Avevo iniziato questo percorso finalizzato alla comprensione dei meccanismi monetari ed economici attraverso la pubblicazione di “Contributo finalizzato alla comprensione dei meccanismi monetari e dell'economia in Italia e nel mondo” ed ho continuato il percorso con il pezzo intitolato “Contributo finalizzato alla comprensione della giusta applicazione dell'economia in favore della piena occupazione”.

Cerchiamo ora di concentrarci su come è realmente possibile applicare la piena occupazione partendo dalla domanda che ci siamo posti precedentemente :
“Okay, ma quanto e fino a quando può spendere uno Stato?” e dalle citazioni/risposte a questa fondamentale domanda fornite dall’economista e monetarista Randall Wray.

Randall Wray, persona ritenuta tra i più importanti ed accreditati economisti e monetaristi del mondo, afferma:

«Se capiamo come funzionano i sistemi monetari, se comprendiamo che il denaro è solo impulsi elettronici o carta straccia inventata dal Tesoro e dalla BC, allora possiamo dire che il Governo a moneta sovrana può inventarsi tutti gli impulsi elettronici che vuole, con essi può pagare tutti gli stipendi che vuole, comprare tutto ciò che vuole. Possiamo avere la piena occupazione, il business può vendergli tutto ciò che deve vendere se il Governo vuole comprarglielo. Può il Governo permettersi queste spese? Certo, perché il Governo non esaurirà mai gli impulsi elettronici, dunque non farà mai bancarotta; preme un bottone e gli stipendi appaiono sui computer delle banche. L’unico limite è l’inflazione, ma se il Governo spende per aumentare la produttività nel settore privato, allora l’inflazione non è più un problema».

Dopo aver letto questa dichiarazione, tutti si chiederanno per quale motivo, se è così semplice raggiungere l’obiettivo della piena occupazione, esso non sia mai stato perseguito.

Ecco la risposta, sempre per conto di Randall Wray:

«Non è successo perché innanzi tutto ci sono un sacco di politici ed economisti che non capiscono nulla dei sistemi monetari, cioè non sanno capire che il denaro è solo impulsi elettronici e carta straccia. Poi ci sono molti individui nelle posizioni chiave del potere che sono opposti ideologicamente a questa idea, cioè vogliono la disoccupazione, gli piace, gli dà schiere di lavoratori a stipendi sempre più ridotti e possono competere sui mercati esteri sempre meglio. Ma soprattutto questo, si faccia attenzione, se i cittadini, che formano gli Stati ed eleggono i Governi, si rendessero conto che i Governi possono spendere quanto vogliono senza limiti di debito, allora il settore pubblico acquisirebbe una percentuale della ricchezza nazionale troppo grossa».

Avevamo anche risposto al fatto che qualcuno avrebbe potuto chiedersi se l'eccessiva spesa dello Stato (più lo Stato spende, più la popolazione si arricchisce) avrebbe potuto provocare il “rischio” inflazione (troppi soldi a fronte di pochi prodotti), spiegando che l’inflazione viene contenuta o bloccata in tre modi:

Uno: lo Stato spende di meno nel comparto pubblico.

Due: lo Stato spende di più per aumentare la produttività nel settore privato (l'inflazione non è mai

un problema finché la produzione non si riduce in maniera troppo corposa, perché è ovvio che solo l'eccesso di denaro con la scarsità di prodotti e servizi in circolazione causa inflazione).

Tre: lo Stato introduce una tassa temporanea, in modo da togliere di mezzo gli eventuali soldi in eccesso e la situazione è risolta.

Inoltre, aggiungo anche che l’inflazione (troppi soldi a fronte di troppi pochi prodotti) in realtà è un falso problema. Negli anni Ottanta, gli anni in cui l'Italia navigava nell'oro, quando eravamo il quarto Paese più ricco del mondo, il tasso d'inflazione si aggirava mediamente attorno al 15% e raggiungeva picchi di oltre il 21%. Le famiglie spendevano ed il risparmio medio delle famiglie durante il periodo d'inflazione più alta superava il 25%: eravamo il primo Paese al mondo per risparmio privato e le famiglie avevano ampia libertà di spesa. Oggi l'inflazione si aggira attorno allo 0%, le famiglie devono risparmiare su tutto, hanno scarsa libertà economica, abbiamo raggiunto e superato i livelli di consumo da fame del periodo della “grande depressione” e nonostante ciò la media attuale di risparmio privato è del 4% circa e tutto va male. Insomma, lo spettro dell'inflazione è una grande truffa così come lo è stata e lo è purtroppo ancora oggi quella del debito.

Ritornando invece alla questione del debito pubblico (che altro non è se non l’indicatore che misura la ricchezza finanziaria del cittadini) invito tutti voi alla massima attenzione su questa precisa e personale proposta di modifica del termine “debito pubblico” in “ricchezza pubblica” o molto più semplicemente in “ricchezza dei cittadini”. Detto questo, immaginate che da domani tutti i vari TG, le varie rubriche di approfondimento, giornali, internet e quant’altro annunciassero che la “ricchezza dei cittadini” (quindi non più il “debito pubblico”, parola che spaventa la gente) è aumentata nell’ultimo anno di 100 miliardi di Euro. Ecco, provate ad immaginare questo...

Chiusa questa parentesi che ho creduto comunque indispensabile, riprendiamo spiegando come è oggettivamente possibile applicare la piena occupazione: sempre tenendo bene in mente che tutto quello che dirò è solo ed esclusivamente applicabile in un Paese sovrano che possiede moneta sovrana ed aggiungo anche una banca pubblica al 100% direttamente controllata dal potere politico (questa precisazione ho deciso di aggiungerla a beneficio di qualche “fesso italiota” che potrebbe obiettare/agitarsi: lo sport preferito da tanti ignobili e “fessi compatrioti” che nella loro vita devono tutto esclusivamente alle conoscenze ed alla moneta accumulata dai genitori di cui loro hanno beneficiato e beneficiano).

Partiamo dicendo che il futuro “Nuovo Stato” italiano sovrano con moneta sovrana e banca al 100% pubblica e direttamente sotto il controllo politico deve impegnarsi nell’immediato ad inserire in Costituzione il principio della “piena occupazione” (oltre ad applicarsi da subito ed in maniera incessante, fino al raggiungimento pratico dell'obiettivo) e ad abrogare nell’immediato il “pareggio di bilancio”: questo perché, come giustamente afferma l'economista e Consigliere di Presidenza del Movimento Roosevelt, Nino Galloni: «Se c’è crisi, se c’è disoccupazione, puntare al pareggio di bilancio è un crimine» (per questa motivazione esso va abrogato nell'immediato).

Detto questo, lo Stato italiano si appresterebbe ad assumere immediatamente (senza se e senza ma) tutte le persone che attualmente collaborano precariamente per conto dello Stato in ogni settore della pubblica amministrazione ed istituirebbe bandi di concorso in ogni settore per il numero che ritiene giusto, per far si che ogni comparto possa operare a pieno organico e nella maniera più efficiente e rapida possibile.

Prima di fare un ragionamento anche per quanto riguarda il comparto privato, cito Giorgio Squinzi, l'attuale Presidente di Confindustria italiana, che agli Stati Generali del Nord organizzati dalla Lega al Lingotto di Torino, nel settembre 2012, ha affermato:

«Stiamo morendo di fisco. Gli imprenditori sono disposti a rinunciare a tutti gli incentivi in cambio di una riduzione della pressione fiscale a carico di imprese e famiglie».

L’eventuale futuro “Nuovo Stato” italiano, quindi, attraverso il giusto bilanciamento che deve sempre esserci tra pubblico e privato finalizzato ad evitare ogni tipologia di squilibrio, si appresterebbe ad attuare un piano per la piena occupazione. I piani ed i moodi per poter attuare la piena occupazione possono essere differenti. Senza andare molto oltre con il ragionamento (cosa che magari farò in una eventuale prossima pubblicazione a riguardo), semplicemente prendendo per buono quanto affermato dal Presidente Giorgio Squinzi il 12 settembre 2012 al Lingotto di Torino e considerando quanto scritto in un passaggio del punto numero 6 dello “Statuto Roosevelt” a proposito delle due aliquote (una del 20% per coloro che abbiano un reddito annuale sino a 100.000 euro; una del 23% per coloro che superino tale soglia), affermo quanto segue: con l'applicazione della proposta di cui sopra di Giorgio Squinzi le industrie rinuncerebbero a tutti gli incentivi in cambio della riduzione della pressione fiscale e pagherebbero una sola tassa (come affermato, eventualmente provvederò in una prossima pubblicazione ad ulteriori aggiunte/dettagli anche su quanto appena detto).

Fatto questo, bisogna regolamentare e tassare con aliquote alte, tutti coloro che investono nei beni di lusso che creano principalmente benessere personale e non collettivo. Questo perché, una volta che sarà sottratto ai ricchi il settore finanziario speculativo, restano due opzioni per investire/spendere: beni generici o attività produttive con creazione di posti di lavoro. Tassando le spese/comportamenti principalmente utili a se stessi, si incoraggia la persona benestante a spendere ed investire di più nei cosiddetti beni quotidiani, in modo da far girare meglio l'economia reale. Questo inciderebbe positivamente sulla costruzione di nuovi posti di lavoro.

A questo punto è giusto aprire un ultima parentesi per cercare di far comprendere cosa rappresentano le tasse in un Paese sovrano (concetto spiegato in maniera impeccabile dalla Mosler Economic e/o Modern Money Theory portata in Italia dal giornalista Paolo Barnard grazie al suo lavoro che ho sempre senza mezzi termini definito “ai limiti dell’umano”) anticipando che, a differenza di tutto quello che ci hanno sempre raccontano negli anni e che ancora ci raccontano, le tasse, all'interno di un “contesto sovrano”, servono a ben poco.

Le tasse, all’interno di un “contesto sovrano”, vengono utilizzate per quattro scopi.

1. Tenere a freno la ricchezza dei privati.

2. Limitare l’eventuale inflazione.

3. Scoraggiare o incoraggiare comportamenti – si tassa l’alcool, il fumo o l’inquinamento e - ad esempio – si detassano le beneficenze, le ristrutturazioni, ecc.

4. Imporre ai cittadini l’uso della moneta sovrana dello Stato dove si vive.

Per comprendere ancora meglio quanto fin qui affermato, propongo in chiusura una citazione del politico, storico, giornalista e Premio Nobel per la Letteratura, Winston Churchill:

«Una Nazione che si tassa nella speranza di diventare prospera è come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi tirando il manico».


Vincenzo Bellisario

(Articolo del 17 ottobre 2015)

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