News dalla Redazione

"Dove iniziano i diritti umani universali? In piccoli posti vicino casa, così vicini e così piccoli che essi non possono essere visti su nessuna mappa del mondo. Ma essi sono il mondo di ogni singola persona; il quartiere dove si vive, la scuola frequentata, la fabbrica, fattoria o ufficio dove si lavora. Questi sono i posti in cui ogni uomo, donna o bambino cercano uguale giustizia, uguali opportunità, eguale dignità senza discriminazioni. Se questi diritti non hanno significato lì, hanno poco significato da altre parti. In assenza di interventi organizzati di cittadini per sostenere chi è vicino alla loro casa, guarderemo invano al progresso nel mondo più vasto. Quindi noi crediamo che il destino dei diritti umani sia nelle mani di tutti i cittadini in tutte le nostre comunità".
(Eleanor Roosevelt, 27 marzo 1958, In Your Hands)

La figura forte e propositiva di Eleanor Roosevelt e la sua riflessione sulla consapevolezza individuale e sull’esercizio solidale dei diritti umani nella vita quotidiana costituiscono la fonte di ispirazione della mia proposta programmatica.

Il mondo attuale, il cui assetto socio-politico, economico e ambientale è il risultato di una globalizzazione elitaria e ingiusta, della quale il nostro Presidente Gioele Magaldi ci ha spiegato le origini e le ideologie di fondo nel suo volume Massoni: Società a responsabilità illimitata, è un mondo nel quale si sta perdendo non solo l’esercizio, ma perfino la consapevolezza dei diritti umani fondamentali. In Italia, dove la democrazia nata nel secondo dopoguerra non ha mai fatto veramente i conti con il passato fascista ed è stata costantemente osteggiata e minacciata da influenze esterne e da gruppi di potere consolidati, più o meno occulti, nonché dalla disomogeneità culturale, dall’ignoranza secolare, dal familismo e da un rapporto non trasparente fra i cittadini e lo Stato, gli ultimi decenni hanno visto una progressiva crisi dell’impegno civile e politico dei cittadini, un imbarbarimento del dibattito pubblico, un controllo sempre più soffocante della politica sui media e sull’informazione, congiunta ad una sempre minore capacità di visione e di proposta politica, il progressivo impoverimento della cultura e della scuola, un senso sempre più affievolito del bene comune, un servilismo diffuso, dei rapporti sempre più stretti fra politica e criminalità organizzata, una contrazione dei diritti politici, civili e sociali e una corrispondente riduzione del senso stesso dell’essere cittadini di una democrazia.

In questo quadro desolante, a fronte di una classe dirigente politica formata da partiti che non sono espressione di legittime istanze provenienti dalla società civile, ma raggruppamenti di individui che perseguono interessi privati in assenza di ogni trasparenza e di un vero controllo democratico, in regime di sostanziale cooptazione e sulla base di leggi elettorali non costituzionali e non democratiche, il Movimento Roosevelt si è dato un compito ambizioso: diventare un laboratorio metapartitico di idee orientate a rifondare la consapevolezza e l’esercizio dei diritti umani nel senso della democrazia, di un assetto economico più giusto ed espansivo, della tolleranza, della partecipazione, della libertà e della solidarietà. Nel vuoto pneumatico di progettualità politica che abbiamo di fronte, si tratta di una sfida grandiosa e difficile. Ai nostri concittadini sta venendo meno la speranza. I numeri angoscianti della disoccupazione, specie femminile, dei giovani che non lavorano e non studiano (i NEET), della povertà assoluta e relativa, della disuguaglianza sociale ed economica, degli Italiani che emigrano a tutte le età, cercando all’estero quello che i migranti di altri continenti cercano qui da noi, ovvero una vita dignitosa ed un riconoscimento di talenti e capacità, stanno fiaccando la fiducia dei cittadini nel futuro e li stanno spingendo verso quello stato psicologico che si chiama impotenza appresa: non avendo più la percezione di poter influire sulla realtà sociale, perché tutto è deciso altrove, e mai nell’interesse collettivo, finiscono con il piegarsi supinamente ad accettare qualunque nefandezza venga dall’alto, con rassegnato conformismo.

Dal mio punto di vista, il MR dovrebbe darsi come obiettivo quello di risvegliare le coscienze addormentate, riportando l’attenzione delle persone all’esistenza e alle concrete modalità di rivendicazione dei propri diritti. Non si può invertire la tendenza se non muovendo dal basso. Noi possiamo fare qualcosa! Molte persone sono stanche e arrabbiate e attendono solo un obiettivo verso cui dirigere il proprio impegno.

Quando non si ha la forza travolgente di un’onda, occorre diventare la goccia che scava la pietra. Tante gocce lasciano il segno. Dobbiamo perciò moltiplicare le gocce e diffondere le idee persona per persona, casa per casa, quartiere per quartiere.

Quando non si hanno i mezzi per affrontare uno scontro frontale, e noi siamo troppo piccoli al momento, bisogna diventare granello di sabbia nell’ingranaggio. Non servono molti granelli per fermare un ingranaggio perverso, basta collocarli nei punti giusti. Il nostro compito è individuare quali granelli e sapere dove collocarli. Ci servono lucidità, conoscenza, capacità di condivisione, senso del bene comune e una buona dose di creatività. Ciò che un singolo non può fare, possono fare dei gruppi organizzati.

Ciò che un gruppo può fare, si moltiplica se condiviso da altri gruppi. Dobbiamo perciò cercare condivisione, alleanze e convergenze sui nostri obiettivi.

Quando la politica si incialtronisce per palese inadeguatezza culturale, morale e pratica dei suoi rappresentanti, il cambiamento si introduce offrendo un modello alternativo di spessore culturale, etico e realizzativo. L’esempio è più efficace di tante parole. Il Master in Scienze della Polis va in questa direzione; ma la realizzazione pratica dei propri principi fondativi deve essere esperienza quotidiana per chi aderisce al MR. Occorre perciò praticare la democrazia a tutti i livelli di attività del Movimento e imparare ciascuno di noi in prima persona l’arte del dialogo, di cui ho parlato in un articolo sul Blog [Le regole del dialogo in democrazia], e la capacità di tollerare e accogliere la differenza (delle opinioni, degli obiettivi, dei caratteri, delle prospettive culturali ecc.). È inutile predicare ciò di cui non abbiamo esperienza diretta. La democrazia si nutre di differenza e valorizza il pluralismo, ovvero la molteplicità dei punti di vista.

Il compito del Segretario generale è quello di facilitare il dialogo, l’elaborazione delle idee e la condivisione più ampia possibile dei progetti. I principi del suo agire, a mio modo di vedere, devono essere:
  1. Il pluralismo;
  2. Il dialogo: fondato sul rispetto e sull’ascolto dell’interlocutore, per contrastare l’avvelenamento del pozzo nel quale siamo immersi;
  3. La partecipazione e la collaborazione: perché chi occupa il vertice deve essere l’espressione di una volontà comune e non un comandante senza truppa;
  4. La visione di sintesi: perché la semplice produzione di idee non basta, se non viene elaborato un progetto complessivo, aperto e orientato al futuro;
  5. La concretezza: perché avere obiettivi concreti dà direzione alle energie e rafforza il senso di autoefficacia;
  6. L’organizzazione: perché, dopo la fase fondativa, il MR ha bisogno di strutturarsi e di coordinarsi al proprio interno per realizzare i propri scopi;
  7. La laicità: di merito: perché scopo del MR è la difesa dei diritti civili, politici e sociali in ogni declinazione possibile, a prescindere dal grado in cui ci riguardano direttamente e dal numero o dalle caratteristiche individuali delle persone che ne sono titolari; di metodo, perché il Segretario – pur avendo una visione propria, anch’essa aperta e soggetta a revisione critica – non esclude pregiudizialmente nessun punto di vista, essendo rappresentante eletto di un organismo plurale, di cui è espressione e organo esecutivo e che consiste nell’evitare dogmatismi e pregiudizi. [continua...]

Patrizia Scanu


(Articolo del 6 novembre 2017)