News dal Dipartimento Beni Culturali

Comunicazione
Qualche giorno fa ho letto su IL FATTO QUOTIDIANO un articolo sulle strategie (?) comunicative di Renzi. Non sono Umberto Eco, quindi non è la modestia che mi fa definire piccolo l’eventuale contributo, ma la consapevolezza dei miei limiti. Ritengo ortodossa la comunicazione quando avviene tra due “soggetti” reciprocamente noti, in quanto solo in queste condizioni è possibile: scegliere un canale comune, eliminare o quantomeno ridurre i filtri sia naturali che culturali, e contenere al massimo le distorsioni. Neppure è da sottovalutare l’affermazione di Albert Einstein , “ esiste … confusione fra una descrizione e ciò che è descritto … E’ chiaro che essere una descrizione del gusto della minestra non equivale a essereil gusto della minestra …” (Richard S. Rudner – filosofia delle scienze sociali pag.116; ed. il Mulino 1973 ).

Questa distinzione, ancorché contestualizzata nelle problematiche relative alla metodologia della scienza, evidenzia che meno è rigorosa una DESCRIZIONE più ci si allontana dal DESCRITTO ovvero più è sommaria e approssimativa la descrizione più il descritto perde di significato fino a diventare sconosciuto. Per fare alcuni esempi: la descrizione della pubblica amministrazione non è la pubblica amministrazione; la descrizione del PD non è il PD; la descrizione dell’UE non è l’UE; ecc. tutto ciò, ovviamente prescinde dalle idee, dagli interessi o dagli orientamenti politici che sono ulteriori variabili che generano confusione. Ciò che è necessario cogliere dalle affermazioni di Einstein, senza addentrarci nelle spinose dicotomie: vero/falso; oggettivo/soggettivo; pregiudicato o viziato da errori/impregiudicato o libero da errori; ecc. è l’esigenza di rigorosità della descrizione, rispettando la quale e assicurata la buona fede, l’onestà e la volontà di trasparenza di chi descrive è possibile avvicinarsi alla comprensione del descritto. In assenza di tutto ciò – con l’interesse per obiettivi personali e/o di gruppo, con lo scopo soltanto di raggiungere il potere; e in presenza di “politici” che ignorano l’esigenza di una pur minima competenza, nonché di un processo di informazione, in un modo o nell’altro, quasi tutto prezzolato – la trasparenza diventa una chimera.

E’ veramente difficile   comprendere il contesto in cui viviamo; non si descrive più, si commenta il descritto, a volte con le proprie opinioni che sono come i numeri: cioè infiniti . Un esempio: (non è analisi, semmai è essere prolisso) dicevo ad un’amica quasi rooseveltiana. Quasi, perché vive in Argentina. Il descritto è il fenomeno naturale e/o la cosa e/o il fatto, ovvero: il fulmine, il tuono, il temporale, la pianta o il fiore, la casa ecc. cioè l’oggetto da descrivere, per cui è oggettivo. Ma la descrizione del fulmine, del tuono, del temporale, della pianta, del fiore della casa, è fatta dagli uomini, ciascuno con le sue esperienze, con le sue sensibilità, con le sue opinioni, quindi è soggettiva, per cui può accadere che la descrizione dello stesso oggetto, assuma significati diversi. Faccio un esempio: io “amo” il temporale estivo, specie in montagna dove vedo manifestata tutta la potenza della natura; Luisa lo teme, vede la sua pericolosità, i suoi probabili effetti … . Quindi abbiamo del temporale estivo opinioni diverse, e una percezione diversa; allora? Allora se vogliamo descriverlo in modo rigoroso, il più possibile vicino al fenomeno naturale che è, dobbiamo eliminare le nostre opinioni: io il mio amore, il mio vedere la potenza della natura e Luisa il suo timore, il suo percepire il pericolo e i presunti effetti; quindi descrivere la pioggia con la sua intensità, gli effetti sulle piante, sul terreno, descrivere se il terreno assorbe, se si creano rigagnoli come si comportano gli insetti sotto il tetto dove siamo riparati mentre osserviamo, se il temporale è accompagnato da fulmini, dal vento, di quanto flettono gli alberi ecc. ecc. questo significa essere rigorosi, certo non si riproduce il descritto, ciò non è mai possibile, ma lo si rappresenta nel modo più ortodosso possibile.

E’ cosi che procedono i “nostri” informatori che si definiscono giornalisti che quando non prezzolati, sono comunque quasi tutti, “schiavi” del frame; con l’ovvia conseguenza che l’ “informato” legge ciò che vuole sapere, e ciò di per sé non sarebbe nemmeno un grande problema, se solo ci fossero fonti di informazione alternative: internet, libri, quotidiani internazionali, frequenze radiofoniche e televisive, adeguatamente pubblicizzate quindi a disposizione delle ”Masse” e non solo di pochi casualmente privilegiati. C’è poi l’ulteriore responsabilità di organi ufficiali che diffondono informazioni, spesso colpevolmente approssimative, che altro non sono che un insieme di opinioni, che hanno l’effetto di deformare la realtà: sia con riferimento all’attualità che alla geopolitica o alla Storia, trascurando le più elementari regole di una corretta comunicazione, generando quindi soltanto confusione da cui è pressoché impossibile comprendere ciò che sta accadendo e perché.

Ma veniamo a Renzi, “Maestro del non ascolto”; ama parlare, e molto. … loquace e logorroico … tuttavia sostiene l’ideologica utilità di ascoltare gli altri. Di ascoltare tutti. … come chi ha frequentato gli illuminati salotti dei filosofi … e si è persuaso della necessità del confronto e del dialogo. Ma la parola in democrazia ha un senso quando il suo commercio è un reciproco scambio di dare e avere. Non quando risponde a un bisogno liturgico. Il ‘maestro del non ascolto‘ invece svuota nella sostanza la parola che legittima nella forma: ‘Io ascolto tutti, rispondo a tutti … ma poi faccio quello che ho deciso io…’. La parola diventa così uno schema vuoto. E il dialogo una manifestazione rituale di assenso preventivo, che risponde alla meta-regola: ‘Puoi confrontarti con me a condizione che le tue parole non abbiano peso nella mia decisione finale…’. Non si tratta di ripudio della concertazione, ma di una riedizione del volterriano dispotismo illuminato (l’aggettivo è augurale).

Amalia Signorelli, antropologa, ospite martedì 28 ottobre a “di Martedì”, che in un ulteriore occasione dice: “a me sembra che ci sia bisogno di una rimessa a fuoco del vocabolario …”, coglie in pieno la questione. Così, per esempio, quando sento dire che Matteo Renzi è un grande comunicatore, ho dei dubbi, perché è un uomo che afferma e non spiega, proclama e non discute, dichiara di rispettare tutti, ma non sta a sentire nessuno. Quando Renzi si dice convinto “che il problema non è un deficit di politica, ma la comunicazione.” Che stia facendo una auto revisione, dimenticando tra l’altro di essere Premier? Ma va … ! “Amici e compagni, come la mettiamo sulla comunicazione?” (?) “Che lavoro state facendo su di voi?”. “Dovete studiare”, “Dovete imparare a vendere le cose che fa il governo”. Nessuna autocritica da parte di Renzi, uno che la comunicazione ce l’ha nel sangue? “I conduttori sono tutti orientati contro di noi”. “Dovete imparare a non cadere nel tranello”. Poi rispondendo ad alcune osservazioni, Lui ha chiarito: “Dobbiamo incidere sull’agenda tv. Ormai i media hanno altre priorità, piuttosto che raccontare quello che fa il governo…”. “Dovete tarare il vostro linguaggio (?) in vista delle elezioni”. Poi le slide, … “dal catenaccio al tiki taka con i due allenatori simbolo Herrera e Nereo Rocco”. Poveretto, non se la cava nemmeno col calcio! Comunque direbbe Totò: alla faccia del caciocavallo! Che comunicatore! … Vota Antonio! … Vota Antonio! … Vota Antonio!

Mi piacerebbe approfondire altri aspetti della comunicazione: l’informazione, l’Areclame di Eduardiana memoria, la pubblicità, la narrazione, la divulgazione, la propaganda ecc. ecc. Ma il mio tempo, per ora, è scaduto; forse, in seguito potrò tornare sull’argomento.

(articolo del 25 luglio 2015)