News dalla categoria Movimento Roosevelt

images63ZZ4VKC e16ecL’elezione di Tsipras, nell’attesa di distinguere con precisione i fatti dalla propaganda, ha già prodotto qualche salutare effetto collaterale. Non tutti sanno infatti che, al netto delle moine e delle agiografie interessate vergate da giornalisti compiacenti, il vero dominus dell’austerità in salsa europea è il Venerabilissimo Maestro Mario Draghi. Come ogni Papa che si rispetti, anche il capo della Bce gode presuntivamente del dono dell’infallibilità; per cui quando le cose si aggravano è colpa dell’intransigenza tedesca, quando invece migliorano è merito dell’eroismo del nostro brillantissimo Supermario. La formale rottura del “protocollo” operata dal neo-eletto gabinetto ateniese ha inceppato la rodata pantomima che dipinge Draghi in perenne lotta con il cattivone Weidmann, costringendo finalmente il più illustre contro-iniziato italiano a mostrare al mondo il suo vero volto di infame aguzzino del popolo greco. “Se Tsipras non cede la Bce chiuderà i rubinetti”, ha dichiarato ignobilmente pochi giorni fa l’ex presidente di Banca d’Italia ora assurto a maggior gloria. Tale miserabile presa di posizione, tra l’altro arbitraria e illegittima, ha suscitato dappertutto sentimenti di sdegno e di condanna. “Come osa un burocrate minacciare apertamente il capo di un Paese democraticamente eletto?”, si sono correttamente chiesti in molti. La faccenda è tristemente seria, perché i tecnocrati, finito il “tempo delle mele”, sono ora chiamati a difendere a viso aperto l’utilizzo di un metodo di governo palesemente in contrasto con i principi cardine di una democrazia liberale degna di questa nome. Quelli come Draghi sanno di essersi oramai avventurati all’interno di un campo minato potenzialmente gravido di rischi, obbligati però ad andare avanti comunque una volta constatata l’oggettiva impossibilità di tornare impunemente sui propri passi. Una volta caduto il provvidenziale velo di Maya che ancora per poco lo tutela e lo protegge, Draghi si trasfigurerà automaticamente in una specie di Milosevic imbellettato, a capo di una congrega nemica della democrazia e della libertà da mettere al più presto nella condizione di non nuocere. Tutti i sinceri progressisti hanno perciò di che rallegrarsi, da ora in avanti nessuno potrà più fare finta di non sapere che il capo della Bce è pronto ad usare la moneta per favorire il collasso di governi che non si inchinino di fronte alla sua volgare protervia. Draghi, in estrema sintesi, ha detto chiaro e tondo a Tsipras che, in mancanza di un rapido gesto di sottomissione, promuoverà nell’Ellade una specie di “golpe in doppiopetto”. Non è golpista chi minaccia di prosciugare le banche greche per indirizzarne il corso politico? Chi conferisce a Draghi l’autorità di privare uno Stato dall’utilizzo di una moneta tutt’ora condivisa? Ora, come la storia insegna, i golpisti prima o poi fanno tutti una brutta fine. La democrazia conserva infatti un fortissimo istinto di sopravvivenza, come ben sanno pure i tanti avventurieri che nel recente passato hanno provato a neutralizzarla e sopprimerla. Draghi perciò sa con certezza di averla fatta grossa, pressato in proposito dal venerabile Maestro della superloggia “Der Ring” Wolfang Schauble. E proprio perche sa di avere messo in atto una condotta potenzialmente in grado di farlo sprofondare presto negli inferi della impresentabilità, Draghi ha chiesto e ottenuto soccorso da parte di alcuni “prestigiosi fratelli”, numi tutelari di tutte le avanguardie illuminate che abitano il globo terracqueo. Mi riferisco nello specifico al premio nobel Paul Krugman, autore di un articolo indegno della sua fama e della sua statura, pensato e scritto con l’ evidente obiettivo di togliere le castagne dal fuoco all’indifendibile fratello Mario (clicca per leggere). Come mai Krugman non ha provato vergogna nel sostenere che Draghi minaccia la Grecia insieme a Schauble per far paura alla Merkel? Come può un uomo della sua intelligenza ridursi a scrivere simili bestialità in grado di comprometterne in prospettiva la credibilità e il prestigio? Krugman, tra l’altro, non è nuovo a simili atteggiamenti (clicca per leggere). E’ bene che i lettori sappiano come fra Krugman e Draghi sussistano importanti cointeressenze massoniche e paramassoniche (entrambi fanno ad esempio parte del famigerato “group of thirty”). Il giudizio di Krugman, nel caso di specie, è quindi palesemente viziato da ragioni poco visibili. Krugman sappia inoltre che il tempo dei cerchiobottisti è finito per sempre. Oggi, di fronte all’aggravarsi dell’emergenza democratica che colpisce l’Europa, siamo tutti chiamati ad una netta scelta di campo: o con il tecno-nazismo di Merkel, Draghi e Schauble, o contro di loro in difesa della libertà e della democrazia. Nessuno può sottrarsi oltre dall’obbligo di decidere senza ambiguità da quale parte stare. Neppure un premio nobel del calibro di Paul Krugman.