di una riforma della scuola che garantisse al nostro Paese di inserirsi a pieno titolo nel quadro europeo. Si sono così susseguite, nell’arco di circa un ventennio, una serie di misure legislative tese ad aggiornare il nostro sistema scolastico, ma soprattutto in linea con le strategie dettate dal Consiglio europeo in materia di istruzione e formazione.

Queste a dir poco “febbrili” iniziative riformistiche, portate avanti da diversi governi italiani, videro la luce a partire dal 1996, con l’on. Berlinguer, allora ministro della pubblica istruzione, per arrivare al 2015 con l’attuale ministro dell’istruzione, l’on. Stefania Giannini, artefice della recentissima riforma della: “Buona Scuola”.

Così scriveva sul social network Twitter il ministro Giannini lo scorso 9 Luglio 2015 a pochi minuti dall’approvazione della riforma: ”La Buona Scuola è legge. Il Sì di Montecitorio non è un atto finale ma un atto iniziale di un nuovo protagonismo della scuola italiana”

Il day after del voto alla Camera sulla "Buona scuola", ha indubbiamente consegnato ai posteri un sistema di istruzione diverso da quello che siamo stati abituati a conoscere finora.

Ecco i punti principali della riforma così come spiegati e parzialmente attuati dal governo Renzi.

·         1. MAI PIÙ' PRECARI NELLA SCUOLA: un piano straordinario per assumere 150 mila docenti a settembre 2015 e chiudere le Graduatorie ad Esaurimento.

·         2. DAL 2016 SI ENTRA SOLO PER CONCORSO: 40 mila giovani qualificati nella scuola fra il 2016 e il 2019. D’ora in avanti si diventerà docenti di ruolo solo per concorso, come previsto dalla Costituzione. Mai più ‘liste d’attesa’ che durano decenni.

·         3. BASTA SUPPLENZE: garantire alle scuole, grazie al Piano di assunzioni, un team stabile di docenti per coprire cattedre vacanti, tempo pieno e supplenze, dando agli studenti la continuità didattica a cui hanno diritto.

·         4. LA SCUOLA FA CARRIERA: QUALITÀ, VALUTAZIONE E MERITO: scatti, si cambia: ogni 3 anni 2 prof. su 3 avranno in busta paga 60 euro netti al mese in più grazie ad una carriera che premierà qualità del lavoro in classe, formazione e contributo al miglioramento della scuola. Dal 2015 ogni scuola pubblicherà il proprio Rapporto di Autovalutazione e un progetto di miglioramento.

·         5. LA SCUOLA SI AGGIORNA: FORMAZIONE E INNOVAZIONE: formazione continua obbligatoria mettendo al centro i docenti che fanno innovazione attraverso lo scambio fra pari. Per valorizzare i nuovi Don Milani, Montessori e Malaguzzi.

·         6. SCUOLA DI VETRO: DATI E PROFILI ONLINE: online dal 2015 i dati di ogni scuola (budget, valutazione, progetti finanziati) e un registro nazionale dei docenti per aiutare i presidi a migliorare la propria squadra e l’offerta formativa.

·         7. SBLOCCA SCUOLA: coinvolgimento di presidi, docenti, amministrativi e studenti per individuare le 100 procedure burocratiche più gravose per la scuola. Per abolirle tutte.

·         8. LA SCUOLA DIGITALE: piani di co-investimento per portare a tutte le scuole la banda larga veloce e il wifi. Disegnare insieme i nuovi servizi digitali per la scuola, per aumentarne la trasparenza e diminuirne i costi.

·         9. CULTURA IN CORPORE SANO: portare Musica e Sport nella scuola primaria e più Storia dell’Arte nelle secondarie, per scommettere sui punti di forza dell’Italia.

·         10.LE NUOVE ALFABETIZZAZIONI: rafforzamento del piano formativo per le lingue straniere, a partire dai 6 anni. Competenze digitali: coding e programmazione nella primaria e piano “Digital Makers” nella secondaria. Diffusione dello studio dei principi dell’Economia in tutte le secondarie.

·         11.FONDATA SUL LAVORO: alternanza Scuola-Lavoro obbligatoria negli ultimi 3 anni di istituti tecnici e professionali per almeno 400 ore l’anno, mentre per almeno 200 ore annue nei licei, estensione dell’impresa didattica, potenziamento delle esperienze di apprendistato sperimentale.

·         12.LA SCUOLA PER TUTTI, TUTTI PER LA SCUOLA: stabilizzare il Fondo per il Miglioramento dell’Offerta Formativa (MOF), renderne trasparente l’utilizzo e legarlo agli obiettivi di miglioramento delle scuole. Attrarre risorse private (singoli cittadini, fondazioni, imprese), attraverso incentivi fiscali e semplificazioni burocratiche.


Il primo anno scolastico (2015/2016), che “ha collaudato” la riforma RENZI-GIANNINI, volge ormai al termine per quasi otto milioni di ragazzi e circa 800 mila insegnanti. È stato un anno di transizione molto importante, perché ha evidenziato non pochi limiti e che La BUONA SCUOLA è ancora tutta da costruire:
 
1.   Le assunzioni del corpo docente precario, per il momento non ancora completate, hanno per lo più ubbidito a “stranissime logiche di inserimento”, con personale docente che dal sud è stato chiamato ad occupare cattedre al nord e viceversa.

2.   Solo un esiguo numero di Istituti ha avuto modo di godere subito dei fondi di funzionamento, mentre sono paradossalmente mancati gli insegnanti qualificati per il potenziamento.

3.   La valutazione dei docenti e l’alternanza scuola/lavoro sono divenute realtà, ma le polemiche sui comitati interni e l’assenza di indicazioni pratiche hanno rallentato la partenza di due punti cardine della riforma.

4.   La centralità del preside nella selezione dei docenti. Il dirigente scolastico è infatti chiamato a gestire autonomamente le risorse umane, finanziarie, tecnologiche e materiali a disposizione e, in questa gestione autonoma dell’organico e delle attività scolastiche, si farà rientrare anche il premio di merito che egli potrà decidere di assegnare ai professori più meritevoli. Dal 2016 sono stati stanziati duecento milioni annui allo scopo. Nella riforma non vengono però indicate le variabili sulle quali si dovrebbe basare tale giudizio di selezione del corpo docente e appaiono anche piuttosto limitate le incompatibilità dirette ad evitare il problema del conflitto di interessi nelle assunzioni e la possibile conseguente deriva legata alla corruzione. Le incompatibilità non dovrebbero infatti limitarsi ad un generico divieto di assunzione relativo ai rapporti di parentela, affinità e coniugio del vertice dell’istituzione, ma è opportuno che si estendano all’ambito della complessiva posizione personale, economica e politica del dirigente scolastico e dei rapporti economici intrattenuti da terzi con lo stesso Istituto Scolastico.

5.   La carenza di presidi che eserciteranno funzioni sempre più rilevanti e docenti di sostegno.

6.   La cosiddetta “vecchia guardia” di docenti, che occupa da anni le cattedre di insegnamento e con non pochi privilegi e diritti, a causa del reiterato rinvio dell’età di pensionamento, rimarrà ancora per molto tempo in cattedra e “la Buona Scuola”, pur così attenta al rinnovamento e all’innovazione di una didattica che garantisca allo studente una formazione di migliore qualità, non ha previsto, né concretamente attuato per i suddetti docenti alcun tipo di aggiornamento che li abiliti e li renda idonei a svolgere il loro ruolo; di contro ha invece istituzionalizzato un lungo e costoso iter di formazione ed abilitazione per gli aspiranti insegnanti neolaureati. Ritengo si debba cogliere proprio in questo punto la falla più significativa per una buona riuscita e attuazione della riforma Renzi-Giannini.

Alla luce dei limiti emersi da questo primo anno scolastico, iniziato e proseguito all’insegna di molte incertezze, diventa doveroso riflettere su un interrogativo che appare più che lecito: “Ma la scuola di Matteo Renzi sarà davvero poi così valida e buona?”

( Articolo del 26 maggio 2016 )

 

Commenti   

+1 # NONO SI RIESCE A FARE LA VERA "SCUOLA PER TUTTI"Mario Caruselli 2016-05-30 15:20
Sono nella scuola da 32 anni ed ho visto realmente tutte le cose di cui parliamo dall'osservatorio privilegiato del centro di Milano. La scuola italiana è nata come scuola di nobilotti e ricchi di campagna e non riesce a cambiare. Fino a qualche anno fa la maggior parte dei miei colleghi alla domanda: "A cosa serve la scuola" rispondeva inequivocabilmente: "Ad allenare la mente", Confessando così con disarmante ingenuità che i professori erano consapevoli che le loro lezioni non servissero a nulla. Adesso questa concezione inizia ad essere in crisi, ma al suo posto nessuno sa cosa mettere. L'autoritarismo presentato dalla riforma Renzi fa più ridere che piangere dal momento che tutti si sono resi conto che si tratta di un polverone per rimandare l'incapacità di risolvere i problemi veri. Primo tra tutti: lo stipendio dei professori italiani che è circa la metà di quello dei colleghi nel mondo e un terzo dei colleghi Belgi o di quelli Svizzeri a 5Km. da Como. prof. Mario Caruselli
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0 # A cosa serve la scuola?Alessandra Vitali 2017-03-07 07:01
Perché insegnate non può essere (solo) un lavoro.
L insegnante ha una responsabilità enorme e qyesta responsabilità viene traditta necessariamente in dovere.
Si parte dalle elementari ed è insopportabile che mua figlua dopo 7 mesi di scuola primaria, al.primo anno, mi dica la mattina che a scuola non vuole andare. È noiosa, e mi permetto di dire senza troppe remore., che sono noiosi gli insegnanti.
Quelle lezioni non servono a nulla perche non servono agli insegnanti, stanchi e demotivati?
Forse, ma il loro compito è plasmare le menti dei bbini, che poi diventeranno adulti.
Il ragazzo deve essere motivato e non annoiato: metodi di studio obsoleti quando ci sono e pressocge assenti, sostituiti dai metodi caserecci e improvvisati da genitori messi peggio dei figli.
Io lo sto vivendo.
E sono affranta e rammaricata perche non posso fare altro che imporre a mia figlia tutto questo.
Mi sento sola ad affrontare tutto questo che è importantissimo per il nostro domani, per il loro futuro.
Le basi che stiamo costruendo per questi ragazzi sono di pastafrolla.
Alessandra Vitali.
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