News dal Dipartimento Geopolitica

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DIPARTIMENTO GEOPOLITICA & DIFESA

Il bilancio della Difesa con il…bilancino.

(tra “pacifisti” e “guerrafondai”)

 

         La Nato vorrebbe che l’Italia destinasse alle spese per la difesa circa il 2% del PIL entro il 2024. Tale obiettivo è giustificabile, realizzabile, auspicabile o no?

         La maggior parte degli italiani non è a conoscenza della reale consistenza dei bilanci della Difesa e dell’impatto sui conti dello Stato, poiché, anche qualora fossero veramente interessati, le cifre, e specialmente le percentuali sul PIL che di volta in volta leggono, sono molto differenti e si basano su criteri diversi in base spesso a quello che si vuol dimostrare a seconda delle idee in merito. I pacifisti frequentemente lo gonfiano cambiando parametri di riferimento e chi ha interesse a evidenziarne l’inadeguatezza fa l’operazione opposta. In realtà, sulle cifre, possono avere ragione tutti e due a seconda di come si vuole impostare l’analisi.

         Prima di tutto bisogna puntualizzare che alle spese per la difesa concorrono vari centri di spesa che non sono inquadrati nel Ministero, come MISE o MIUR o i fondi per le missioni all’estero(MEF).  A sua volta la Difesa si fa carico di varie spese che non hanno una funzione in tal senso, come a esempio il rifornimento idrico delle isole minori, sacrari militari o la totalità delle spese dell’Arma dei Carabinieri.

In più alcuni parametri per definire le spese della difesa sono diversi se si calcolano in base a “tabelle” nazionali o NATO. Ad esempio la NATO non considera spese per la difesa quelle delle missioni all’estero e divide a metà quelle per i Carabinieri, tenendo presente che l’Arma appunto ha una funzione duale (in realtà l’impiego dei Carbinieri in funzione della difesa in senso stretto è minoritario e si riduce ad alcuni reparti d’elite che possono essere impiegati in ambedue i ruoli, come i GIS e le due brigate mobili, dove sono inseriti il battaglione paracadutisti Tuscania, nonché il settimo e  il tredicesimo reggimento “Friuli Venezia Giulia” impiegati prevalentemente nelle missioni all’estero).

Il bilancio della difesa in senso stretto, cioè le spese del ministero devolute essenzialmente al compito istituzionale è chiamato funzione difesa.

Vediamo allora le spese che concorrono alle varie voci.

Funzione Difesa 14,086 mld€ 0,79 sul PIL
Carabinieri 6,415  
Forestale 0,467  
Interv. non connessi operatività 0,458  
Totale1 21,432 1,21
MISE 2,756 mld  
MEF 0,997 mld  
Totale 2 25,185 mld 1,42
Totale Difesa effettivo 18,2 1,02

 

Interventi non connessi con operatività: es. i rifornimenti idrici alle isole minori e altre voci come sacrari ecc..

         In realtà a questi stanziamenti vanno aggiunti quelli del Ministero per lo Sviluppo economico (MISE) Sono fondi destinati al procurement e al finanziamento dei settori industriali militari ad alta tecnologia (come la progettazione, lo sviluppo e in parte l’acquisizione di mezzi navali, aerei e blindati es. le fregate classe Bergamini, l’aereo Typhoon, i veicoli blindati Freccia e  Centauro2, o il missile a.a. CAMM-ER che era stato momentaneamente bloccato da Di Maio) e quelli del MEF per le missioni all’estero. Qualcuno potrebbe chiedersi perché parte dei fondi della difesa, nella fattispecie quelli relativi ai sistemi d’arma e allo sviluppo di nuove tecnologie, sono spesi dal Ministero per lo Sviluppo Economico. In realtà i fondi spesi in questi specifici “settori” sono quelli che “rendono” di più in assoluto. Il ritorno è di 2,5-2,6, cioè ogni un euro di stanziamento fa aumentare il PIL di 2,5-2,6 euro. Nessun altro settore riesce a creare maggior valore aggiunto. I fondi totali della difesa quindi sarebbero di circa 25,185 miliardi. Se ci mettiamo altri fondi non contabilizzati e non esattamente quantificabili come ricerche avanzate in collaborazione con il MIUR (Scuola Superiore S. Anna di Pisa per esempio, che attualmente sta sperimentando radar fotonici) e altre spese minori potremmo ipotizzare un totale di 25,2-25,3 miliardi circa. Ma quante sono le spese effettive dello strumento difesa per la difesa in senso stretto?

Possiamo ipotizzare che le spese in funzione difesa dei carabinieri siano di circa 0,3 miliardi di euro, quindi sommandoli al MISE al MEF, alla funzione difesa vera e propria, e, come ipotesi personale, a qualche manciata di milioni di fondi riservati da parte della Presidenza del Consiglio (missioni coperte, servizi informativi ecc) o di altri apparati dello stato, arriviamo a circa 18,2 miliardi di euro. Sono tanti? Sono pochi?

Per capirlo dobbiamo considerare una serie di parametri: le spese per la difesa in rapporto al PIL, in termini assoluti cosa ci aspettiamo e vogliamo dalla Difesa, l’efficienza dello strumento (anche come capacità di massimizzare le risorse economiche a disposizione), la situazione geopolitica, il confronto con gli altri paesi e come sono suddivise le spese per la difesa. Naturalmente le percentuali che si trovano on line o comunque in letteratura variano anche di molto, a seconda di cosa si vuol porre in evidenza, così come possono variare quelle degli altri stati; ovviamente chi ha interesse a mostrare che l’Italia spende troppo mette proprio tutto nel calderone o… divide il bilancio in dollari con il PIL in euro(!), chi ha interesse a far vedere che si spende troppo poco considera solamente le spese della funzione difesa, quindi, a seconda delle fonti, sembra quasi ci si riferisca a paesi diversi. Alcune fonti citano un aumento molto sostenuto del bilancio della Difesa italiano in questi ultimi anni, in realtà è un artificio contabile, poiché l’Italia forniva alla NATO i dati delle spese della Difesa senza contabilizzare quelle del MISE, che ora, correttamente, sono inserite. Infatti in un solo anno erano (sempre secondo le tabelle NATO) aumentate di circa 2,5 miliardi di euro. Negli ultimi dieci anni invece, secondo le tabelle citate sopra, le nostre spese totali per la difesa sono calate del 14%. In percentuale tra i paesi più importanti siamo secondi come calo solamente agli USA e a UK con il 17% ciascuno. Ad esempio le spese cinesi sono aumentate dell’83%., quelle indiane del 29%, le turche del 65%, le russe del 27%. I parametri, come abbiamo visto, potrebbero variare a seconda di quello che viene preso in considerazione, sta di fatto però che nel 2008, prima della crisi, il bilancio della sola funzione difesa superava i 15,4 miliardi di euro e ora non raggiunge i 14,1 miliardi, con una diminuzione netta quindi di circa 1,3 miliardi di euro, cifra che risulta in realtà molto maggiore se teniamo presente anche l’inflazione di questo periodo che, seppur bassa, c’è comunque stata (in 10 anni l’euro si è svalutato di circa il 19%: fonti ISTAT)

Quindi in base a un PIL previsto per il 2019 di 1778 mld di euro (che non raggiungeremo in quanto sarà minore) la percentuale della sola funzione Difesa è dello 0,79, della Difesa nel complesso  1,21 quella “totale”  1,42, per la NATO 1,19 e quella “reale ed effettiva” (18,2 mld) 1,02. Se il PIL non variasse significativamente nel corso dell’anno comunque i valori sarebbero molto simili; a esempio con un PIL di 1750 miliardi l’ultimo valore salirebbe all’1,04. Tali valori (tabelle NATO) ci pongono sestultimi nella NATO, appena sopra a Repubblica Ceca, Slovenia, Spagna, Belgio e Lussemburgo. In realtà poi ci sono altri due paesi europei non aderenti alla Nato che spendono meno: l’Irlanda, 0,3 e l’Austria.

Ma in termini assoluti, quanto spendono i maggiori paesi e comunque quelli a noi comparabili? Anche qui le cifre possono variare a seconda dei parametri presi in considerazione; comunque:

USA 649 mld $ 3,2-3,5% PIL
Cina

250 mld

1,9% PIL
Arabia Saudita 67,6 mld 8,8-9,9 %PIL
India 66,4 2,4
Francia 66,8 (?) ma più correttamente 50  2,3-1,8
Russia 61,4 4,3
UK 50 1,8
Germania 49,5 1,2
Giappone 46,6 0,9
Corea 43,1 2,6
Italia 27,7 mld$ 1,3 (?)

 

 

L’Italia 27 mld di dollari (quindi, secondo questa fonte, all’incirca il totale tutto compreso (25,2 mld euro) con oneri propri e impropri)    1,3 (?)

Degno di nota il fatto che subito dopo l’Italia si posiziona il Brasile con la stessa spesa e poi in sequenza, poco distanziate, Australia, Canada e poi Turchia (19 mld).

Per quanto riguarda la percentuale di spese sul PIL noi ci collochiamo al 72° posto su 150 paesi (con una percentuale sul PIL calcolata dell’ 1,5: queste discrepanze mostrano quanto sia difficile fare valutazioni accurate vista l’estrema variabilità delle fonti). Se la percentuale del pil fosse di 1,3%, come calcolato sopra, saremmo intorno al 90° posto e ben oltre al centesimo con la percentuale più corretta dell’ 1,02. Gli USA in questa classifica sono al 26° Per curiosità il paese che spende di più in rapporto al PIL è l’Oman con oltre il 13%.

         Ma per calcolare il reale valore della spesa militare, e per creare ancora più confusione, non possiamo equiparare tutte le economie come se avessero lo stesso potere d’acquisto, ma dobbiamo confrontare i costi effettivi dei mezzi e degli approvvigionamenti (un caccia Sukkoy russo costa molto, ma molto meno di un F15 americano, e un militare russo, in dollari, percepisce molto, ma molto meno di un americano, così come i rifornimenti, il vettovagliamento, uniformi ecc). Dobbiamo quindi calcolare le spese per parità di potere d’acquisto. E qui abbiamo delle sorprese e possiamo capire perché ci sono eserciti potentissimi con spese apparentemente basse rispetto ad altri. Tra i paesi occidentali le variazioni sono minime, rispetto agli USA. l’Italia a esempio ci guadagna pochissimo, ma non è così per molti altri paesi. La Cina a PPI arriva a 450 miliardi di dollari equivalenti circa, quindi ai due terzi della spesa americana invece che a poco più di un terzo se si considerasse la sola conversione in dollari, e la Russia, che sembra avere un budget paragonabile a quello di Francia o UK, arriva circa a 150 miliardi di dollari, quindi a un budget che è all’incirca la somma di quelli di Francia, UK e Germania.

         È troppo o troppo poco dunque per l’Italia?  Prima di tutto dobbiamo vedere a cosa servono le forze armate di un paese pacifico e democratico come il nostro. La principale funzione è quella di prevenire un conflitto, cioè quella di avere una funzione di deterrenza con la loro stessa presenza. E la forza e letalità deve servire a difendere i nostri legittimi interessi, le nostre risorse economiche commerciali ed energetiche e deve essere bilanciata tra, appunto, rendere consapevole un potenziale aggressore dell’estrema pericolosità di un’azione in tal senso, e il non essere troppo potenti da incutere il timore nel potenziale avversario di voler noi istaurare una politica aggressiva e quindi indurlo a fare mosse azzardate per prevenirla. (con la situazione economica attuale e con la scarsa sensibilità, se non ostilità del mondo politico sulla funzione difesa, la seconda ipotesi è stata è e sarà molto lontana) Se fallisce il primo obiettivo, quello di deterrenza, allora la sua funzione è quella di vincere il confronto o per lo meno uscirne con il minor danno possibile e far sì che l’avversario si renda conto che una possibile sua vittoria (se superiore a noi) sarebbe una vittoria di Pirro. Quindi a noi serve per tornare al tavolo della diplomazia in una posizione di forza, o almeno di non inferiorità. Questo in un’ottica puramente nazionale, ma ovviamente dobbiamo tener conto che siamo inseriti in un contesto di alleanze internazionali anche militari (NATO, UE) e che dobbiamo quindi provvedere a una difesa comune. Se così non fosse, e fossimo in un contesto senza alleanze stabili, le nostre spese per la difesa dovrebbero essere tremendamente più alte. In un confronto asimmetrico, (quello più probabile e frequente) invece, la funzione delle forze armate è di garantire (peacekeeping) o di imporre se è il caso, una pacificazione e un cessate il fuoco tra fazioni rivali, quella che propriamente viene chiamata peace enforcing, La missione italiana in Libano è una tipica missione di peacekeeping.

         Qual è il nostro principale teatro di intervento? Non possiamo permetterci di essere una potenza globale, detto in termini geopolitici non lo siamo infatti, né in ambito geopolitico né economico, interventi in luoghi lontani possono essere pensati solamente in un ambito di alleanze multinazionali. L’area in cui dobbiamo considerare la nostra influenza come potenza (multi)regionale e difendere i nostri legittimi interessi viene chiamata Mediterraneo allargato, cioè l’area del mediterraneo propriamente detto, dove dobbiamo avere un controllo molto forte dei nostri interessi e della dinamiche in gioco, e quella che va grossomodo dal Golfo di Guinea al Corno d’Africa, dove potremmo essere direttamente coinvolti, anche in funzione di vincoli storici, protezione di rotte commerciali, fonti di approvvigionamento energetico ecc.

          Se la paragoniamo agli altri maggiori paesi europei la cifra spesa per la difesa è sicuramente di gran lunga minore, come la percentuale destinata a essa. Però dobbiamo tenere conto che non abbiamo armamento e mezzi nucleari da mantenere e nemmeno da disporre di una presenza costante in territori oltremare come appunto Francia e UK, che quindi abbisognano di forze di proiezione e di una logistica, nonché capacità di trasporto, molto maggiori.

         Di contro non siamo in una posizione geopolitica defilata, come lasciato intendere sopra, quindi non ci possiamo nemmeno permettere percentuali di spese sul PIL minime come paesi da questo punto di vista tranquilli e periferici, come possono essere l’Irlanda o il Portogallo o paesi che non si affacciano sul mare e non hanno bisogno di una marina militare, come Austria o Repubblica Ceca, o Svizzera per tutte e due le variabili. Anzi, siamo in mezzo a un ribollente Mediterraneo, con le opportunità ma anche gli oneri che ciò comporta e dipendiamo per l’80% dal mare per il traffico delle nostre merci. Per soffocarci economicamente basterebbe che un’entità, statale o meno, decidesse di sequestrare o bloccare, non contrastato, parte del nostro traffico commerciale via mare.

         Quello che conta ovviamente è anche l’efficienza della spesa. Con una spesa molto maggiore la Germania a esempio non brilla sicuramente per efficienza, visto che l’anno passato ad essere realmente efficienti, cioè capaci di un rischieramento per un impiego simmetrico all’estero c’erano solo quattro Eurofighter Typhoon, qualche decina di carri armati Leopard2 (noi comunque ancora meno Ariete) e zero (0) sottomarini. Teniamo presente che le nuove fregate F125 sono state restituite ai cantieri poiché navigavano…storte. I guasti del neoliberismo e del contenimento della spesa pubblica a tutti i costi si ripercuotono quindi sull’efficienza di un intero sistema paese, comprese le forze armate.

         Il nuovo modello di difesa italiano prevede al 2024 una consistenza numerica delle forze armate di 150.000 effettivi. Attualmente siamo oltre i 170.000. È difficile in tempi brevi arrivare alla consistenza programmata poiché la maggior parte dei militari sono in servizio permanente, quindi non a ferma prefissata, per cui, a meno di non voler procedere con incentivazioni o trasferimenti ad altre amministrazioni civili dello Stato, la discrepanza durerà ancora qualche anno. Questo si ripercuote sull’età media del personale, che sfiora i quarant’anni, quindi relativamente elevata, (per cui le forze da mandare in missione operativa si riducono), ma anche, e non solo per questo, sulla struttura non piramidale delle gerarchie militari. Diciamo che la piramide tende ad assumere un’angolazione tale da farla quasi assomigliare a un parallelepipedo. Abbiamo una pletora di marescialli e generali e pochi graduati, sergenti e ufficiali inferiori che sono quelli che poi vengono effettivamente impegnati in azione. Si contano ancora più di 400 tra generali e ammiragli, quando i generali nelle forze armate americane sono meno di mille, ma con un organico di quasi un milione e mezzo di uomini, non 170.000. In più, specialmente nell’esercito, sono ancora presenti strutture territoriali e comandi con generali a due stelle che avevano una logica durante la guerra fredda con un consistente esercito di leva su base territoriale, ma non ora.

         Un bilancio della difesa equilibrato dovrebbe destinare il 50% delle spese al personale e alla sua gestione, il 25% al mantenimento e all’efficienza dello strumento (esercitazioni, addestramento, manutenzione, carburante ecc) e il 25% all’ammodernamento. Siamo ben lontani da queste proporzioni. Per quanto riguarda la sola funzione difesa le spese per il personale arrivano a coprire il 75% del totale, quelle del mantenimento, cioè l’esercizio, il 10 scarso ed il 15 quelle dell’ammodernamento. Fortunatamente parte delle spese di addestramento e manutenzione vengono coperte dai fondi MEF per le missioni all’estero. Se non ci fossero i fondi MISE e MEF e gli altri descritti, il sistema sarebbe al collasso. Specialmente il settore destinato all’esercizio è quello che ne risente di più, e questo vuol dire truppe poco addestrate (quindi maggiori rischi per la propria incolumità), aerei che non volano, mezzi che non vengono revisionati e invecchiano precocemente, pochi reparti veramente pronti per situazioni d’emergenza. Quindi, per ristabilire un equilibrio di spesa, o si riduce la consistenza numerica del personale e dei mezzi o si aumentano le spese per l’esercizio e l’ammodernamento. La consistenza a 150.000 unità è comunque insufficiente per assolvere ai compiti assegnati, già il Capo di Stato Maggiore della Marina ha chiesto un aumento, rispetto al programma di riduzione a 26.800 marinai, di 3000 unità per sopperire all’aumento di compiti assegnati alla sua forza armata. Anche quella dei mezzi (aerei, mezzi vari) è mediamente sotto di un 10-15%. Nonostante tutto, grazie appunto ai fondi extra, la qualità media dei mezzi italiani, soprattutto per quanto riguarda l’Aeronautica e la Marina, è molto migliorata nell’ ultimo trentennio; a una consistenza numerica molto minore si è raggiunta una qualità molto elevata. Prima si aveva ad esempio un numero molto grande di caccia F104 ,costruiti in 240 esemplari, (dall’efficienza, prontezza operativa e dalla consistenza bellica molto aleatoria, per usare un eufemismo, che di fatto ci lasciavano senza una difesa aerea credibile), di AMX costruiti in 136 esemplari ed accompagnati da 100 Tornado (questi sì invece efficientissimi) a una situazione di una linea di volo basata in futuro su Typhoon ed F35 che qualitativamente è seconda solo a quella degli USA e quasi pari a quella britannica, anche se di una consistenza totale e nominale di circa 180 esemplari (impiegabili effettivamente circa 150). La flotta stessa, anche se con un numero minore di navi, ha acquisito importanza e consistenza grazie all’aumento di tonnellaggio e di tecnologia dei bastimenti stessi.

         Le forze armate si stanno quindi lentamente trasformando, però è ancora presente una certa rigidità di gerarchie tra le tre forze armate (in realtà ci sarebbero anche carabinieri). Una volta, in un’ottica di presidio e difesa della cosiddetta soglia di Gorizia contro le possibili invasioni da parte dell’Unione Sovietica e dell’Ungheria, aveva un senso destinare la maggior parte delle risorse a un esercito numeroso e destinare molto meno risorse alla Marina, il cui compito era più che altro quello di fare da scorta alla flotta americana nel Mediterraneo e dar la caccia ai sottomarini sovietici. Ora la situazione si è completamente ribaltata, e per certi versi l’Italia può ora ritenersi una specie di isola dal punto di vista geostrategico. È fortunatamente impossibile oramai, a meno di stravolgimenti fantascientifici, un conflitto con i nostri vicini o un’invasione russa, visto oltretutto che la gran parte dell’ex patto di Varsavia oramai fa parte della NATO, per cui un’invasione ipotetica (e per ora irrealistica) inizierebbe da Minsk, non più da Budapest o Praga. Di contro la situazione nel Mediterraneo è andata via via peggiorando. La flotta americana oramai non tiene più stabilmente portaerei nel Mediterraneo e le forze presenti sono al livello più basso dalla seconda guerra mondiale in poi. I contrasti di interessi tra i paesi della Nato e tra gli stessi europei si sono acuiti e possono collidere, un esempio lampante è la rivalità di fatto tra Francia e Italia in Libia, dove nel 2011siamo stati costretti a intervenire contro i nostri interessi. In più, la scoperta di ingenti giacimenti energetici in tutto il Mediterraneo centro orientale scatena appetiti e rivalità ancor maggiori soprattutto sulle altre sponde del bacino. Se ci mettiamo il revanscismo neo ottomano della Turchia, le guerre per procura tra differenti schieramenti nel mondo mussulmano (Turchia, Arabia Saudita, Iran in primis, ma anche Qatar e EAU), la Tunisia e Algeria solo apparentemente tranquille la situazione è davvero esplosiva. Va da sé che la forza armata che maggiormente deve essere potenziata è per l’appunto la Marina. (ed in parte questo sta avvenendo). Insomma, sintetizzando, abbiamo molto più bisogno di navi che di carri armati, fatto salvo che l’arma aerea mantiene sempre una valenza decisiva in un ipotetico scontro; lo abbiamo visto in Iraq, come nell’ex Jugoslavia o in Libia.

Allora, per concludere, le spese per la difesa sono troppe, giuste o troppo poche?

Già il modello a 150.000 uomini, come accennato sopra, è probabilmente insufficiente, tra i 155 e i 160.000 sarebbe più equilibrato, in più come abbiamo visto le spese per il personale sono largamente in percentuale troppo elevate rispetto alle altre due voci. Solo per mantenere la Difesa a un livello di efficienza comparabile a quello attuale, pur con tutte le criticità, in alcuni settori anche gravi, gli stanziamenti non bastano assolutamente. Teniamo presente che le dotazioni, cioè il livello di munizioni in senso lato, è a livello critico. Se fossimo impegnati in azioni belliche ad alta intensità in poco più di due settimane ci troveremmo senza missili per proteggere le nostre navi o i nostri aerei, pezzi di ricambio, granate, bombe, ecc.

Possiamo grosso modo calcolare, senza entrare nei dettagli che magari saranno esaminati in maniera più approfondita in successivi interventi, un livello minimo sotto il quale lo strumento in pochi anni rischierebbe di divenire un carrozzone inefficiente (e quindi uno spreco di denaro pubblico), un livello adeguato, e un livello ottimale sopra il quale ogni ulteriore spesa sarebbe comunque uno spreco in quanto l’aumento di consistenza/risorse, andrebbe oltre le nostre reali necessità e sarebbe troppo oneroso, andando anche a inficiare i benefici sul PIL sopra accennati. Il livello minimo è quello di ripristinare i valori che la funzione difesa aveva nel 2008, cioè 15,4 miliardi di euro. Questo sarebbe facilmente realizzabile nell’arco di tre anni con circa 500 milioni di incremento di spesa annuali. Un livello adeguato sarebbe quello di portare la spesa funzione difesa a circa 16-16,5 miliardi di euro con il raggiungimento di  una consistenza di circa 155- 160.000 uomini e donne e una serie di leggi per le singole forze armate di adeguamento tecnologico e numerico di circa 1,1-1,2 miliardi di euro all’anno per 10 anni, (che come visto sopra possono considerarsi un investimento sul PIL) sul modello dell’attuale legge navale, che è coperta appunto dai fondi MISE per l’adeguamento della flotta (fregate classe Bergamini, pattugliatori d’altura classe Tahon di Revel ecc) e che prevede la spesa di circa 5 miliardi in 10 anni (500 ml all’anno in media) L’aggravio totale sarebbe a regime di circa 3,4-3,5 miliardi all’anno.

Il livello ottimale sarebbe quello di un aumento della spesa di circa 5 miliardi all’anno in totale.  Come già detto, ulteriori incrementi allo stato attuale delle cose, in assenza di imminenti e sicuri importanti coinvolgimenti in guerre simmetriche, a nostro avviso sarebbe ingiustificato. È da sottolineare che adottando il livello adeguato si arriverebbe a una spesa totale per la difesa (compresi gli oneri impropri) di 28,7 miliari di euro cioè dell’1,6 % del PIL, quindi ancora lontano dalle percentuali francesi e inglesi; con i 5 miliardi ipotizzati come tetto massimo si arriverebbe a circa l’1,7 % comunque ancora lontano dal raggiungimento di quel 2% di spesa che la Nato vorrebbe raggiungessimo nel 2024, 2% (cioè 36 mld di euro a valori attuali) che ricordo è considerato senza metà delle spese per i carabinieri e per le missioni all’estero e che qui invece sono conteggiati.. Quindi sì, il livello attuale delle spese per la difesa è inadeguato, ma quello che ci chiede la Nato sarebbe eccessivo per le nostre esigenze. Un livello grosso modo intermedio sarebbe quello adeguato per le nostre necessità.