Cari amici, ho riflettuto e meditato negli ultimi giorni sulle scelte da intraprendere, evitando di rispondere istintivamente al fine di sedimentare un quadro d’insieme il più pacato e oggettivo possibile. Ho quindi deciso di presentare, con animo sereno e senza alcun intento polemico, le mie irrevocabili dimissioni dalla carica di Segretario Generale del MR, conservando la qualità di semplice iscritto. Un movimento politico, per quanto meta-partitico, può crescere solo se sorretto da un clima di armonia e condivisione. Sono certo che la scelta di un nuovo Segretario, portatore di una  weltanschauung più aderente rispetto alla aspettative del Presidente Gioele Magaldi, consentirà al Movimento di ritrovare nuovo slancio in vista dei prossimi importanti traguardi. Non mi dimetto in conseguenza degli ultimi articoli postati, per molti aspetti a dir poco ingenerosi, ma perché convinto di non poter più perseguire con costrutto la ricerca di una sintesi politica all’interno dell’attuale architettura che contraddistingue la nostra associazione. Non condivido affatto, inoltre, la scelta di tacitare ed impedire un utile confronto nel merito al fine di migliorare uno Statuto reputato da più parti lacunoso ed irricevibile, ciononostante il pubblico e solenne impegno preso in senso contrario, alla presenza di tutti i soci fondatori, nel corso della prima assemblea svoltasi a Perugia il 21 marzo scorso. Sono legato a Gioele Magaldi da profondi e non retorici sentimenti di amicizia che non possono essere cancellati da qualche articolo stonato. In questi ultimi anni, trascorsi confrontandomi pressoché quotidianamente con Gioele, ho interiorizzato una precisa e forte narrazione delle dinamiche del potere. Penso che Gioele Magaldi sia un formidabile ideologo ed uno straordinario interprete delle regole che dominano il mondo attuale e contemporaneo; allo stesso modo non sono però convinto che tali inestimabili talenti possano trasformarsi in automatico nella capacità di esercitare una leadership politica in senso stretto. La gestione pratica delle prime e scontate conflittualità interne al Movimento non ha fatto altro che rafforzare il mio già solido convincimento. La criminalizzazione di un dissenso pacato, peraltro enfatizzata in maniera alquanto singolare, non aiuta la crescita del Movimento stesso. Questo tipo di approccio comunicativo, per essere accolto, presuppone l’accettazione di canoni, regole, metodi e schemi tipici a mio avviso di società più “spirituali” che “politiche”. In questa ottica, anche i recenti aspri articoli contenenti “diffide” e “pubblici ammonimenti”, rivolti sia all’indirizzo del Segretario Generale che di altri soci (specie di quelli facenti parte della ex Commissione Statutaria, ai quali desidero rivolgere il mio pubblico apprezzamento per il lavoro svolto con autonomia e competenza) trovano una ratio che effettivamente non può essere colta da tutti con facilità. Sono certo ad esempio del fatto che i ripetuti improperi riservatimi da Gioele Magaldi non siano frutto di una intenzionalità malefica, espressione cioè di un desiderio sadico e malsano fine a se stesso. Al contrario, penso che l’elemento intimo che muove gli articoli vergati da Magaldi sia in realtà il risultato di un processo psicologico interno finalizzato alla ricerca di un obiettivo avvertito sinceramente come “nobile” e “giusto”. Ritengo che Magaldi tenda cioè inerzialmente a calarsi nei panni del Maestro che, alle volte, per “meglio lavorare la pietra dell’interlocutore”, si trova suo malgrado costretto a colpirlo al fine di “scuoterlo per farlo rinascere migliore e purificato”. Lo studio – da profano- di questo tipo di approccio mi ha certamente arricchito. E di questo non posso che ringraziare Gioele. Penso però che tale forma mentis, calata all’interno di un contesto prettamente politico, non solo non funzioni affatto, ma faciliti il progressivo cristallizzarsi di un modello organizzativo che difficilmente potrà mai dare vita ad un “fenomeno di massa”. Non pretendendo che Gioele cambi impostazione in pochi mesi, ritengo sia giusto che faccia io ora un passo indietro. Non reputo poi sano neppure il tipo di interrelazione che si pretende di instaurare tra un Ufficio di Presidenza vissuto di fatto come centro di elaborazione suprema, ideale e concettuale, e una Segreteria Generale chiamata a svolgere prontamente il ruolo di braccio operativo al servizio delle idee partorite dall’Ufficio principale. E’ normale, ad esempio, invitare con piglio decisionista la Segreteria Generale ad attivarsi al fine di realizzare in automatico un evento pensato da un non socio che, per prima cosa, si premura di chiamare i vertici del Movimento stesso per chiedere con forza che non venga associato il suo nome al nostro? Non sarebbe stato più giusto e politicamente prudente accertarsi prima dell’effettivo stato dell’arte, e solo poi semmai veicolare un pubblico appello al riguardo? Io credo di sì. Queste criticità rappresentano l’ovvio e scontato risultato derivante dall’aver immaginato e costruito il Movimento secondo un modello piramidale non funzionale alle esigenze di un meta-partito. Anche rispetto alla strategia politica le nostre idee divergono alquanto. Io ritengo prioritario rafforzare l’azione amministrativa laddove si è già vinto (per questo ho accettato l’invito rivoltomi da Pedà per governare insieme Gioia Tauro), per poi presentare lo stesso schema nei Paesi adiacenti in prossimità del voto. Questo non vuol dire trascurare la strutturazione del Movimento nel resto d’Italia, significa solo stabilire una scala di priorità in grado di permettere a realtà diverse di procedere a velocità conformi rispetto all’effettiva forza del Movimento nel singolo territorio di pertinenza. L’Ufficio di Presidenza sembra invece prediligere un indirizzo politico decisamente differente. In conclusione preciso di dimettermi da solo, non avendo invitato nessuno a fare altrettanto. Ricadono naturalmente solo su di me, e non sugli ottimi componenti della mia Segreteria Generale, tutti i possibili errori commessi in questi primi tre mesi di vita del Movimento. Saluto e ringrazio tutti i soci, con molti dei quali ho instaurato un rapporto umano che travalica il perimetro della politica, con stima, amicizia e affetto sincero.

Un caro abbraccio,

Francesco Maria Toscano

(articolo del 3 luglio 2015)

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