La Commissione Cultura, Arte e Spettacolo del Movimento Roosevelt si propone di sottoporre all’attenzione dei soci un Manifesto, aperto alla discussione con chiunque, anzi, negli intenti, propositivo e stimolante in tal senso, anche nella opportunità, tramite un confronto il più esteso possibile, che si possano cogliere suggestioni programmatiche, ulteriori a quelle che col tempo la Commissione andrà elaborando, eventualmente via via da integrare tra le maglie di detto Manifesto generale, che segue:
La Commissione si compone di membri di origine e retaggi diversi, latori di diverse visioni del mondo e convintamente sostenitori del fatto che la cultura e l’arte debbano tornare al centro del processo educativo e del dibattito civile.
Insieme proponiamo un ritorno alla ricerca personale, alla crescita culturale degli individui e del complesso sociale, mettendo al centro del nostro percorso la consapevolezza dei diritti/doveri insiti nel fatto di vivere in uno Stato di Diritto. Il nostro intento è pertanto quello di sollecitare ed estendere l’educazione civica, artistica, musicale, e, auspicabilmente, di contribuire così a sviluppare la sensibilità estetica e culturale di tutti e di ciascuno.
A partire da una revisione del processo educativo e formativo, cominciando dalle scuole primarie, passando per le scuole e gli istituti secondari, fino ad arrivare ad un approccio che possa coinvolgere anche gli adulti già formati, è necessario ripristinare una centralità del bisogno culturale che parta dalla conoscenza della Storia e della tradizione locale e che si coniughi con il dialogo rispetto a proposte e stimoli multiculturali in un'ottica glocal: ma anche una rinnovata valorizzazione dell’arte, di tutte le sette arti statuite dalla tradizione (architettura, musica, pittura, scultura, poesia, danza, cinema - più altre modalità d'espressione, più direttamente emanate da un pensiero filosofico, o viceversa nel segno di una particolare immediatezza), e delle figure degli artisti, ora quasi totalmente asserviti a logiche commerciali e di mercato - dunque non più latori di messaggi autentici e divergenti nonché di feconda dialettica culturale e sociale.
Solo con un lavoro culturale si potrà invertire la rotta rispetto a certo degrado morale, sociale, politico e financo economico cui abbiamo assistito negli ultimi 20-30 anni. E’ importante che tale lavoro coinvolga tutti i cittadini nel senso più alto del termine - ζῷον πολιτικόν, politikòn zôon alla maniera Aristotelica, in modo da formarli consapevoli, rispettosi delle leggi e del prossimo, oltre che dell’ambiente e degli spazi, mediamente migliori poiché mediamente meno ignoranti storicamente, con maggiore interesse per il bene comune e per l’interesse collettivo.
La centralità della cultura implica che si possano creare le condizioni per cui gli artisti e gli intellettuali abbiano un’indipendenza dai centri di potere e dalle consorterie di partito, di modo che possano transitare dall’essere “gruppo dominato della classe dominante” (cit. Pierre Bourdieu) all’essere veramente liberi pensatori, espressione e sintesi di diverse visioni del mondo, in quanto, affinché si dia un’autentica Cultura, è necessario che vi siano più culture, che dialoghino fecondamente tra loro: che vi siano differenze riunentisi in una medesima singolarità creativa.
La Commissione Cultura, Arte e Spettacolo del Movimento Roosevelt rende inoltre noto di comporsi, oltre che del Presidente dimissionario Marco Benedetti, dei Vicepresidenti Danio Migliore e Paolo Falb, del Segretario Ottavio Plini, del Segretario Aggiunto Daniel Neri, e, secondo ordine alfabetico, di Mirko Bonini, Emilio De Virgilio, Alessandro Errico, Pietro Esposito, Paolo Mosca, Vincenzo Viceversa, oltre che, introdottisi da poco ma certo fonte di ulteriore arricchimento, di Carmela Belfiore, Matteo Chiara e Gianluca Lorefice.
(Articolo del 18 novembre 2015)
Commenti
In questo senso, la parola d'esordio non può essere "La Commissione", altrimenti s'ingenera una percezione burocratica del tutto inadeguata e fuorviante, peggio se seguita dalla identificazione dei componenti, reminiscenza inconscia di stile sovietico.
Altro nodo è la confusione tra "cultura" e "educazione" e "istruzione". In Inghilterra, ciò che noi chiamiamo "cultura" (e che anche in questo Manifesto appare), è piuttosto "education". A parte le questioni nominalistiche, non si vede tuttavia come si voglia influire in modifica agli attuali sistemi di istuzione pubblici e privati.
Forse, il nodo è che fare una commissione non può considerarsi sostitutivo rispetto a un programma e senza programma non c'è manifesto. Credo si debba lavorare ancora un po' per giungere alla dignità e al rango che la definizione richiede.
Ad maiora,
Davide Crimi
Scrive Ottavio:
Aldilà di formalismi inglesismi che magari tratteremo altrove, vorrei intanto far presente che l'identificazione dei componenti, reminescenza inconscia sovietica ecc. (nient'altro?), non fa parte del manifesto. Risulta, direi, relativamente chiaro, finanche visivamente, che il testo sia tripartito, per usare, me lo si accordi, una terminologia musicale, in un'esposizione, in uno sviluppo che abbiamo appellato "Manifesto" per ragioni, forse sì, di maggiore impatto (maggiore, intendo dire, che se fosse stato qualcosa come "pensieri della commissione..." o simili), e in una ripresa dove sono infine elencati i membri della commissione, come doveva essere regola, in principio, per le commissioni, ma il quale elenco, presumibilmente almeno - poi chiaramente non so - a causa delle peripezie del MR, nonostante le e-mail di Marco Benedetti o di Paolo Falb, non fu mai reso noto, e da tempo. Infine, non posso che concordare con lo stesso Marco quando nota che partire da principi e finalità sia meno divisivo e più stimolante che partire da punti programmatici posti per così dire ex abrupto. Così possiamo dire (come nell'esposizione, poi, per l'appunto, sviluppata): abbiamo queste idee, vorremmo pensare un modo in cui possano esser messe in pratica, magari ci date anche una mano a pensare un modo in cui possano esser messe in pratica. Che poi in tutto ciò sussista un deficit di dignità è un'opinione del nostro interlocutore.
"L'artista è il creatore di cose belle.
(...) Il critico è colui che può tradurre in diversa forma o in nuova sostanza la sua impressione delle cose belle.
Tanto le più elevate quanto le più infime forme di critica sono una sorta di autobiografia.
Coloro che scorgono brutti significati nelle cose belle sono corrotti senza essere affascinanti. Questo è un errore.
Coloro che scorgono bei significati nelle cose belle sono le persone colte. Per loro c'è speranza.
Essi sono gli eletti: per loro le cose belle significano solo bellezza."
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