La Difesa Italiana.

Il Programma di MR per la Difesa

Progetto attuativo dei punti programmatici del Movimento Roosevelt.

Spesso i programmi di massima dei vari partiti inerenti le politiche concrete da attuare dai vari Ministeri rimangono tali e non vengono declinati in concreto, così da poter lasciare interpretare gli intenti in maniera anche diametralmente diversa, in maniera da non poter essere smentite alla verifica dei fatti e della realtà. Ottime in campagna elettorale per acquisire consensi da una fetta più vasta di elettori, strategiche, in un eventuale azione governativa per poter alla bisogna virare anche di 180 gradi. Pagine e pagine di documenti che in realtà non dicono niente e fanno intravvedere ben poco di concreto.

Movimento Roosevelt è per l’appunto un movimento meta partitico, che non si presenta alle elezioni, ma che vuole essere stimolo ed esempio per i partiti che via via si succedono al governo.

Movimento Roosevelt ha già pubblicato il programma di quello che vorrebbe sia fatto da un governo realmente efficiente, concreto e al contempo idealista, progressista e social-liberale. Consigliamo di leggere tale documento programmatico.

Ma MR vuole di più, ed evidenziare cosa farebbe se avesse delle responsabilità di governo o se divenisse ispiratore di chi pervenisse a quelle responsabilità.

Ogni dipartimento pubblicherà un programma preciso e concreto, tecnico, di come attuare le politiche enunciate. “Cosa accadrebbe se? O Cosa fareste se?”. Senza ipocrisie e senza timore di venir attaccati o contestati, poiché non abbiamo paura delle nostre idee, né di proporle e sostenerle né di dibatterle, perché sappiamo che sono la proposta migliore, anche se, naturalmente, migliorabile con il supporto di tutte le componenti che volessero misurarsi onestamente e con spirito di collaborazione.

Iniziamo con il Dipartimento Geopolitica e Difesa,  per quanto riguarda la funzione Difesa, in quanto sarebbe troppo lungo accorpare il programma dettagliato  dal punto di vista geopolitico e della politica estera, anche se, naturalmente, lo sviluppo e la gestione dei programmi per la Difesa sono in funzione di una doverosa analisi geopolitica, analisi che comunque sono elaborate e pubblicate sia nel sito di MR sia in GeD 

Programma MR per la Difesa.

Il programma generale di MR per la Difesa consta di 4 punti:

  • Adeguamento e potenziamento delle dotazioni militari per rappresentare un reale deterrente di prevenzione ai conflitti.
  • Adeguamento ed equilibrio tra gli investimenti delle forze armate in funzione al mutato scenario internazionale.
  • Istituzione di una riserva militare ed abrogazione dell’ausiliaria.
  • Salvaguardia dell’eccellenza tecnologica dell’industria italiana nel campo della difesa.

Il contesto attuale.

L’Italia si trova negli anni 2000 in una posizione per certi versi inedita.

Il pericolo ai confini terrestri tradizionali è del tutto trascurabile. E’ impensabile nel breve medio-lungo termine un conflitto militare intestino all’Unione Europea. La stessa Russia, sebbene possa rappresentare una certa minaccia ibrida, non convenzionale, o comunque in teatri esterni all’Unione ben delimitati, non rappresenta, per limiti e possibilità intrinseche, e forse per volontà, una grave minaccia all’integrità territoriale dei paesi occidentali. Tale minaccia potrebbe esplicarsi solo in un conflitto generalizzato che la vedrebbe alleata con potenze asiatiche (Cina) Ipotesi improbabile, ma che ci costringe comunque a mantenere una certa componente pesante terrestre (corazzati). Altra questione è, in un contesto interno all’unione, competitivo, la possibilità rispetto ad altri paesi di esprimere capacità  di un certo livello e peculiari, e quindi la propria indispensabilità all’interno di tale contesto, (es aerei SEAD) e di conseguenza la propria influenza su decisioni strategiche e industriali.

Ben diversa è la situazione nei nostri confini marittimi, cioè nel Mediterraneo, o meglio, nel cosiddetto Mediterraneo Allargato, concetto geostrategico che comprende grossomodo tutta quell’area che va dal Golfo Di Guinea al Corno d’Africa, Mar Rosso, Golfo Persico e che ingloba i paesi dell’Africa che stanno interamente a Nord dell’equatore, e il Medio Oriente.

Oggi il 90% dei beni e delle materie prime transita lungo le linee di comunicazione marittime e il 75% di questo flusso scorre attraverso pochi vulnerabili passaggi obbligati (c.d. choke points), costituiti dai canali e dagli stretti internazionali. (Suez, ma anche il canale di Sicilia). Da qui, in relazione al canale di Suez ad esempio, si intravvede l’importanza strategica dell’Egitto, ma anche dei paesi vicini come lo Yemen e la Somalia (gli  ultimi due non a caso soggetti a sanguinose convulsioni). Nel Mediterraneo transita il 19% del traffico marittimo mondiale il 30% del petrolio e il 65% dell’energia diretta a Italia ed Europa. L’Italia possiede la quarta flotta mercantile e la seconda flotta peschereccia in Europa, senza considerare i traghetti la cui flotta è una delle principali al mondo. L’87% dell’export e il 79 % dell’import avvengono via mare.

Il valore degli scambi commerciali marittimi dell’Italia è pari a 254 mld di euro, 14,5% del nostro PIL, e il 38% dell’interscambio italiano in valore, il 70% in quantità. L’Italia è il primo Paese nell’UE28 per trasporto di merci in Short Sea Shipping (trasporto a corto raggio) nel Mediterraneo, con 218 mln di tonnellate di merci trasportate (quota di mercato 36%). Se consideriamo le percentuali di importazione energetiche (anche attraverso pipeline) si arriva a valori “bulgari”.

Dobbiamo considerare che ENI è forse la compagnia energetica con la maggiore percentuale di concessioni energetiche (gas&oil) all’interno del bacino mediterraneo e che queste posizioni sono minacciate da un contesto politicamente sempre più instabile, aggressivo, dove vige una competizione sempre più accentuata e un riarmo navale che non si vedeva dai decenni della guerra fredda. Lo abbiamo più volte descritto qui a GeD e ci ritorneremo.

Il rifornimento energetico sicuro e a costo relativamente contenuto. ma anche la sicurezza del resto del traffico marittimo è parte fondamentale dello sviluppo economico del paese, quindi dell’occupazione, del benessere dell’intera popolazione.

Per certi versi l’Italia si trova in una posizione, fatti i debiti confronti, simile a quella della Gran Bretagna all’inizio del XX secolo, cioè strategicamente e militarmente parlando assomiglia a un’isola in cui le minacce non arrivano via terra ma via mare. Ne consegue che lo strumento militare di dissuasione deve riposizionarsi in una maggiore considerazione della componente aereonavale e della componente “expeditionary” terrestre, rispetto ai tempi della guerra fredda, dove la preponderanza strategica era la difesa della cosiddetta “Soglia di Gorizia”. Questo non significa una contrazione della spesa delle forze terrestri, anzi, rispetto a quelle aereonavali, ma, in un contesto di maggiori investimenti, a una percentuale di risorse aggiuntive maggiore verso la suddetta componete aeronavale.

Le risorse attuali

Bilancio 2020

Funzione difesa 15.452 mld  (0,88 al PIL 2019)

Di cui

Forze aeree 2.785

Forze navali 2.131

Forze terrestri 5.433

Pianificazione generale e approvvigionamenti 4.360

Nell’ultimo anno, nel silenzio totale, il bilancio è aumentato di 1 mld di euro, aumento dovuto per lo più a pagamenti indifferibili, pena lo scadimento molto accentuato di tutto lo strumento militare.

Un bilancio equilibrato dovrebbe prevedere un 50% di risorse spese per gli stipendi del personale, 25% per il funzionamento dell’apparato, cioè spese d’esercizio (esercitazioni, rifornimenti, manutenzione, ricambi ecc), 25% per gli investimenti (nuovi mezzi). La ripartizione a fine 2018 era di un 73% per il personale, un 16% per l’investimento (che però viene in parte compensato dai fondi MiSE e appena il 10,3 % per l’esercizio. Va da se che con queste percentuali la qualità e l’efficienza dello strumento militare sono fatalmente destinate a scadere rapidamente.

Vale la pena di sottolineare che il bilancio a 15,4 ml di euro è equivalente a valori al bilancio del 2008. Dobbiamo però tener conto che il potere d’acquisto è diverso poiché, seppur bassa una inflazione in 12 anni c’è comunque stata. Tenendo conto dell’inflazione composta dal 2008 del 12,5 la cifra equivalente ai 15,4 mld nel 2008 sarebbe a tutto il 2019 pari a 17,3 mld.

Per arrivare al bilancio ordinario della difesa dobbiamo aggiungere:

Carabinieri 6583

Forestale 469

Altri interventi non connessi all’operatività (es rifornimenti idrici isole minori) 461

Totale Bilancio ordinario 22.965  (1,29 del pil)

A questi vanno aggiunte le spese del MISE di 2944 ml 264 di mutui e 1308 ml  euro per le missioni all’estero.

Il totale delle spese effettive, reali per la difesa arriva a 20054 ml di euro. (350 dei carabinieri effettivamente impiegati per la difesa e non per il controllo del territorio) pari al 1,14 del PIL

Secondo la Nato vanno conteggiate metà delle spese dei Carabinieri cioè 3291 milioni di euro ma non vanno conteggiate quelle per le missioni all’estero. Non si capisce dove stia la Forestale.

In questo modo arriveremmo a 21951 ml di euro cioè al 1,24 del PIL. L’impegno dell’Italia nei confronti della NATO è di arrivare al 2% del PIL entro il 2024. Se il PIL 2020 dovesse cadere dell’ 8% come pronosticato arriveremmo al 1,36  del PIL.

Il bilancio più reale “effettivo” è quello citato di 20,54 mld di euro pari a un PIL 2020 programmato del 1,27 (con calo del PIL del 8%) e del 1,14 a valori 2019.

Quanto spendono per la difesa altre nazioni a noi comparabili?

Tralasciando paesi a noi dissimili per cultura e tradizioni (L’Arabia Saudita ha le spese più alte rispetto al PIL che arrivano quasi al 9%)  Il Brasile ha pressoché le nostre spese per la difesa. Nel 2019 la Francia circa 50 miliardi di dollari pari a circa 44 mld di euro, 1,9% del PIL, la Germania circa 43 pari al 1,3, UK circa il 2,13, la Spagna circa l’1,2%(che però è in posizione geopolitica molto più defilata di noi, non è al centro del Mediterraneo). La Polonia l’1,99. Gli USA arrivano al 3,4 % del PIL e la Russia al 3,9. Naturalmente i confronti non possono essere precisi perché, come abbiamo visto, possono essere presi in considerazione vari parametri. In più bisogna calcolare la parità di potere d’acquisto, cioè il prezzo effettivo di mantenere una difesa (stipendi servizi) e i suoi armamenti rispetto a un altro paese. I 62 miliardi di dollari della Russia, ad esempio, corrisponderebbero ai circa 2,5 volte in più se rapportati a un paese occidentale, quindi poco meno 150 miliardi di dollari, quasi quanto i bilanci francesi inglesi e tedeschi messi assieme. Un Sukkoy 35 viene a costare meno, molto meno di un Eurofighter, e un militare russo, in dollari, guadagna molto meno di un tedesco. All’interno dell’Unione i parametri variano di poco. Quindi, più un paese produce da sé i propri armamenti e sviluppa una propria tecnologia (sofisticata) più genera valore aggiunto, capacità tecnologiche e gestionali, e più genera efficienza negli acquisti a parità di spesa. Anche per questo anche se i bilanci della difesa di Italia e Brasile sono comparabili, la valenza della Difesa italiana è ben superiore, anche qualitativamente.

Es se l’Italia produce una nave del costo di 1 miliardo, parte della somma spesa rientra con le tasse, l’IVA, le tasse pagate dagli stipendi dei lavoratori e degli acquisti che fanno con quegli stipendi, le esportazioni eventuali, per cui la somma effettivamente pagata risulta molto inferiore al miliardo nominale. Naturalmente non bisogna eccedere la effettiva utilità di quella spesa, in maniera che non diventi assistenziale, generando costi di gestione e mantenimento che superano il valore di volano economico della commessa e di vera utilità strategica nelle politiche di difesa. Tale spesa quindi non può essere aumentata all’infinito, pena un effetto contrario. Se in regime di spesa basso ogni incremento produce grandi benefici in termini di ritorno, più alto è il regime di spesa, meno saranno evidenti i benefici, al netto dell’inutilità strategica di uno strumento militare sovradimensionato e di conseguenza percepito come aggressivo con conseguente ulteriore corsa agli armamenti. Qual è il valore di equilibrio per l’Italia sopra il quale i benefici si annullano? Difficile calcolarlo. Comunque ai valori attuali siamo molto al di sotto di questo punto di equilibrio che grossomodo si potrebbe delimitare attorno al 2-2,5% del PIL.

La Difesa nel rilancio industriale ed economico del Paese (specialmente dopo il Covid)

Si ricorda che uno dei primi provvedimenti del presidente USA F.D. Roosevelt per il rilancio dell’economia USA fu il finanziamento del potenziamento della Marina, finanziamento che portò la Marina, pur se con gravi difficoltà, a non soccombere all’iniziale e devastante attacco nipponico e a poter poi passare alla controffensiva.

Le industrie della difesa

Circa il 10% dei ricavi delle industrie della Difesa, cioè poco meno di 2 mld di euro, va in ricerca e sviluppo.

Il moltiplicatore di valore è il più elevato tra quelli dei comparti industriali. A fronte di un investimento di 1 euro, si genera un valore complessivo, a seconda dei settori, che va dai 2,5 ai 3,4 euro. A titolo di raffronto un’infrastruttura viaria genera un valore attorno agli 1,8 euro. Si genera una filiera molto lunga nell’indotto, come in tutti i settori ad altissima tecnologia. Il finanziamento di una nave, non va solo allo scafo in generale, ma anche a tutte le componenti, come sensoristica, radar, sistemi elettronici e meccanici in generale che generano indotto di altissima qualità anche nel civile, oltre che alti livelli di occupazione di livello specialistico e ad alta retribuzione. Per ogni addetto inoltre ci sono altri tre occupati nell’indotto. (filiera molto lunga).

Il settore della difesa ha generato nel 2019 un export di 5,1 miliardi. Le maggiori industrie della difesa (che non agiscono solo nella difesa, vedi Fincantieri) sono partecipate statali, quindi generano introiti che vanno direttamente alle casse dello stato. In più sono tra i pochi asset strategici efficienti che ci restano, dopo la svendita e deterioramento della chimica, delle telecomunicazioni, dell’elettronica di consumo e via discorrendo. L’altissima tecnologia crea prestigio e considerazione, ti fa rimanere nel novero delle potenze che contano, e questo si traduce in vantaggi concreti che indirettamente arrivano nelle tasche degli Italiani. In paesi in cui la maggior parte del PIL è dovuta all’industria di trasformazione, il rimanere in settori di altissima tecnologia comporta il vantaggio di avere produzioni ad altissimo valore aggiunto, essere meno soggetti alla variazione del prezzo delle materie prime, alla concorrenza al ribasso e permette di generare stipendi più elevati e miglior tenore di vita. Vedi Germania e l’industria con produzione di beni premium, vedi il farmaceutico avanzato anche in Italia.

Il settore di cui stiamo parlando, è ad altissima resilienza, per cui rimane meno colpito dalla contrazione dovuta al COVID. Ma ha bisogno di investimenti continui per mantenere la funzione di traino, funzione che però ha un effetto volano molto lungo e si mantiene nel tempo per moltissimi anni. Al contrario altri comparti, pur preziosi, come ad esempio l’edilizia, a basso valore aggiunto e a bassa specializzazione, danno, a fronte di investimenti rapidi altrettanti rapidi riscontri, ma, quando gli investimenti si riducono, anche questi settori quasi contemporaneamente calano, e inoltre creano molto meno valore aggiunto.

Gli investimenti nell’altissima tecnologia quindi sono essenziali per una ripresa duratura dell’Italia.  Naturalmente questi non devono essere soggetti solamente a questo tipo di logiche, ma devono essere compresi entro le reali necessità dello strumento difesa, non sovradimensionarlo. Altrimenti devono essere veicolate verso altri tipi di settori produttivi ad alto valore aggiunto (elettronica industriale, farmaceutica ecc)

La difesa deve provvedere sia alla difesa propriamente detta del territorio nazionale da minacce esterne, sia al fungere da elemento equilibrante e deterrente sulle relazioni internazionali. Deterrenza significa prevenire un’eventuale azione ostile grazie al timore indotto di una reazione punitiva e di rappresaglia che ribalti gli eventuali vantaggi di quella azione. Deve cioè impedire, grazie alle caratteristiche suddette, l’affermarsi di politiche aggressive verso la stessa nazione, verso gli interessi commerciali, lo sfruttamento lecito di fonti energetiche, o verso nazioni alleate o con interessi comuni e, per mezzo della sua deterrenza, far in modo che qualunque politica aggressiva sia, appunto, scoraggiata dal calcolo del prezzo da pagare per poterla attuare in pieno. Deve inoltre supportare la difesa dei legittimi interessi nazionali in accordo ed equilibrio con i legittimi interessi altrui. Se si deve usare lo strumento bellico in azioni di combattimento in una vera guerra “guerreggiata” significa che il primo scopo dello strumento militare è fallito, cioè quello di impedire una guerra. Rimangono quelli secondari, altrettanto importanti, cioè uscirne con il massimo vantaggio, o, almeno, con il minimo danno possibile. Quindi, sintetizzando brutalmente, l’apparato della Difesa è uno strumento di dissuasione, di protezione dei nostri legittimi interessi (riconosciuti anche internazionalmente). In Libia questi presupposti sono ad esempio falliti, sia per la scarsa percezione della volontà dell’Italia nell’usare al bisogno lo strumento militare per proteggere i propri interessi, ma anche gli interessi della popolazione libica, sia per mosse diplomatiche poco accorte, sia per uno strumento militare parzialmente impreparato ad affrontare un’impresa del genere. Naturalmente tale strumento, paradossalmente, deve essere supportato dalla percezione esterna dell’assoluta determinazione ad usarlo in caso di necessità, pena il venir meno dell’utilità primaria. La mancanza di volontà da parte della diplomazia italiana ha di fatto messo la Libia in mano a potenze straniere a noi potenzialmente ostili che hanno tutto l’interesse a minacciare i nostri interessi strategici sul suolo nord africano (ENI, contratti industriali ecc) oltre a provocare parecchie migliaia di morti che potevano essere evitati in questa guerra per procure, senza fine. Si vis pace para bellum purtroppo è un motto ancora tutt’oggi valido. E la situazione internazionale purtroppo lo dimostra in continuazione.

Il programma per la Difesa.

Il programma mira a dotare la difesa di uno strumento equilibrato che ha lo scopo di:

  • Assicurare l’integrità del territorio nazionale da aggressioni esterne.
  • Assicurare lo sviluppo armonico del commercio e delle vie di comunicazione italiane e internazionali, impedendo azioni unilaterali contro queste da parte di potenze o/e  organizzazioni aggressive.
  • Assicurare una consistenza tale da fungere da deterrenza, verso l’Italia stessa o paesi e/o organizzazioni alleate, contro politiche aggressive volte a sovvertire gli accordi e la legalità internazionale.
  • Cooperare, partecipare alla difesa comune o alle iniziative delle alleanze e delle organizzazioni internazionali delle quali l’Italia è membro (NATO, UE, ONU)
  • Assicurare la difesa dei legittimi e riconosciuti interessi italiani, commerciali, geopolitici, economici, di sfruttamento di risorse strategiche, con focus particolare nel cosiddetto Mediterraneo Allargato sempre in una cornice di legalità internazionale.
  • Contribuire a designare l’Italia come potenza equilibratrice, hub garante di stabilità e progresso con particolare focus nel Mediterraneo Allargato.
  • Contribuire a sostenere il mantenimento e lo sviluppo delle strategiche capacità di eccellenza tecnologica italiana.

Le risorse finanziarie.

I programmi devono permettere alla Difesa una programmazione pluriennale, almeno quinquennale, essendo lo sviluppo dei programmi della Difesa lunghi e complessi. Questi devono avere finanziamenti sicuri e certi, programmabili nel tempo e non soggetti a fluttuazioni che  non solo ne inficerebbero  l’attuazione, ma determinerebbero anche uno spreco di risorse a causa di iniziative in parte finanziate, con spese già attuate, ma non portate a termine.

Le risorse allocabili per attuare quanto su scritto vanno considerate come incrementali e vanno divise in 5 anni finanziari.

Anno 1 (2021) stanziamenti aggiuntivi di 1,8 mld totali tra funzione difesa e MiSE. Aumento della Funzione Difesa da 15,4 mld a 16,1 mld. Circa. Istituzione di una legge aereonautica e terrestre sul modello della passata legge navale, con un finanziamento di 5 mld per l’Esercito in 10 anni e di 6 mld per l’aeronautica sempre in 10 anni con una spesa media annuale di 1,1 mld/anno per 10 anni.

Anno 2 stanziamenti totali aggiuntivi di 1,3 mld di euro tra funzione difesa e MISE. Incremento della funzione Difesa a 16,4 mld di Euro. Attuazione, a fondi MiSE, di una legge navale di 5 mld in 10 anni con stanziamenti medi di 500 ml/anno e di una legge “joint” di analogo importo che preveda lo sviluppo tecnologico e industriale di iniziative comuni alle tre forze armate, o comunque di impiego e utilità comuni, come lo sviluppo di ricerca applicata, di satelliti da osservazione, comunicazione, eventuali scelte nazionali sullo sviluppo di aerei MPA antisommergibili, l’istituzione di un think tank di esperti dei vari settori, sul modello americano degli skunk works per lo sviluppo di tecnologie, processi, mezzi, tattiche innovative e non convenzionali.

Anno 3 Stanziamenti totali aggiuntivi 900 mln di euro. Bilancio totale della Funzione Difesa portato a 17,3 mld di euro. Cioè a un potere d’acquisto pari a quello del Bilancio difesa 2008 (15,4 mld + inflazione a valori 2019)

Anno 4 Stanziamenti aggiuntivi 700 ml di Euro. Funzione difesa da 17,3 a 18 miliardi di Euro

Anno 5 Stanziamenti aggiuntivi 300 ml di euro Funzione difesa portata a 18,3 mld di Euro.

Per gli anni successivi deve essere garantito un aggancio della Funzione difesa alla percentuale sul PIL raggiunta all’anno 5. (cioè se il PIL aumenta del 1% anche la funzione F.D. aumenterebbe del 1%).

Incremento totale spese annuali  difesa 5 miliardi di euro (2,9 Funzione difesa 2,1 MISE) da raggiungere appunto in 5 anni.

In tal modo si arriverebbe per la Funzione Difesa a un budget solo marginalmente superiore a quello del 2008, tenendo conto dell’erosione di potere d’acquisto dovuto   dell’inflazione, con però un consistente aumento dei fondi MiSE devoluti al mantenimento dell’eccellenza tecnologica e al finanziamento di programmi che favoriscono lo sviluppo economico e la crescita di PIL e occupazione pregiata, nonché le capacità di esportazione di prodotti ad altissimo valore aggiunto. Non possiamo dimenticare che il recente contratto di 10+10 fregate FREMM alla Us Navy, alla vendita di radar ed elettronica navale, non avrebbe potuto concretizzarsi senza gli investimenti della cosiddetta Legge Navale. In termini percentuali sul PIL arriveremmo secondo tabelle NATO al 1,54 del PIL 2019 Se consideriamo le spese effettive arriveremmo al 1,46. Considerando tutto, ma proprio tutto, compresa l’intera spesa per i carabinieri, le missioni all’estero, gli oneri impropri e qualche briciola del Ministero della Ricerca, arriveremmo al 1,86, quindi comunque al di sotto del 2% al 2024 secondo impegni Nato (infatti non ci serve arrivare a quelle percentuali anche perché, a differenza di Francia e UK non abbiamo per fortuna una componente nucleare da mantenere). Comunque il riferimento rimane quello standard NATO su cui possiamo basare grosso modo  i paragoni con i nostri alleati, cioè l’1,54.

Personale Militare.

La riforme Di Paola prevede il raggiungimento di un modello a 150.000 uomini per il 2024. Attualmente le tre forze armate hanno una consistenza numerica di poco meno di 170.000 uomini.

La legge Di Paola era stata fatta in piena (supposta) emergenza durante il governo Monti e non poteva prevedere il degradarsi della situazione internazionale di questi ultimi anni e il riarmo generalizzato che si è avuto nello stesso bacino mediterraneo.

Un modello più equilibrato è quello che prevede una consistenza di 160.000 uomini (161 per l’esattezza) con un aumento per l’esercito di 5.000 uomini e per la Marina di 3500 uomini). Tale aumento (o minore diminuzione rispetto ai 170.000 attuali) deve però privilegiare la componente operativa. Per cui i congedi dovrebbero proseguire esattamente come programmato dalla legge Di Paola con il contemporaneo arruolamento di un maggior numero di nuove leve a coprire l’esigenza di 160.000 uomini. In tal modo aumenterebbe la consistenza percentuale della componente combat e diminuirebbe l’età media. Contemporaneamente, per quanto riguarda l’esercito, dovrebbero essere razionalizzati e ridotti i comandi territoriali,  pochi uffici, retti da un generale, comandi che una volta, con l’esercito di leva e con consistenze molto più sostanziose avevano un senso, ma ora no.

 

Come attuare queste dinamiche?

MR è per il pieno impiego garantito per legge e quindi la piena occupazione, per cui i militari in uscita non rimarrebbero “sulla strada”. Parte del’incremento di bilancio dei primi 2-3 anni dovrebbe essere usato (in collaborazione con altri ministeri) per i militari che si congedano volontariamente per finanziare:

  • Prepensionamento del personale più anziano, fino a un massimo di 3 anni.
  • Buonuscita di un massimo di 3 anni esente da imposte, senza garanzia di ulteriore impiego.
  • I due provvedimenti possono essere cumulabili per un massimo di 5 annualità.
  • Garanzia per chi non potesse usufruire utilmente dei primi due punti di un reimpiego in altra amministrazione dello stato (previo corso di aggiornamento) A tale scopo va reintrodotta la riserva di posti all’interno degli altri corpi dello Stato (es. Polizia)
  • Facilitazioni alle imprese private dell’assunzione (tempo indeterminato) del personale militare congedato tramite riduzione sostanziale dei contributi e delle tasse sul lavoro inerenti, appunto, il neo-assunto per una durata di 3-5 anni.
  • Al personale congedato volontariamente  andrebbe comunque una buonuscita pari a 6 mesi di stipendio se passa ad altra amministrazione pubblica, un anno se passa al privato.
  • Tali condizioni devono essere riservate esclusivamente al personale non combat (cioè non in grado di partecipare a operazioni di combattimento e/o all’estero) che comunque avrebbe dovuto essere congedato per raggiungere la consistenza numerica del modello a 150.000 uomini.

Riforma dell’arruolamento.

Il modello attuale di arruolamento deve passare dall’attuale periodo 1+4 a un nuovo modello di 3+5

Arruolare un militare per un solo anno è uno spreco di risorse, perché il soldato è pronto operativamente solo dopo molti mesi, ed il periodo di impiego utile è quindi molto limitato nel tempo, pochissimi mesi. Soldati di questo tipo possono essere impiegati solamente per operazione del tipo Strade Sicure o poco più.

Al termine del servizio di tre od otto anni il militare, se non rientra in graduatorie, concorsi, promozioni che gli consentano di proseguire con utlittà la vita militare, deve avere tutte le garanzie, se ha ricoperto il servizio senza disonore, di accedere a una dignitosa vita civile lavorativa. Questo deve essere attuato tramite una percentuale di posti riservati nella pubblica amministrazione (previo corsi di aggiornamento) oppure attraverso la riduzione degli oneri alle aziende private nei confronti del neo-assunto per un periodo dai 2 ai 5 anni, a seconda dell’anzianità di servizio. In più durante il servizio militare il soldato deve poter accedere a corsi di specializzazione all’interno del suo impiego militare, che gli permettano di avere un expertise spendibile nella vita civile (es tecnico informatico, meccanico, operatore di sistemi complessi, autista di automezzi pesanti, tecniche di autodifesa, infermiere ecc)

Abolizione graduale nel quinquennio dell’ausiliaria (oramai istituzione obsoleta) contemporaneo avvio di una riserva di 20.000 uomini con 3 gradi di approntamento 5.000 uomini entro poche settimane dal richiamo, 5.000 uomini entro tre mesi e ulteriori 10.000 entro 6 mesi dal richiamo. Qualora le condizioni geopolitiche dovessero imprevedibilmente mutare e una seria minaccia allo stesso territorio nazionale dovesse innalzarsi considerevolmente di probabilità, dovrebbe essere previsto un ulteriore raddoppio della riserva ed eventualmente il ritorno alla leva.

Addestramento.

Le ore destinate all’addestramento operativo e all’aggiornamento devono aumentare di almeno il 20% per tutte le componenti operative, non solo per quelle destinate alle missioni all’estero.

I mezzi e l’operatività.

Le esigenze urgenti delle tre forze armate.

  • Aumento delle dotazioni dal 30 fino al 80% .

Le forze armate si trovano con una scarsa scorta di munizioni, ricambi e parti di rispetto, a causa del sottofinanziamento costante del mantenimento operatività delle stesse (spese d’esercizio) Le scorte attuali consentirebbero un rifornimento bellico, in campagne di media intensità, di pochissime settimane, se non giorni. Nelle (sciagurate) operazioni in Libia nel 2011 dopo pochi giorni abbiamo dovuto farci prestare munizionamento dagli alleati, poiché le nostre scorte si stavano esaurendo. Le scorte andrebbero fatte soprattutto nelle dotazioni missilistiche anti aeree. C’è il concreto rischio ad esempio che, se parte della nostra flotta fosse impegnata a difendersi da un attacco di saturazione, una volta esauriti i missili non ci sarebbe la possibilità per tutte le navi di ricaricare i pozzi di lancio. Non molto migliore la situazione aerea, sia per i missili AA sia per altri tipi di munizionamento.

  • Acquisizione di sistemi di difesa anti droni per l’esercito e per le basi avanzate dell’aeronautica.

Gli ultimi sviluppi in Libia e in Medio Oriente hanno evidenziato la pericolosità dei droni

  • Accelerazione del programma di acquisizione di due cacciatorpediniere per la difesa antiaerea della flotta. (DDX)

La accelerata obsolescenza dei caccia classe De la Penne riduce la Marina Italiana a solo due caccia per la difesa e il coordinamento della difesa antiaerea della flotta. Questi caccia di nuova generazione oltretutto sono destinati anche alla difesa anti missili balistici del territorio nazionale. Tali minacce nel corso dei prossimi anni potranno divenire sempre più rilevanti anche da parte di entità non statali o parastatali. Abbiamo già avuto un attacco di tal genere da parte della Libia di Gheddafi che tentò di colpire Lampedusa. Abbiamo avuto esempi recenti con l’attacco iraniano alle installazioni americane in Iraq, l’attacco Houti ai pozzi sauditi.

  • Acquisizione di 12 MPA. Cioè pattugliatori marittimi antisommergibile. La Difesa italiana si trova sguarnita in fatto di aerei antisommergibili, essendo già stati radiati i superstiti Atlantic. La potenziale minaccia sottomarina negli ultimi anni ha avuto una crescita quasi esponenziale, aumentando considerevolmente il rischio sulle rotte marittime e commerciali. Un attacco sottomarino a navi o piattaforme petrolifere, senza adeguati strumenti di monitoraggio potrebbe avvenire senza che si possa provare con sufficiente chiarezza chi possa essere stato l’autore, né determinare se l’affondamento sia stato provocato.

Alcuni dei programmi principali da attuare e iniziare nel prossimo quinquennio. (variazioni sui programmi già predisposti dalle forze armate o aggiuntivi)

Questi programmi (10 per forza armata sono solo i principale e più onerosi e non coinvolgono quelli già stanziati)

Esercito.

Ammodernamento di mezza vita dei Carri Ariete aumentato da 125 carri a 160 e sua accelerazione.

Accelerazione del programma Soldato Sicuro (sistema individuale da combattimento) con finanziamento di almeno 50.000 kit entro il 2025.

Aumento della programmazione di acquisto di elicotteri d’attacco AW 249 da 48 a 62. Il nuovo reggimento così creato dovrà avere una particolare predisposizione all’imbarco sulle navi della flotta.

Aumento e accelerazione dell’acquisizione di Blindo Centauro 2 da 136 a 190, in maniera da poter equipaggiare permanentemente con una aliquota la Brigata Anfibia, e conseguente potenziamento della componente esercito della stessa aumentando l’organico del reggimento lagunari Serenissima e i reparti di supporto,  avere una riserva di mezzi  sufficiente, e distribuire e avere un numero maggiore di mezzi nelle brigate medie. E togliere dal rischio cassa integrazione lo stabilimento DVD di Bolzano.

Accelerazione e aumento dell’acquisizione dei blindati trasporto truppe Freccia EVO.(30% in più)

Acquisizione di 4 elicotteri CH47 Long Range cancellati dal precedente governo.

Potenziamento della Brigata Aeromobile Friuli con la creazione di un ulteriore reggimento aviotrasportato e l’acquisizione di un ulteriore lotto di elicotteri atti al supporto del nuovo reggimento.

Potenziamento dell’addestramento e dell’organico delle Brigate attualmente sotto organico.

Acquisizione di un ulteriore lotto di radar antibatteria.

Studio per l’acquisizione di mezzi blindati con cannone antiaereo da 76 millimetri su sviluppo progetto Otomatic su scafo Centauro 2.per la protezione delle truppe anche in funzione antidroni.

Nel lungo termine (oltre il quinquennio preso in considerazione) Sviluppo multinazionale di un carro da battaglia per sostituire l’Ariete in almeno 180 esemplari.

Marina.

Acquisizione di due ulteriori unità di squadra della classe delle fregate per portare il numero complessivo da 10 a 12. Non ci deve essere un incremento di unità navali già approvate dal parlamento in quanto verrebbero attuate le opzioni per 3 ulteriori PPA. 2 di questi verrebbero allestiti in opzione Full con le modifiche necessarie per poter operare con efficacia all’interno della formazione navale.

Aumento dei pattugliatori maggiori da 7 a 8 con esercitando la stessa opzione. Con gli EPC (corvette da pattugliamento già previste in numero di 8) il numero previsto di unità di pattugliamento salirebbe da 15 a 16. Come le unità di “primo rango” (12 fregate e 4 caccia)

Finanziamento di una terza coppia di sottomarini U212 NFS e accelerazione dei finanziamenti della seconda coppia già programmata.  Il totale dei sottomarini verrebbe portato da 8 a 10. La marina ha più volte ribadito un’esigenza di 13-14 sottomarini.

Finanziamento per un’ulteriore LHA classe Trieste con dotazioni semplificate rispetto alla capoclasse e senza la predisposizione per imbarcare gli F35. Questo per risparmiare sui costi.

Acquisizione di un ulteriore lotto di 10 elicotteri NH90 per poter sopperire all’incremento delle navi previsto (fregate e portaelicotteri da assalto anfibio)

Acquisizione di un congruo numero di armi da deep strike (cioè a lungo raggio)

Accelerazione dell’acquisizione del missile AA CAMM-ER

Incremento dell’organico della Brigata Anfibia con la costituzione di un ulteriore battaglione e acquisizione, assieme all’Esercito del veicolo blindato anfibio SuperAV con un incremento rispetto al progetto di programma iniziale che permetta di equipaggiare il nuovo battaglione.

Acquisizione di ulteriori 3 F35 B portando il totale a 18.

Nota: l’F35 è uno strumento  unico nel suo genere ed estremamente innovativo che permette un vantaggio strategico notevole a chi lo detiene. In ambito Mediterraneo Italia e Israele sono gli unici ad averlo. Non è vero che è costoso in senso relativo: un Eurofighter costa molto di più, come non è vero che sia pieno di difetti, o almeno lo è tanto quanto lo sono stati, inizialmente tanti altri progetti innovativi (dal Tornado all’Eurofighter, al mitico Phantom americano, al F111). E’ stato spesso vittima di campagne di stampa provocate da informazioni manipolate sia da potenze straniere (vedi Russia che lo vede come un pugno in un occhio, viste le caratteristiche stealth e multi missione (è contemporaneamente caccia, caccia bombardiere, aereo da sorveglianza elettronica, aereo radar sigint, elint, coordina istantaneamente altri asset) sia da concorrenti industriali che premevano per acquisizioni di altri mezzi (sia USA che specialmente Europei) Vedi blog MR Dipartimento geopolitica e difesa per approfondimenti. https://blog.movimentoroosevelt.com/blog/blog-dipartimenti/geopolitica-e-difesa/2206-f35-tutti-d-accordo-ora-ma-il-progetto-rischiava-di-abortire-con-gravi-ripercussioni-anche-economiche-nonche-strategiche.html

Acquisizione di 2 unità anfibie LXD da circa 15-20.000 tonnellate in sostituzione di 2 delle tre unità classe Santi, e due unità anfibie aggiuntive, expeditionary più piccole da 8-10000 tonnellate in funzione antibolla e eventualmente di accompagnamento  alle LPD suddette.

Programmi oltre l’arco temporale del quinquennio e quindi non finanziati in questo arco di tempo (2025-2030): sostituzione degli elicotteri pesanti AW101 con un egual numero convertiplani Se però la linea degli Osprey statunitense non dovesse essere precocemente chiusa come programmato acquisizione anticipata di un numero di 8-12 esemplari.

Ulteriori ordini per una terza LXD e un terza NUE

Inizio progettazione per due nuove portaerei leggere dalle capacità di 25 aereomobili di cui 12-16 F35 (a seconda delle missioni)  La prima dovrebbe affiancare il Cavour, la seconda sostituirlo.

Due nuovi sottomarini in modo da portare il totale a 12.

Aereonautica

Acquisizione di 9 ulteriori F35 di cui 8 A e 1 B. Gli F35B, a decollo verticale, devono essere messi in comune con quelli della Marina in un’unica base e con rotazione del comando tra le due forze armate. Gli impieghi devono essere complementari, se quelli della Marina hanno compito primario quello della protezione della Flotta, quelli dell’Aeronautica hanno come ruolo primario quello dell’interdizione e dell’attacco, ma in caso di necessità i ruoli possono essere anche invertiti. Un F35 B dell’aeronautica deve poter operare indifferentemente da terra o da una portaerei, viceversa uno della Marina  in caso di necessità potrebbe ad esempio operare da qualche isola minore come Pantelleria (sotto comando AMI). Questo permetterebbe di ridurre i costi di gestione. In caso di diatriba tra le due FFAA a dirimere sarebbe direttamente il Ministro della Difesa o, se dell’Esercito (quindi neutrale) il CSM Difesa. In tal modo il numero totale degli F35 sarebbe portato da 90 a 102. Questo permetterebbe di avere un numero appena sufficiente di B e un numero di A che permetterebbe una maggiore riserva in caso di usura e attrito superiore al previsto o perdite per incidenti o rotture importanti.

La sciagurata decisione della riforma Di Paola di portare gli F35 sotto quota 100 ha portato, come documentato dalla stessa Corte dei Conti una perdita notevole di denaro e anche erariale. Automaticamente questo a comportato alla FACO di Cameri una contrazione di ordini di 440 ali, quindi mancati guadagni miliardari. Quindi quegli aerei in più non solo sarebbero venuti gratis, ma pure abbiamo avuto una perdita netta, invece di guadagnare. Naturalmente prima di firmare l’ordine per gli ulteriori 12 F35 dovremmo rinegoziare maggiori quote di produzione, per arrivare almeno a una reintroduzione del’80% degli ordini persi. In questa maniera il costo maggiore degli aerei verrebbe riassorbito dalle maggiori quote di produzione.

Sostituzione di 20 Eurofighter Tranche 1 con 23 nuovi Eurofighter Tranche 3/4. I Tr 1 per motivi strutturali non possono essere portati agli standard successivi, quindi ad esempio non possono essere equipaggiati con i nuovi radar a scansione elettronica di Leonardo. Rimarrebbero così solamente 7 Tr1 biposto per la conversione operativa. E importante ricordare che Leonardo oramai detiene il 36% delle quote del programma Eurofighter, quindi oltre un terzo del valore di una aereo rientra in Italia senza contare le quote di altre importanti aziende del settore come Avio ed Elettronica.

Il numero complessivo di Typhoon salirebbe dagli attuali 95 a 98.

Aggiornamento dei Tr 2 e 3 con radar Aesa e con suite elettroniche allo stesso livello del programma di aggiornamento inglese Centurion, ovviamente privilegiando le soluzioni dell’industria nazionale.

Inizio finanziamento del programma Tempest (nuovo aereo che sostituirà il Typhoon in una quota importante che ci permetta, dopo UK di divenire il partner di riferimento.

Costituzione di un gruppo di volo per il CAS (Close air support) che permette l’appoggio aereo ravvicinato alle truppe impiegate in operazioni. 18-24 velivoli. Permetterebbe di sgravare la prima linea di aerei da combattimento in missioni con contrasto di bassa medio-bassa intensità, così da non incrementare l’usura di aerei molto più costosi e preziosi e diminuire il costo delle missioni. Andare a caccia di guerriglieri e terroristi in ciabatte armati di kalashnikov con F35 è come andare a caccia di formiche con un bazooka.  Tali velivoli potrebbero provenire dal prolungamento della vita operativa di un certo numero di AMX o di Tornado come gap filler in attesa di acquisizione di un pari numero di UCAV, droni da combattimento che hanno il vantaggio di poter persistere per lungo tempo a ridosso del teatro di operazioni e intervenire rapidamente. In alternativa l’acquisizione di una ventina di Macchi 346 FA che possono essere usati sia come aerei CAS sia nel ruolo di addestratore avanzato.

Aggiornamento della linea di volo da trasporto di C130 e C27. Acquisizione di ulteriori 5 C27 sia in versione MC cannoniera volante che in versione EC da guerra elettronica. Acquisizione di due ulteriori tanker per il rifornimento in volo.

Raddoppio degli aerei CAEW e Comint e Sigint, (aerei radar, da sorveglianza elettronica e delle comunicazioni) portandoli da 4 in totale a 8.

Acquisizione di missili stand off di nuova generazione.

Programmi post quinquennio: inizio integrazione e poi  sostituzione aerei da trasporto C130. Definizione del programma Tempest e del numero di velivoli da ordinare (non meno di 90)

Programmi Joint e di ricerca tecnologica.

I programmi da finanziare con lo stanziamento Joint sono stati già parzialmente descritti, come lo sviluppo accelerato del CAMM ER del blindato anfibio SuperAV di un ulteriore lotto di aerei CAEW degli aerei antisommergibili MPA(se si optasse per una soluzione nazionale basata sulla cellula del C27). Ulteriori programmi vanno dal potenziamento dei satelliti di osservazione e comunicazione, alla ricerca su nuovi radar quantistici, a metamateriali per costruzioni aereonautiche, di protezione balistica ecc su armi a energia diretta (laser) o cannoni ad energia elettromagnetica, allo sviluppo di droni sia aerei che sottomarini per il controllo delle pipe line sottomarine allo sviluppo di missili ipersonici e da deep strike/stand of

. Tutte tecnologie che ci permettono di non rimanere indietro rispetto ai principali players mondiali e mantenere o anche aumentare un ruolo non secondario negli equilibri geopolitici.

Tale programma ha il doppio vantaggio, come già scritto, di mantenere ed aumentare il ruolo strategico dell’Italia, la sua deterrenza in funzione equilibratrice e contemporaneamente di contribuire alla ripresa economica del paese, minacciata e piegata dalle recenti vicende internazionali (Covid e non solo)